LETIZIA FOREVER
con Salvatore Nocera
testo e regia Rosario Palazzolo
e con le voci di Giada Biondo, Floriana Cane, Chiara Italiano,
Rosario Palazzolo,
Chiara Pulizzotto, Giorgio Salamone
scene Luca Mannino
luci Toni Troia
assistente alla regia Irene Nocera
coproduzione Teatrino Controverso / T22 / Acti Teatri Indipendenti
Visto al Teatro Libero, Milano, il 25 gennaio 2019
MILANO - E' recente la notizia di una rivalutazione delle fino a poco tempo fa obsolete cassette musicali. Dopo la riesumazione dello scomparso vinile adesso è l'ora della cassetta che, con i suoi tasti play o rev, è l'oggetto feticcio (come nel beckettiano "L'ultimo nastro di Krapp"), lo spartiacque di "Letizia Forever" (prod. ACTI, Teatrino Controverso, T22; in quattro anni 120 repliche), testo a forte connotazione siciliana ma esportabile a qualsiasi latitudine di disperazione. Letizia, nel suo abitino a pois che fanno rima con la luce stroboscopica che le zampilla addosso, parla la lingua sporca e sgrammaticata messa a punto da Rosario Palazzolo, regista e autore, che ha affinato questa terminologia che ha nell'onomatopeico come nel grossolano e nella sintassi sconclusionata tenerezza e ingenuità bambinesca.
La playlist di "genere d'amore italiano" ha una forte valenza drammaturgica perché sottolinea i vari momenti di questa "intervista" che in definitiva è una confessione. Il personaggio Letizia è un Giano bifronte, interpretato da Salvatore Nocera non semplicemente en travestì, credibile per la forza espressa nel suo phisique du role da rugbista barbuto, per la leggerezza mista a rassegnazione, per la dolcezza mischiata alla speranza marcita, per quei piccoli gesti che ne tratteggiano l'interiorità violata.
Sulla sua sedia-trono fragile, ogni giorno Letizia è costretta a spiegare nuovamente ciò che ha già raccontato, è forzata nel ricordare i dettagli delle sue azioni. Tutto questo le fa un male atroce che può addolcire soltanto con la musica, la colonna sonora dei "fabulosi anni '80", decade spensierata prima di una vita coniugale senza amore né gioia, costellata di silenzi e assenze.
La musica è l'unica cosa che allevia le sofferenze di questa donna che mai è stata libera, passando dalle frustrazioni di una famiglia tradizionale alle castrazioni di un marito anaffettivo, la musica è il grimaldello che apre la botola del dolore. Il trauma ha congelato il tempo e Letizia è rimasta attaccata alle rime facili di quegli amori impossibili. Palazzolo, come Scimone e Sframeli, come Moscato, riesce a ricreare scenicamente atmosfere di spazi angusti soffocanti nei quali esplodono l'asfissia degli affetti, l'anoressia dei sentimenti, l'afasia dei rapporti umani, il soffocamento della felicità, la claustrofobia dell'essere umano senza futuro.