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QUALCOSA DI NERO - regia Benedetta Buccellato

Qualcosa di nero Qualcosa di nero Regia

di Benedetta Buccellato
regia: Benedetta Buccellato
con Gianna Piaz, Valentina Martino Ghiglia
Roma, Teatro Due, dal 10 aprile al 6 maggio 2007

Il Manifesto, 22 aprile 2007
«Qualcosa di nero» e l'audience sale Roma

Non è uno spettacolo nuovo, ma la ripresa due anni dopo, ne aumenta il senso e l'amarezza, mentre non fa diminuire il divertimento, anche se intriso nel fascino di specchiarsi nell'orrido. Qualcosa di nero (fino al 6 maggio al Teatro Due) è stato scritto e messo in scena da Benedetta Buccellato, più nota come attrice, ma che ha intrapreso proprio con questo titolo la scrittura di una trilogia vicina al compimento.
È una storia di quotidianità questa; di spettatori di una tv fatta di serial e fiction, di desideri di grandezza che hanno come massima meta l'apparire dentro il magico schermo. Ad ogni costo. Tanto che le protagoniste ci provano tra corsi e concorsi, candid camere e filmini, realtà aggiustate e esistenze taroccate. Ma per apparire davvero in tv, anzi sfondarla, servirà meglio di tutto un bel fattaccio sospeso, quel «qualcosa di nero» del titolo appunto, che come insegna Porta a porta, rende protagonisti martellanti tre sere a settimana le possibili infanticide o i fattacci più incongrui, potenza del mass medium!
Qui sono due donne a confronto, o complici si potrebbe dire, nel tentativo di scalare il concorso per un video di improbabile verità, destinato per premio ad andare addirittura in onda. Ma se la fatica delle riprese, per quanto ritoccate rispetto alla realtà, sembra improba, basterà virare «al nero» quella esperienza, per ottenere il risultato tanto ambito. Anche se una delle due donne dovrà dare la vita stessa per permettere all'altra di andare, come possibile «assassina», in prima serata. Senza astio (semmai con partecipata amarezza) Buccellato ci porta in quei due tinelli paralleli, dominati da invisibili apparecchi tv da cui la legge tuona come le tavole di Mosè. Una (Valentina Martino Ghiglia, bravissima in quello straniamento «marziano») è totalmente presa dalla vita parallela di telenovelas e concorsi e grandi fratelli da dimensionare su di loro i rapporti col convivente delinquentoso e col figlio maldestinato. In una borgata della cintura romana, sogna a occhi ben aperti, la lettura a 32 pollici della propria miseria frustrata. Il suo parallelo vero è la donna, più anziana, che l'ha cresciuta, e che in un'altra marginalità vive la propria «saggia» e acciaccata vecchiaia, che le consente nella solitudine una autorevolezza non piccola rispetto alla vita.
Il fatto che questo secondo personaggio sia interpretato, immobile su una sedia con un plaid negligé sulle gambe, da Gianna Piaz, che autorevole lo è davvero sulla scena e nella memoria del nostro teatro, crea un alone di fascino particolare. Con la sua voce inconfondibile è lei che si fa regista di questo imbroglio che evoca attimini e aiutini, fino a sacrificarsi nel segno della vittoria, ossia dell'andata in onda. Si ride, e molto, in maniera acida naturalmente, anche se poi, da parte di Buccellato come del pubblico, non si può non provare tenerezza per quelle creature mostruose, quei nostri fantasmi che ogni sera si contendono l'auditel, fino a farsene vittime. Sperando sempre che la vita, quella vera, sia altrove.

Gianfranco Capitta

Ultima modifica il Domenica, 11 Agosto 2013 09:41

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