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PADRE (IL) - regia Piero Maccarinelli

Alessandro Haber e Lucrezia Lante Della Rovere in "Il padre", regia Piero Maccarinelli Alessandro Haber e Lucrezia Lante Della Rovere in "Il padre", regia Piero Maccarinelli

Presentato da: Goldenart Production
Con Alessandro Haber, Lucrezia Lante Della Rovere
E con David Sebasti
Altri interpreti: Daniela Scarlatti, Ilaria Genatiempo, Riccardo Floris
Regia: Piero Maccarinelli
Scritto da: Florian Zeller
Musiche: Antonio Di Pofi
Costumi: Alessandro Lai
Scene: Gianluca Amodio
Luci: Umile Vainieri

Roma, Teatro Ambra Jovinelli dal 2 al 19 Novembre 2017

www.Sipario.it, 5 novembre 2017

È possibile sorridere su un tema delicato come la malattia? E quali lati comici ha che possano essere raccontati al pubblico? Potrebbero essere queste le due semplici, ma per nulla banali, domande a cui intende rispondere la pièce Il padre dell'autore francese Florian Zeller, in scena in questi giorni al Teatro Ambra Jovinelli di Roma per la regia di Piero Maccarinelli. Protagonisti: Alessandro Haber e Lucrezia Lante Della Rovere.
Andrea è un anziano uomo ancora vitale, che inizia a soffrire di disturbi della memoria. Confonde luoghi, persone, avvenimenti. Non è chiaro se si tratti di Alzheimer o di demenza senile. La figlia Anna, che assiste a questo lento declino, è indecisa sul da farsi. È consapevole che il padre non può più vivere solo. Tenta la soluzione della convivenza, obbligando Andrea a vivere in casa sua e del marito – ostile a questa soluzione. Ma quando le condizioni di salute di Andrea si aggravano, Anna sarà obbligata – suo malgrado – a ricoverare il padre in una struttura medica specializzata per tali patologie.
Colpisce, in questa messinscena, la cura con la quale Haber ha reso il personaggio di Andrea: ha saputo usare la chiave dell'innocenza e dell'incredulità che crescono di pari passo nel corso della pièce e che nel finale culminano in un pianto di profonda solitudine ("Voglio mia madre! Mi sento tanto solo!"). Vi sono, drammaturgicamente e verosimilmente, momenti di aggressività nel protagonista dovuti alla sua malattia; ma Haber li ha mitigati con una sprezzatura ed una ironia a cui è giunto dopo un accorto lavoro sul personaggio. Anche il suo incedere scenico: impacciato come quello di un fanciullo che ha bisogno di continue certezze e costante protezione, evidenzia ancor più il disagio della malattia, senza però cadere nella trappola di banali patetismi o adottando fin troppo facili clichés recitativi.
Di altra natura, invece, l'interpretazione di Anna, che Della Rovere svolge attuando una – forse – eccessiva distanza dal personaggio. Di sicuro ella è angosciata nel vedere suo padre soffrire. Ma anche nei momenti di acuta disperazione, non si abbandona al pianto. Al contrario, traduce il travaglio del suo personaggio pronunciando qualche battuta con un tono di voce impercettibilmente più acuto.
Da questo contrappunto recitativo, Haber e Della Rovere rendono al meglio la condizione di estraneità che una patologia degenerativa provoca e nel malato, e in chi gli sta accanto. Condizione ben sottolineata anche dalle scene di Gianluca Amodio, che ritraggono ambienti ammobiliati in modo essenziale, e che via via divengono sempre più spogli e diafani, quasi cerulei. Come la mente di Andrea che, privo di ricordi e riferimenti, si affida ad un'infermiera come un bimbo alla mamma, per andare a fare una passeggiata nel parco della clinica. Passeggiata che, però, prelude alla sua fine ormai prossima.
Andrea esce barcollando. La porta della stanza si chiude. La ribalta si rabbuia. E cala il sipario sulla sua esistenza.

Pierluigi Pietricola

Ultima modifica il Domenica, 05 Novembre 2017 23:21

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