di Eduardo De Filippo
Regia Antonio Latella
con Francesco Manetti, Monica Piseddu, Lino Musella, Valentina Vacca, Michelangelo Dalisi, Francesco Villano, Giuseppe Lanino, Leandro Amato, Maurizio Rippa, Alessandra Borgia, Annibale Pavone, Emilio Vacca
Roma, Teatro Argentina, dal 3 dicembre 2014 al 1 gennaio 2015
Un Requiem epico da ascoltare in silenzio
Rientra nel progetto "Roma per Eduardo", realizzato dal Teatro di Roma per celebrare il trentennale della scomparsa di De Filippo, il debutto in prima nazionale di Natale in casa Cupiello al Teatro Argentina. Antonio Latella si scontra per la prima volta con questo straordinario testo, pensato come atto unico nel 1931, poi corredato di un primo atto, per diventare nel 1934 la commedia in tre atti così come la conosciamo.
Latella, coadiuvato nella drammaturgia di questo progetto da Linda Dalisi, la divide in tre tappe di una metaforica via crucis. Tre stazioni nettamente distinte, ma vivisezionate dallo stesso sguardo impietoso che sgretola il conformismo natalizio delle abitudini. Un spettacolo davvero importante e innovativo - scene di Simone Mannino e Simona D'Amico e costumi di Fabio Sonnino - ma contemporaneamente rispettoso della grandiosità di questo testo, che Eduardo stesso definì di "amarezza dolorosa". Denudare l'originale testo di ogni dettaglio realistico, si è rivelato un percorso vincente permettendo a Latella di evitare i condizionamenti delle messinscene eduardiane e realizzare qualcosa che resta.
Nella prima scena, gli attori, in fila in proscenio e immobili come statue del presepe, ci accolgono con occhi bendati da maschere senza fori. Tutti in nero, tranne Luca Cupiello (un toccante Francesco Manetti) con giacca bianca su un pigiama e senza maschera. Gli altri se ne liberano soltanto quando è il loro turno di parlare e annunciare se stessi. Recita ognuno la propria didascalia, dimostrando di essere prigioniero del proprio personaggio. Non fanno, ma dicono quel che fanno, perché nell'era dell'esibizionismo compulsivo, è più importante raccontare le cose, che viverle davvero, mentre alle loro spalle cala una schiacciante stella cometa ricoperta di fiori gialli, i cui raggi pian piano sembrano alludere a pale di mulini a vento. Letteralmente scossi da accenti gravi e acuti, che il protagonista pare febbrilmente scrivere e dettare al vento, i personaggi lasciano trasparire una irrimediabile mancanza di dialogo, come se Cupiello parlasse un'altra lingua. Ecco una delle tante riuscite intuizioni di Latella che decide di far recitare il e non in napoletano. Suo figlio Tommasino (Lino Musella giusto nella sua apatia) si ostina a far finta di non capire le sue ossessioni, mostrando rancore anche verso lo zio Pasqualino (Michelangelo Dalisi perfettamente a proprio agio nel ruolo).
Tutto prende corpo e movimento nella seconda scena con una sceneggiata trainata dalla moglie Concetta (una straordinaria Monica Piseddu) che, in un palco vuoto, si fa carico delle frustrazioni e aspirazioni mancate di una famiglia ormai in caduta libera. Trascina la pesante eredità in un carro trasparente che diventa teca per cercare inutilmente di mettere a riparo la crudele imprevedibilità di questa disgregazione. La figlia Ninuccia (Valentina Vacca) ha anche un amante (un bravissimo Giuseppe Lanino). La luttuosa colonna sonora di Franco Visioli asseconda la visionaria ferocia con cui i personaggi cercano di sbarazzarsi dell'enorme animale di pezza, dono natalizio, ma anche invadente alter ego, che ognuno di loro reca con sé.
Il buio, squarciato da tagli di luce curati da Simone De Angelis, veste l'ultima scena di una malinconica atmosfera ottocentesca con donne in crinoline a coronare il sacrificio di Cupiello. Non fa più il presepe, ma è lui stesso finalmente il presepe. Steso in una piccola mangiatoia, completamente nudo, è cullato dal dottore di Maurizio Rippa che, con la citazione della calunnia rossiniana, tocca vette di pura teatralità e poesia. In questo mondo sospeso tra cartapesta e realtà, scavato a fondo, entrano in scena un vero bue e un vero asinello, per assistere alla resurrezione di Luca, ricoperto da un tappeto di lattuga. E così sembra quasi che in casa Cupiello sia già, o ancora, Pasqua.
Cosimo Manicone