giovedì, 28 marzo, 2024
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"MORIRE NON È NULLA, "NON VIVERE" È SPAVENTOSO - VICTOR HUGO
Saggio redatto da Ivana Farina- Classe V C SIA
ITET "G. Garibaldi" Marsala
Docente referente: Maria Rita Bellafiore

Negli ultimi mesi si è molto discusso su una problematica molto interessante, ma anche molto importante cioè l'accanimento terapeutico che è molto diverso dall'eutanasia.

L'eutanasia è intesa come "buona morte" cioè un modo di porre fine alle sofferenze di un malato, provocandone la morte anticipatamente; essa va definita come l'uccisione volontaria del malato che decide di morire per non soffrire più. E' un atto di grande coraggio, una decisione difficilissima da prendere, una decisione che viene presa perché stanchi di lottare contro le proprie sofferenze, stanchi di vivere nel buio, sapendo che prima o poi si dovrà sempre andar via.
In tale ambito si può fare riferimento alla storia di DjFabo un ragazzo con una voglia di vivere immensa, costretto a rimanere a letto dopo un incidente che lo portò ad essere cieco e tetraplegico.
Le sue parole, nell'intervista fatta a "Le Iene", sono state molto angoscianti. Lui ha deciso di morire perché quando si parla di malato inguaribile con ridotta aspettativa di vita non si può fare nulla, perché tutte le cure sono inutili, ma servirebbero soltanto ad allungare un po' di più la vita del malato. Così ha deciso di andare in Svizzera per morire, facendo sì che la morte fosse per lui una vittoria.
Tutto ciò, però, è molto diverso dall' accanimento terapeutico cioè quei trattamenti sanitari sproporzionati fatti al malato con lo scopo di prolungare la vita ad ogni costo.
Diversamente dall'eutanasia l'accanimento terapeutico viene accettato dalla Chiesa.
Dal 1957 con Papa Pio XII fino ad oggi con Papa Francesco si è discusso di questo argomento e proprio dalle dichiarazioni di Papa Francesco si è evinto che lui è contro l'accanimento terapeutico, perché per lui ciò non vuol dire procurare la morte, ma si parla di non far nulla per impedirla come viene anche citato nel catechismo "la vita ci viene data, allo stesso tempo bisogna capire e accettare quando ci viene tolta".
Questi argomenti così delicati e così discussi non erano regolamentati da una legge ed è per questo motivo che bisogna ricordare anche l'appello di Michele Gesualdi, un malato di SLA che dichiara che tutti coloro che sono afflitti da questa malattia vanno in contro alla morte certa e questa può essere atroce se giunta per soffocamento.
Per questo motivo Gesualdi ha deciso di affrontare il tema del fine vita affermando che bisogna lasciare libero il paziente interessato, cosciente e consapevole di essere giunto alla tappa finale, libero di scegliere di non essere inutilmente torturato.
La medicina deve lasciare che la vita faccia il suo corso, giungendo alla morte, e garantire che il passaggio avvenga nel modo migliore, in particolare salvaguardando la dignità della persona malata.
Dopo uno stallo durato otto mesi e forti tensioni, il biotestamento ha avuto il via definitivo. La legge che regola il fine vita è stata approvata il 14 dicembre 2017 con 180 sì, 71 contrari e 6 astensioni. Con questa legge che evita l'accanimento terapeutico nessun trattamento potrà iniziare o proseguire senza il consenso del paziente che può in ogni caso decidere di cambiare la decisione presa in precedenza e rivedere quindi a quali trattamenti sanitari e a quali scelte terapeutiche sottoporsi o meno.
Infine, ricordiamo l'articolo 3 della Dichiarazione universale dei Diritti umani che recita che ogni individuo ha diritto alla vita, alla libertà e alla sicurezza della propria persona.
Il diritto alla vita è collegato al diritto alla libertà per realizzare un percorso di vita "degna" ed è per questo motivo che sulla nostra vita dobbiamo essere liberi di decidere sempre fino alla fine.
Grazie a questa legge ciò è stato reso finalmente possibile.

Ultima modifica il Sabato, 07 Aprile 2018 20:50
La Redazione

Questo articolo è stato scritto da uno dei collaboratori di Sipario.it. Se hai suggerimenti o commenti scrivi a comunicazione@sipario.it.

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