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NON TI PAGO - di Luca De Filippo

"Non ti pago", regia Luca De Filippo. Foto Masiar Pasquali "Non ti pago", regia Luca De Filippo. Foto Masiar Pasquali

di Eduardo De Filippo
regia: Luca De Filippo
scene: Gianmaurizio Fercioni
costumi: Sivia Polidori
musiche: Nicola Piovani
luci: Stefano Stacchini
con
Ferdinando Quagliuolo: Gianfelice Imparato
Concetta, sua moglie: Carolina Rosi
Stella, loro figlia: Carmen Annibale
Aglietello, uomo di fatica in casa Quagliuolo: Nicola Di Pinto
Margherita, cameriera: Viola Forestiero
Mario Bertolini: Massimo De Matteo
Erminia, sua zia e Carmela, popolana: Paola Fulciniti
Vittorio Frungillo: Federica Altamura
Luigi Frungillo: Andrea Cioffi
Don Raffaele Console:Gianni Cannavacciuolo
Lorenzo Strummillo, avvocato: Giovanni Allocca
produzione: Compagnia di Teatro di Luca De Filippo
Milano, Piccolo Teatro Strehler dal 10 al 22 novembre 2015

www.Sipario.it, 15 novembre 2015

Eduardo De Filippo (Napoli 1900 – Roma 1984) - figlio naturale insieme alla primogenita Titina e al terzogenito Peppino di Eduardo Scarpetta, attore e commediografo, e della nipote Luisa De Filippo (sarta teatrale, figlia di Luca, fratello di Rosa De Filippo, moglie dello stesso Eduardo Scarpetta da cui ha tre figli: Domenico, Maria e Vincenzo) vissuto ab infantia nel mondo del teatro di cui diviene esponente di primo piano come attore, drammaturgo, regista e sceneggiatore - scrive e pubblica nel 1940 questa tragicommedia (in tre atti) messa in scena con notevole successo da Eduardo e Peppino De Filippo l'8 dicembre del medesimo anno al teatro Quirino di Roma cui seguono la versione cinematografica di Carlo Ludovico Bragaglia e successivamente quella televisiva.

Protagonista della pièce è Ferdinando Quagliuolo (interpretato in modo equilibrato e ironico dal valido Gianfelice Imparato che sostituisce pro tempore Luca De Filippo impossibilitato a recitare per motivi di salute), gestore di un botteghino del lotto a Napoli e giocatore tanto incallito quanto sfortunato che passa le notti a scrutare il cielo per avere qualche buon numero, con una moglie (la simpatica Carolina Rosi ben calata nei panni della consorte Irene) consapevole delle sue stranezze, ma impotente a contrastarle e la figlia Stella (convincente Carmen Annibale) co-vittima di una severità e un autoritarismo irrazionali poco considerati in famiglia fino all'impennata del pater familias deciso a rivendicare e a fare valere il suo potere.
Il nostro eroe è accecato dalla gelosia: il suo grande nemico è Mario Bertoldini, impiegato al suo botteghino (in cui l'ha assunto il padre scomparso che ha creato il 'banco lotto'), innamorato ricambiato della giovane Stella e piuttosto fortunato al gioco, ma poco prudente in quanto racconta per filo e per segno i dettagli di un sogno grazie al quale ha vinto tramite una quaterna una cospicua somma.

Inizia dall'improvvida confessione una grottesca lotta da parte di don Ferdinando roso dall'invidia che gli fa inventare farsesche e assurde argomentazioni per giustificarsi dell'essersi appropriato del biglietto vincente finché costretto a restituire il maltolto fa ricorso ad anatemi stravaganti (assenti nella prima edizione dell'opera) che trovano nell'humus napoletano un terreno fertile.

La pièce offre lo spaccato di una società che affidando alla speranza di una vincita al lotto l'onirica e aleatoria illusione di mutare l'incerta situazione esistenziale evidenzia gravi problemi sociali e un livello scarsissimo d'istruzione con conseguenti e radicate superstizioni che la rendono fragile e impressionabile tanto da aumentare insicurezze e timori esaltando eventi e situazioni di quotidiana normalità.
Il protagonista ormai 'vincitore' non mostra nessun segno di arrendevolezza né prende coscienza dell'assurdità delle proprie pretese malgrado parroco e avvocato cerchino di persuaderlo della labilità delle fragili argomentazioni addotte per appropriarsi della vincita.

Oltre a stigmatizzare esorcismi, superstizioni e connivenze tra superstizione e religione con l'accusa alla Chiesa di avere usato la scaramanzia e a evidenziare lo strampalato rapporto tra razionalità e fiducia nell'assistenza dei cari estinti sulla vita di chi resta sulla terra (retaggio delle antiche tradizioni romane del culto dei morti), lo spettacolo risulta molto godibile e brillante pur se venato da un sottile velo di melanconia come asserito dallo stesso Eduardo consapevole di avere realizzato "una commedia molto comica, che secondo me è la più tragica che io abbia mai scritto".

Ottima la regia che si avvale e ha creato una felicissima armonia tra gli attori.

Wanda Castelnuovo

Ultima modifica il Lunedì, 16 Novembre 2015 00:59

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