di William Shakespeare
traduzione Vittorio Gassman
con Jurij Ferrini, Matteo Alì, Massimo Boncompagni, Roberta Calia, Andrea Cappadona, Pablo Gaston Franchini, Francesca Muoio, Woody Neri, Wilma Sciutto, Angelo Tronca
elementi di scena Giuliano Ferrini e Roberto Minetti, collaborazione tecnica e scenografica Roberto Tarasco e Ruben Esposito
regia Jurij Ferrini
coproduzione Fondazione Teatro Regionale Alessandrino – Progetto U.R.T.
debutto nazionale “ValenzAlchemica” 16 ottobre 2008
E’ sulla parola, sul dialogo e sugli attori che si fonda il teatro di Jurij Ferrini, regista ed attore che conferma il suo talento in questa edizione scarna del Macbeth, veloce (meno di due ore la durata complessiva, in due tempi) ed essenziale, giovane, per l’anagrafe dei protagonisti, e povera, rispetto a scene e costumi. Il contesto è plumbeo, sono grigi gli abiti maschili (una sorta di abbigliamento militare) e neri quelli femminili (magliette e pantaloni). Quasi costante la permanenza in scena dell’intero cast; al termine dei quadri gli interpreti si accomodano su praticabili di legno oblunghi o quadrati che assumono varie funzioni. Al centro una piccola pedana rotonda e digradante. E’ il trono ed il letto di morte di re Duncan. Le spade sono foulard rossi. Evocazione ed immaginazione attiva sono i perni su cui si radica il coinvolgimento degli spettatori. Da sottolineare, la scelta antinaturalistica di far rialzare da soli i morti, mentre i personaggi astanti osservano basiti il vuoto. Visioni d’effetto, come il fermo-immagine a suggellare alcune situazioni. Macbeth muore flagellato. Terminate le parole, resta un tocco pittorico che rammenta una deposizione: la rediviva lady abbraccia teneramente il corpo del suo re, sollevandone, verso la luce, busto e capo. Il resto è buio.
Maura Sesia