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I Sette contro Tebe di Eschilo sono un monumento. Inavvicinabile nella sua grandezza. Ci parla di potere, di terrore, degli orrori della guerra. Ne sono pieni i 2500 anni che ce ne separano. Ci parla del corso implacabile del destino. Della sua imprevedibilità, del suo imporsi su ogni disegno e sui più sacri legami umani fino a spingere noi uomini verso esiti mostruosi. Fino alla morte per mano reciproca di due fratelli che si combattono per una gloria tossica, il potere, l’eredità. Abbiamo oggi tutto questo sotto gli occhi. Lo abbiamo sempre avuto. Che farne allora della grande tragedia di Eschilo in piena estate, in un teatro romano sulla spiaggia, con pubblico spensierato e vacanziero? A Siracusa, nel 2017, stessa opera, stesso pubblico estivo, teatro greco anziché romano, regista Marco Baliano, ne venne fuori qualcosa di non molto fedele, ma comunque interessante. A Nora, invece, Massimiliano Civica e i Sacchi di Sabbia hanno voluto tentare un disinvolto pastiche: certo Eschilo era ancora li’, con molte citazioni testuali, ma mescolate con un pastoso dialetto napoletano in un guazzabuglio a volte esilarante di trovate che ci portano lontano, molto lontano dalla tragedia. Quella di Civica è una parodia, a tratti divertente, a tratti sbracata. E su questo filo corre lungo un’ora di spettacolo. Tranne che nelle ultime scene, quelle del duello tra i Eteocle e Polinice, quando d’improvviso il registro cambia: abbandonato ogni lazzo, i due fratelli si fronteggiano in silenzio, scudo contro scudo. Mentre la corifea intona una triste ballata di Woody Gauthrie (“Don’t kill the baby and the son”).  Ma lo spirito dello spettacolo rimane quello della farsa. E forse la scelta non era del tutto peregrina: situare l’opera di Eschilo ai suoi antipodi, nello spazio del comico, i Sette diventano un’altra cosa. Ma poco male. I tempi e la stagione spingono irresistibilmente alla evasione.

Attilio Moro