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MILANO, Teatro Elfo Puccini - OTELLO con Elio De Capitani (Otello), Federico Vanni (Iago) - 27 aprile_20 maggio

Elio De Capitani
Otello
di William Shakespeare
traduzione di Ferdinando Bruni
regia Elio De Capitani e Lisa Ferlazzo Natoli

scene e costumi di Carlo Sala
musiche originali di Silvia Colasanti
suono di Giuseppe Marzoli
luci di Michele Ceglia

con Elio De Capitani (Otello), Federico Vanni (Iago)
e un cast in via di conferma
produzione Teatro dell'Elfo

Rileggere l'Otello – e Otello stesso - spogliandolo della "tradizione", tornare al cuore del meccanismo drammatico e delle parole. Queste le premesse sottese al lavoro su Shakespeare di Elio De Capitani, un lavoro registico iniziato con il Sogno e proseguito con Amleto e il Mercante di Venezia e che per questo spettacolo, allestito nell'autunno 2016, è stato totalmente condiviso con Lisa Ferlazzo Natoli. I due registi hanno portato in primo piano il nodo indissolubile tra l'io e l'altro, tra il simile e il dissimile che in questo testo, perturbante come un racconto di suspense, diventa tragedia della gelosia e del sesso, dei rapporti inter-razziali e culturali, del dubbio e della potenza manipolatoria delle parole.

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"Mettere in scena Otello oggi – dicono i registi - è un modo per fare i conti con la singolare attrazione che la vicenda del Moro esercita in tutti noi, come un congegno misterioso messo lì per 'innescare' una risposta emotiva sui presupposti ideologici e i fantasmi dell'inconscio collettivo con cui una società costruisce i propri parametri proiettando 'fuori di sé', sullo straniero, tutto ciò che ha di inconfessabile: moralismo puritano, voyerismo sessuale e sessuofobia, per dare fondamento e giustificazione alla propria xenofobia, alla misoginia e alle tante forme d'intolleranza sociale e privata di cui si compone."

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Jago è certo un manipolatore, un 'untore ideologico', ma in questo nuovo Otello nessuno sembra immune dal suo contagio e da quello di tutti i pregiudizi che condizionano le società di ieri e di oggi. Fino a che, nel precipizio della tragedia, sul corpo senza vita di Desdemona, Emilia farà una formidabile 'uscita dal copione' di Jago, svelandone pubblicamente la macchina di odio, gelosia e menzogne.

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Una lettura tutta contemporanea che si fonda sulla nuova traduzione di Ferdinando Bruni, sensibile alla bellezza dell'endecasillabo, ma libera da ogni inclinazione letteraria e tanto attenta all'alternanza di lingua alta e bassa da avvicinarsi alla viva fluidità del parlato. E sulla dicotomia di chiari e scuri, di luci e ombre che le scene di Carlo Sala moltiplicano attraverso le grate, gli ori e le trasparenze di grandi sipari. E sul sensibilissimo contributo musicale di Silvia Colasanti.

Più info:
www.elfo.org/stagioni/20172018/tournee/otello.html

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DALLA RASSEGNA STAMPA
Non è un Otello tonitruante quello in scena al Teatro Elfo Puccini di Milano. Anzi il personaggio del Moro, il generale vittorioso baciato dalla gloria che – lo si comprenderà dopo –, ha ormai capito che impossibile è diventato l'eroismo, è un Otello che soffre di un profondo senso di impotenza se non di inadeguatezza, di una malinconia alla quale non sa dare un nome. L'ambiente che lo circonda gli è ostile ma i nobili veneziani che hanno bisogno di lui, lo blandiscono, lo corteggiano: lo fa, con malcelato disprezzo, anche il padre di Desdemona che lo ama e che è pronta a seguirlo, che deve chinare la testa perché il suo valore serve alla Serenissima. È un disprezzo sotterraneo non privo di razzismo del quale, del resto, non sono immuni certi testi di Shakespeare a cominciare dal Mercante di Venezia.

Maria Grazia Gregori, delteatro.it

Ciò che colpisce nella messinscena di Elio De Capitani e Lisa Ferlazzo Natoli di Otello è un tono diffuso di tragica normalità, quella del protagonista, un generale disorientato che più che cadere nelle trappole di lago, frana in se stesso nelle sue debolezze, nei dubbi che lo porteranno a vedere il marcio in un'essenza di purezza, quale prima considerava Desdemona. La normalità di lago, esplicitata con proprietà da Federico Vanni, manipolatore intelligente dai molti e «necessari» assassinii, risiede nel fatto che egli è semplicemente il male, gratuito, fine a sé stesso, che stupefà e spaventa perché può abitare in chiunque. E ogni mossa pesa sull'ordito fitto dei sentimenti fino a distruggerlo.

Magda Poli, Corriere della Sera

(...) Ora forse, all'ennesima rappresentazione e versione, ho un'intuizione semplice: Shakespeare in Otello rappresenta il femminicidio, lo sport più antico dell'umanità, la violenza che il maschio spesso esercita sulla donna per il puro piacere di reprimerne la presenza in se stesso e nel mondo. Così Racconto d'inverno, un caso di gelosia crudele, con una redenzione non sappiamo se possibile. E poi Amleto... Amleto ama Ofelia, la caccia dalla corte per salvarla dal marciume di Danimarca, ma certo è Ofelia la prima che muore. E Prospero, il mago della Tempesta, è vittima, onesto, vuole giustizia, che si confonde in lui, però in senso di vendetta. Solo la figlia Miranda con la sua innocenza e il suo amore converte giustizia in perdono. Esiste una donna perversa nel teatro di Shakespeare: ma lady Macbeth ha fatto un patto con le forze del male, ha venduto alle streghe il suo sesso, ha rinunciato alla sua natura di donna. Otello, la parte buia del maschio, portato agli estremi, semplificato. Origine di questa intuizione è l'Otello messo in scena dal teatro dell'Elfo, regia e otellità Elio De Capitani (coregia di Lisa Ferlazzo Natoli). Shakespeare, che vede tutto, scrive in Otello la tragedia del femminicidio. Questa la netta impressione dello spettacolo. Incisivo, perché mosso da un'idea forte; qui, a mio parere, l'attesa presciente della morte di Desdemona (l'ottima Camilla Semino Favro) salmodiante sui gradini di una scala senza zenit, canta come Ofelia prima di andarsene verso la morte per acqua.

Roberto Mussapi, Avvenire

 

Ultima modifica il Domenica, 20 Maggio 2018 22:23
La Redazione

Questo articolo è stato scritto da uno dei collaboratori di Sipario.it. Se hai suggerimenti o commenti scrivi a comunicazione@sipario.it.

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