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NOTTE DELLE LUCCIOLE (LA) - regia Roberto Andò

La notte delle lucciole La notte delle lucciole Regia Roberto Andò

di Roberto Andò e Marco Baliani
da Leonardo Sciascia e Pier Paolo Pasolini
drammaturgia e regia: Roberto Andò
con Marco Baliani e Coco Leonardi
Milano, Teatro Parenti, dal 2 al 10 febbraio 2008
Roma, Teatro India, fino al 6 aprile 2008

Giornale di Sicilia, 1 marzo 2009
Il Messaggero, 5 aprile 2008
Corriere della Sera, 10 febbraio 2008

MESSINA (gi.gi.).- Pasolini e Sciascia forse non si sono mai incontrati in vita, ma intellettualmente l’uno era l’eco dell’altro e viceversa. Uniti in quella lotta civile nei confronti del Potere, del Palazzo, dei Segreti Occulti, verso tutto ciò che nel nostro Paese non aveva un nome chiaro, una verità netta, una cristallina limpidezza. L’articolo delle lucciole di Pasolini pubblicato sul Corriere della Sera il 1° gennaio 1975 (molti di questi scritti, come è noto, formeranno gli Scritti corsari editi da Garzanti) daranno lo spunto a Sciascia d’iniziare il suo L’affaire Moro proprio con quell’assenza di lucciole,di cannileddi di picuraru (candeline di pecoraio) – una metafora per dire che ogni sistema corruttivo diffonde tenebre e povertà - e che riporta in epigrafe una scritta di Elias Canetti, tratta dal suo La provincia dell’uomo, che suona così : “La frase più mostruosa di tutte: qualcuno è morto “al momento giusto”, che dà lo spunto a Marco Baliani d’iniziare La notte delle lucciole. Uno spettacolo scritto a quattro mani oltre che da Baliani anche da Roberto Andò che firma un’asciutta drammaturgia e regia e che si consiglia la visione a tutte le giovani generazioni. Per ricordare e per far tesoro nel prosieguo della loro (della nostra) vita che per far risplendere le lucciole, che pare siano scomparse non solo dalle campagne ma dalla testa di tanti di noi, bisogna studiare, cercare di capire chi ci sta intorno, rimboccarsi le maniche e cercare di prendere parte alla rinascita di una nuova società più giusta, più colta e più libera. E non è un caso che Andò ambienta lo spettacolo in un’aula scolastica con una cinquina di allievi che accatastano mattoni di zolfo sul proscenio e un bidello fra loro, somigliante a Pirandello quello di Coco Leonardi, che s’aggira freneticamente in sala e fra quei lignei banchi anni ’50 d’una qualsiasi Classe morta di Kantor. Un’aula che allude chiaramente al nostro parlamento dove i partiti sono i veri gruppi di potere e legiferano a proprio piacimento. Baliani-Sciascia è un superbo narratore, in grado di dare i brividi al pari d’un Marco Paolini o d’un Ascanio Celestini, con le parole che sgorgano comepietre di Regalpetra e che non manca di  confessare d’essere stato nei confronti di Pasolini “alquanto razzista della sua omosessualità” e di ricordare che la sua tragica morte in quell’infame spiazzo sabbioso di Ostia è stata “una tragica testimonianza di verità”. Applausi calorosi alla Sala Laudamo dove lo spettacolo, da non perdere, replicherà sino a domenica pomeriggio.

