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MAESTRO E MARGHERITA (IL) - regia Andrea Baracco

Alessandro Pezzali e Michele Riondino in “Il Maestro e Margherita”, regia Andrea Baracco. Foto Guido Mencari Alessandro Pezzali e Michele Riondino in “Il Maestro e Margherita”, regia Andrea Baracco. Foto Guido Mencari

di Michail Bulgakov
Riscrittura di Letizia Russo
Regia di Andrea Baracco
Interpreti: Michele Riondino, Francesco Bonomo, Federica Rosellini, Giordano Agrusta, Carolina Balucani, Caterina Fiocchetti, Michele Nani, Alessandro Pezzali, Francesco Bolo Rossini, Diego Sepe, Oskar Winiarski
Scene e Costumi di Marta Crisolini Malatesta
Luci di Simone De Angelis
Musiche originali di Giacomo Vezzani
Aiuto regia Maria di Teresa Berardelli
Produzione: Teatro Stabile dell'Umbria con il contributo speciale della Brunello Cucinelli Spa in occasione dei 40 anni di attività dell'impresa
al Teatro Verga di Catania dal 27 novembre al 2 dicembre 2018

www.Sipario.it, 30 novembre 2018

La scena di Marta Crisolini Malatesta per Il Maestro e Margherita di Michail Bulgakov nella rinnovata riscrittura di Letizia Russo e nell'accurata regia di Andrea Baracco dai toni grotteschi al Teatro Vega di Catania, è tutta nera. Per tre ore con intervallo i dieci protagonisti, sei dei quali interpretano due e tre ruoli, addirittura, annota lo stesso Baracco, nel romanzo di Bulgakov possono contarsi circa 146 personaggi, si muovono in uno stanzone, quasi un asilo per adulti, con quinte e fondali che sembrano delle lavagne imbrattate da disegni e frasi ad effetto, e dove camuffate con le nere pareti possono rinvenirsi otto porticine, quattro su ogni quinta, e tre centrali di cui una più grande a scorrere, sede dell'appartamento N.50 dove soggiorna la demoniaca combriccola capitanata da Woland: come dire Satana, quello che mefistofelicamente, agghindato con abiti di velluto nero (costumi della stessa Crisolini Malatesta), veste un funambolico Michele Riondino, attorniato dal valletto Korov'ev (Alessandro Pezzali), il gatto Behemot (Giordano Agrusta) e la strega Hella (Carolina Balucani) giunti nella Mosca degli anni Trenta per seminare il loro potere e divertirsi con i comuni mortali come la donna che fuma di Caterina Fiocchetti o Marco l'ammazzatopi di Michele Nani. Sin dal suo primo apparire Woland/Riondino cui gli mancano solo i lunghi canini per sembrare un collega di Dracula, esercita i suoi poteri vaticinando che all'intellettuale Berlioz (Francesco Bolo Rossini) che discuteva col poeta Ivan (Oskar Winiarski), gli verrà da lì a poco tagliata la testa senza specificare come ciò accadrà. Quando realmente il fatto si avvererà, colpevole un tram che gli mozzerà il capo, il poeta verrà ricoverato in un ospedale psichiatrico diretto dal dottor Stravinskij (Diego Sepe). Qui conosce un anonimo Maestro (Francesco Bonomo), emarginato dalla cultura ufficiale a causa d'un suo temerario romanzo su Ponzio Pilato (lo stesso Bonomo) e anche lui rinchiuso in questo luogo di cura perdendo così la sua amata Margherita (Federica Rosellini). A questa prima parte per così dire di vita sovietica di quegli anni, ci s'imbatte nella seconda tranche narrativa, quella in cui Woland con i suoi aiutanti cercheranno di celebrare a Mosca il sabba infernale. La terza parte invece, con l'incedere del racconto nel racconto, del sogno e del manoscritto ritrovato, s'inserisce la drammatica vicenda di Jeshua o Gesù di Nazareth (lo stesso Winiarski) da quando viene arrestato col confronto con Pilato, fino alla terribile crocifissione e l'uccisione di Giuda delatore. Riondino sembra molto a suo agio nel ruolo di Satana, divertendosi quasi quando lo si scambia per un professore di magia nera o un guitto di varietà, in grado di compiere sortilegi e scompigliando qualsiasi gioco e mente razionale, facendo accettare a Margherita di diventare regina del sabba in cambio del ricongiungimento col suo amato Maestro, cui verrà restituito il suo esplosivo manoscritto. Si apprezza come una corda mossa ai due lati crei l'idea d'un fiume o come tre semplici fari, due sopra uno sotto possano dare l'idea d'un tram, così pure le musiche originali di Giacomo Vezzani, ricche di percussioni ben calibrate con echi di Musorgskij. Nel finale dello spettacolo i tre livelli del racconto si ricompongono: Woland, come promesso, riunisce Margherita al Maestro, poi su richiesta di Jeshua, dona loro la pace, ovvero li avvelena affinché insieme riposino in eterno, mentre Pilato riprende un colloquio rimasto interrotto da duemila anni. Mi piace in conclusione riportare sull'opera di Bulgakov un'osservazione del critico Veniamin Kaverin: «Leggendo questo romanzo, ti viene da pensare che lo slancio degli anni Venti, determinato dalla presenza di uomini come Ejzenstein nel Cinema, Mejerchol'd nel Teatro, Šostakovicnella Musica, Majakovskij e Pasternak in Poesia, venga continuato da libri come Il Maestro e Margherita».

Gigi Giacobbe

Ultima modifica il Mercoledì, 12 Dicembre 2018 13:21

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