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SERATA D'ADDIO - regia Andrea Buscemi

Serata d'Addio Serata d'Addio Regia Andrea Buscemi

con Paolo Villaggio
Il fumo uccide ispirato a Il tabacco fa male di Anton Cechov
Una vita all'asta ispirato a Il canto del cigno di Anton Cechov
L'ultima fidanzata ispirato a L'uomo dal fiore in bocca di Luigi Pirandello
regia di Andrea Buscemi
Milano, Teatro Filodrammatici, dal 11 dicembre 2007 al 6 gennaio 2008
Roma, Teatro della Cometa, dal 13 maggio al 1 giugno 2008

Il Messaggero, 17 maggio 2008
Corriere della Sera, 23 dicembre 2007
Avvenire, 13 dicembre 2007
Villaggio, tutti i sapori del talento

L'ha vissuta e fatta vivere in tante parti d'Italia, Paolo Villaggio, la sua Serata d'addio, appuntamento con sé stesso, la vita e il teatro che è adesso approdato alla Cometa di Roma, per restarvi fino al 1° giugno. Tre monologhi, due autori importanti: Il fumo uccide (ispirato a Fa male il tabacco) e Una vita all'asta (da Il canto del cigno) di Anton Cechov; L'ultima fidanzata (da L'uomo dal fiore in bocca) di Luigi Pirandello. Regia di Andrea Buscemi.
Fantozzi oppure l'attore che ha interpretato Molière con Giorgio Strehler? O addirittura il caustico scrittore, capace di digressioni surreal-demenziali e paradossi che hanno fatto scuola? Un po' di tutto questo. Da un Villaggio veterano che borbotta, si confida e tuona senza tralasciare alcuno dei tratti del suo carattere, esteriori e interiori, arriva la provocazione, arrivano l'analisi amara della realtà in cui viviamo e temi duri quali la droga, il commiato dalla scena e la morte. L'epilogo "in famiglia" evoca (e reincarna) compagni di strada come Gassman, De André, Fellini, Pasolini, Tognazzi... Cechov e Pirandello sono solo agganci, volutamente lacunosi, alla complessità della persona umana, nella cui fragilità e grandezza Villaggio naviga al pari di chiunque, ma con tanto, doloroso talento. Viaggiare con lui su questo mare significa assaporare il gusto del ricordo, l'amarezza del tempo che fugge, qualche raro profumo di giardino, odori di stiva e di fondàco, le grinze e il mezzo sorriso, tutti e due fascinosi, che Genova regala ai genovesi fin dalla nascita.

Rita Sala

Villaggio e il virus della predicazione

Paolo Villaggio torna al teatro con Serata d' addio, titolo venato d' amaro, nel quale le due anime dei personaggi del bravo attore genovese, quella patologicamente insicura, vigliacca, pusillanime di Fracchia e Fantozzi e quella accidiosa, volgare, dispotica, ostentante malumore, viltà e cattiveria di Kranz e del direttore megagalattico, si incontrano in un intrecciarsi di ricordi. Ma siamo lontani dallo spirito di Delirio di un povero vecchio nel quale l' emozionante, sensibile passaggio da «maschera» a uomo andava a tracciare, sul filo della memoria, un ritratto palpitante umanità, o se si preferisce «mostruosamente» umano. Siamo nel territorio, purtroppo, del «nulla di nuovo», della riproposta un po' priva d' anima che parte dalla riscrittura di tre pezzi d' autore Il tabacco fa male, Il canto del cigno di Cechov e L' uomo dal fiore in bocca di Pirandello, per diventare Il fumo uccide, Una vita all' asta e L' ultima fidanzata. Tre monologhi che Villaggio recita seduto al centro del palcoscenico vuoto. E i temi della dipendenza dalle droghe, alcool, tabacco ed eroina, della vita del teatrante con i suoi vezzi e i suoi vizi, della morte e della disillusione, si intersecano tra grottesco, surreale e «bestialmente umano» con piccoli ricordi e il ripescaggio di vecchi aneddoti. Divertente il «monologo» sul teatro che si illumina di spunti brillanti e riflessioni perfide, anche se l' affermazione che «il teatro è morto e non ci sono nuovi autori», è falsa oltre che stancamente conformista. Paolo Villaggio non riesce nemmeno a sfuggire alla morale finale e, dopo aver recitato Il cantico delle creature di San Francesco, invoca per il mondo intero «humilitate», dissertando su ateismo e fede. Il virus della predicazione, che ha gravemente contagiato molti comici italiani, ha colpito anche Villaggio.

Magda Poli

Villaggio tragicomico tra Cechov e Pirandello

Paradossale, impudente, mostruosamente provocatorio, dissacratore di professione. Anche, proprio perché osservatore attento e spietato della realtà, irresistibile clown malinconico consapevole che la propria vis comica sta nel non celato malumore con cui ognuno di noi si rassegna ad accettare se stesso, le sue debolezze, i suoi difetti. Eccolo, dopo alcuni anni di astinenza teatrale, Paolo Villaggio, ritornare alla ribalta con questo Serata d'addio che senz'altro, come lui stesso auspica, un addio definitivo alla ribalta non è. Un lungo, persino troppo, monologo che s'imparenta al precedente Delirio di un povero vecchio. Anche qui infatti c'è un vecchio, in questo caso un attore, che racconta del suo passato alternando maliziosamente suggestioni patetiche a spiazzanti risvolti paradossali. Tocca, da un lato, le corde del sentimento e, dall'altro, stravolge il racconto in esasperata autoironia.
Furbescamente, il quasi settantenne Villaggio dichiara che la sua singolare Serata d'addio è debitrice a tre famosi monologhi dovuti a due grandi maestri, Cechov e Pirandello. Ma fin dal primo monologo Fa male il tabacco, che qui s'intitola Il fumo uccide, s'intuisce che altro essi non sono che lo schema in cui inserire sue personalissime riflessioni e suoi non cancellati ricordi. Si trasforma infatti il famoso brano dell'autore russo in un esilarante excursus su timidezza, malattia, malati e cure. Mentre il secondo, suggerito da Il canto del cigno (ed è forse il più felice) diventa un viaggio nella carriera teatrale e si affolla di figure, messe alla berlina, che fanno parte della nostra vita teatrale, Gassman compreso. Quanto al terzo ( L'ultima fidanzata), che vorrebbe ispirarsi all'altrettanto celebre L'uomo dal fiore in bocca di Pirandello, l'eco non viene a mancare ma anche, a tratti, si avvilisce in una sorta di ronzio macabrogrottesco. Maglione scuro, pantaloni casual, quasi sempre seduto, una valigia piena di oggetti, che servono a rinvangare i ricordi, ancora una volta, anche se il copione manca di calibratura, Paolo Villaggio si rivela maestro d'affabulazione e campione di un umorismo feroce che morde lo spettatore. Nel caso quello del milanese Filodrammatici dove è di scena fino all'Epifania.

Domenico Rigotti

Ultima modifica il Domenica, 29 Settembre 2013 12:51

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