Gigi Giacobbe

Brillano le "Lucciole"
di Baliani e Andò

Teatro, notte e lucciole bastano a predisporre il cuore alla commozione estetica, a quel grumo ambiguamente dolceamaro che chiamiamo tenerezza. Se aggiungiamo al tutto due scrittori Leonardo Sciascia e Pier Paolo Pasolini , nonché la coppia Roberto Ando (drammaturgo-regista) e Marco Baliani (interprete-affabulatore), ebbene, all'empatia non c'è scampo. Accade all'India, secondo spazio del Teatro di Roma, dove si replica, ancora oggi e domani, un evento che Andò e Baliani hanno chiamato La notte delle lucciole. Si tratta di una "chiamata" alla complicità emotiva che obbliga gli spettatori a discutere in silenzio sui piccoli-grandi temi dell'Uomo. La Parola pasoliniana e quella del siciliano di Recalmuto si liquefanno all'unisono, avvolgono i sensi e le anime, più o meno consapevoli, più o meno consenzienti. Obbligano chi assiste e ascolta, a una sorta di confessione-testimonianza.
Marco Baliani dice. Frasi impervie, voce piana. O viceversa. Verità, volontà, forza, disarmante evidenza. Pasolini e Sciascia dialogano a distanza, dalle latitudini probabilmente opposte di uno stesso luogo dove, dopo la vita, hanno scelto di abitare. Siamo in una scuola (si sa quanto caro fosse, a entrambi gli scrittori, il problema dell'educazione) che cita il tempo in cui Sciascia, a Racalmuto, fu maestro elementare. Ma in quest'aula di scena l'orizzonte è mobile, segue una sua partitura priva d'ansia, eppure densissima, per costruire ambienti fra loro lontani, oppositivi per colore e temperatura, ritagliati in Sicilia e in molti altri Altrove. E vera "musica", e vi partecipano un Vecchio e un gruppo di sei bambini, ora colleghi ora antagonisti nel gioco evocato. Baliani parla per Sciascia, è Sciascia per reificare, coinvolgendolo, il "fratello" Pasolini. Passano in linea sghemba (attraverso citazioni o subitanee atmosfere), anche Pirandello, Canetti, forse lo spirito di Buttitta, Angelica e Orlando, i limoni del giardino di Salim, le urì dipinte sul cielo della Cappella Palatina. E quante lucciole, davvero, a illuminare la notte.

Rita Sala

Pasolini e Sciascia, l' etica delle idee

Leonardo Sciascia e Pier Paolo Pasolini uniti da una sorta di «parallelismo alla rovescia» in una fraternità senza confidenza e schermata da insofferenze. Disse Sciascia nel 1981: «Ho voluto molto bene a Pasolini. Dicevamo quasi le stesse cose, ma io sommessamente. Da quando non c' è lui mi accorgo di parlare più forte». Così inizia La notte delle lucciole di Robertò Andò e Marco Baliani, che unisce Pasolini e Sciascia in un dialogo immaginario sul Potere, sul Palazzo e chi lo abita con i loro intrighi, la loro miopia che ha «ucciso le lucciole», ha ucciso una società non sapendone costruire un' altra, ha inquinato, omologato, cementificato e non solo l' ambiente anche le anime. Sul palcoscenico vecchi banchi di scuola, quella scuola elementare in cui insegnò Sciascia a Racalmuto, e un mucchio di zolfo sul fondo. Sei bambini, Coco Leonardi, presenza discreta, inquietante memoria di un mondo di povertà, e l' ottimo Marco Baliani, lucido e pacato evocatore di Sciascia, danno vita a uno spettacolo emozionante in bilico tra pietà e sdegno. Pietà per quella gioventù sottoproletaria che una perdita di valori non risarcita ha reso o infelici o criminali o estremisti o conformisti, per quei bambini figli di contadini e zolfatari privati del futuro e che non hanno mai avuto un infanzia. Emerge la forza delle metafore pasoliniane e lo Sciascia «scrittore di cose» che volgeva il suo sguardo prima di tutto alla realtà e cercava di interrogarne le pieghe nascoste, i meccanismi segreti. Ma quello che più è vivo è la forza etica di un pensiero intellettuale che vuole, deve capire e parlare. Il bisogno che le lucciole, questa volta della ragione, dell' etica, dell' elaborazione critica, dell' indignazione, del non conformismo tornino a brillare. Roberto Andò, con una regia semplice e raffinata, propone uno spettacolo che invita a meditare sui tempi che stiamo vivendo.

Magda Poli

Ultima modifica il Domenica, 06 Ottobre 2013 12:22

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