RUY BLAS. Quattro quadri sull'identità e sul coraggio
Adattamento dall'opera Ruy Blas di Victor Hugo
Regia, traduzione e adattamento di Marco Lorenzi
i nostri eroi Yuri D'Agostino, Francesco Gargiulo, Barbara Mazzi,
Anna Montalenti, Alba Maria Porto, Angelo Tronca
visual concept Eleonora Diana
distribuzione Valentina Pollani
organizzazione Analisa Greco
un progetto promosso da Tedacà
da un'idea de Il Mulino di Amleto
in collaborazione con Kataplixi Teatro
con il supporto dell'Alliance Française di Torino
e della Residenza Multidisciplinare Arte Transitiva a cura di Stalker Teatro/Officine Caos
con il contributo e vincitore di SIAE – Sillumina – Copia privata per i giovani, per la cultura 2016
Visto a San Pietro in Vincoli, Torino, il 28 gennaio 2019
TORINO – Torino sembra avere una predilezione per cappa e spada, sarà la vicinanza alla Francia. Basti pensare allo spassoso progetto di Beppe Navello al Teatro Astra un paio di stagioni fa con "I Tre Moschettieri" o al monumentale "Ruy Blas" di Luca Ronconi del '96 dove spiccavano, nell'ampio cast, Massimo Popolizio e Michela Cescon. Proprio a quest'ultimo titolo si è appassionato il regista Marco Lorenzi, romano trapiantato sotto la Mole, ribaltandone l'estetica mantenendo l'essenza, sviluppando un suo personale "Ruy Blas", fresco e contemporaneo.
Questo Hugo asciugato da inutili orpelli e funzionale, è divenuto un soffio che parla alle nostre coscienze. Una piece "politica" nel suo senso più alto e intimo che ci mette davanti al quesito dei quesiti: se ognuno di noi è ciò che è per genesi, famiglia, portafoglio, mestiere oppure se il nostro vero Io sia da considerarsi per l'esempio che diamo, per le nostre azioni. E' questo il fulcro attorno al quale ruota tutto, il perno sul quale Lorenzi ha battuto inserendo, trovata geniale e assolutamente scardinante, all'interno della drammaturgia un commento scritto dello stesso autore francese dopo la prima parigina del 1838 ma che sembra uscito da una penna attuale.
La storia la potremo riassumere così: un nobile, Don Sallustio – Angelo Maria Tronca il migliore sulla scena per distacco, cacciato ed esiliato dalla Corte si vuole vendicare della Regina. Con uno stratagemma, introduce nella casa reale un giovane servo, appunto Ruy Blas, per fare innamorare la consorte del Re che è sempre impegnato a caccia. Se il piano andrà a buon fine Don Sallustio svergognerà la Regina smascherando il tradimento con il servo. Intanto però Ruy si è fatto talmente benvolere a corte per le sue idee che è stato nominato Primo Ministro. Vincerà l'amore e la giustizia o il ceto?
Tutto è esposto, gli attori siedono tra il pubblico, la scena minimalista di neon sottili, l'uso di cellulari, musiche cariche di intensità e lirismo (l'aria "Lascia ch'io pianga" e "Into my arms" di Nick Cave). E' l'acuta intuizione di intrecciare il testo con le parole di Hugo a creare uno scarto tra l'inchiostro di due secoli fa e catapultarci all'oggi. L'autore ci dice che esistono tre tipi di pubblico: quello che seguirà la trama, quello che avrà a cuore le passioni amorose, e quello che sarà appassionato dal pensiero che sta dietro la rappresentazione, in questo caso la lotta eterna tra quello che siamo per nascita e quello che siamo diventati.