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INTERVISTA a VALERIO MORO - di Michele Olivieri

Valerio Moro. Foto Mauro Foglia Valerio Moro. Foto Mauro Foglia

Valerio Moro nato a Taranto, si diploma alla Scuola di Ballo del Teatro alla Scala di Milano, lavora con la compagnia del Teatro alla Scala nell'Aida diretta da Franco Zeffirelli, prosegue poi con la compagnia dell'Oniro in molte operette, tra le quali "Al Cavallino Bianco", "Cin Ci La", "La vedova allegra" calcando numerosi palcoscenici nazionali tra cui il Salone Margherita "il Bagaglino"; entra nella compagnia del "Vancouver City Dance Theatre" con la quale collabora tuttora. In seguito lavora nella compagnia "Danza Prospettiva" diretta dal maestro Vittorio Biagi nello spettacolo "Shéhérazade" danzando una parte da Solista. Lavora poi con la compagnia "Danza Viva" nello spettacolo "Mito e Amore" dove interpreta Amore. Prende parte allo spettacolo "Forza venite gente" di Silvio Spaccesi. Entra a far parte della compagnia del Teatro dell'Opera di Roma nelle produzioni di "Candide", "Coppelia", "Serata contemporanea", "Giselle" nella produzione estiva alle Terme di Caracalla, "Giulietta e Romeo" con parte da Solista, "Don Chisciotte" su coreografia originale di Petipa e Gorsky ripresa dal russo Mikhail Messerer, nell'opera "Il naso", "Giselle" nella versione di Patrice Bart, "Coppelia", "Don Chisciotte" in tournée a Granada. Prende parte ai video musicali di "Leo Aberer Money", partecipa al video musicale MTV di Moreno Donadoni "Che confusione" in qualità di ballerino e coreografo, e a quello di Pierdavide Carone "Sole per Sempre" come coreografo. Partecipa nel 2013 alla trasmissione televisiva "Amici di Maria de Filippi". Attualmente dirige una scuola di danza da lui fondata, insegna ed è direttore artistico di eventi a livello nazionale oltre a presenziare spesso in qualità di giudice e coreografo per stage e masterclass.

Carissimo Valerio, la tua formazione da bambino in Puglia come è iniziata? Quali sono i ricordi più belli ripensando a quel periodo e alla scoperta della danza?
La mia formazione è partita in Puglia appunto come di solito accade per gioco. Ero un bambino molto attivo ed esuberante, così mia mamma ha saputo finalizzare tutte queste energie facendomi svolgere numerose cose: pianoforte, piscina, danza e corsi di inglese, non ero mai fermo e tra tutte la danza mi appassionava maggiormente, mi emozionava. Un ricordo? Quello di aver fatto una variazione con un costume da delfino molto ingombrante che però mi divertiva particolarmente.

Ad un certo punto vieni ammesso alla Scuola di Ballo del Teatro alla Scala. Com'è avvenuto e su consiglio di chi hai sostenuto l'audizione?
A dieci anni ho lasciato casa su consiglio di alcuni maestri per entrare nell'Accademia Nazionale di Danza di Roma, dove ho proseguito gli studi fino al quarto anno e ad un certo punto, supportato da tutti i docenti dell'Accademia, in particolare dalla maestra Obino e dalla maestra De Panfilis, ho sostenuto e passato l'audizione per entrare nell'ambita Scuola di Ballo del Teatro alla Scala di Milano.

Tra i tuoi maestri scaligeri hai avuto grandi nomi. Chi ricordi con maggiore gratitudine?
Premetto che tutti mi hanno dato e lasciato qualcosa. Oggi ancora ringrazio sicuramente il maestro della mia formazione accademica scaligera Leonid Nikonov e un altro grande maestro incontrato durante le mie esperienze lavorative, Victor Litvinov, il quale mi ha dato la forza e il sostegno determinanti per continuare la mia professione e carriera.

Sei rimasto in contatto con gli allievi del tuo corso in Scala?
Sì sono rimasto in contatto con altri compagni dell'Accademia e della Scuola di Ballo, ma come succede spesso, con molti ci siamo anche persi. Devo ringraziare le formazioni fatte perché ho conosciuto davvero tanta gente che tuttora fanno parte della mia vita.

Qual è stata la primissima volta che hai calcato il palcoscenico davanti ad un pubblico da allievo con la Scuola di ballo della Scala e con quale spettacolo?
La prima volta che ho ballato da allievo della Scala di Milano è stata con un pezzo di Francesco Ventriglia di cui ero protagonista, il pezzo si intitolava "Giallo 700". La coreografia era creata su di noi, un pezzo che ancora oggi ricordo con felicità, sia per la gioia dei momenti vissuti, sia per i compagni con cui ho condiviso la storia: Rebecca Bianchi e Denny Lodi che in quel periodo erano i miei compagni di vita. Il tutto era bellissimo. Abbiamo registrato parecchie repliche di quel pezzo che sin da subito fu un successo.

Hai danzato anche sul palcoscenico della Scala nella faraonica "Aida" di Franco Zeffirelli. Che emozione si prova ad entrare in scena in uno dei teatri più famosi al mondo?
Regia di Franco Zeffirelli con al fianco uno dei più grandi ballerini della nostra era Roberto Bolle, cosa potevo volere di più? Due artisti senza precedenti, immensamente grato per quell'opportunità data dalla Scuola di Ballo del Teatro alla Scala. Ricordo che in sala prove scrutavo e guardavo con fervore per apprendere tutto quello che faceva Roberto Bolle. Molte volte avvicinandomi a lui ho trovato un artista pronto a dispensare consigli e ad aiutare i giovani. Una coreografia dinamica come unici furono gli avvenimenti, ricorderete sicuramente il tenore che fu fischiato, Alagna, che abbandonò la scena sostituito in tutta fretta da un ancora impreparato sostituto. Ricordo l'emozione di ballare sul palcoscenico del Piermarini per la prima volta, così grande, ero impaurito ma allo stesso tempo eccitato, appena un passo dentro e sentii che da quel momento in poi il teatro avrebbe fatto parte della mia vita per sempre.

Quali sono state le maggiori difficoltà e rinunce in Scuola di Ballo, sia fisiche che personali per raggiungere l'ambito diploma?
Il percorso non è stato sempre facile, bisogna far fronte a tantissime rinunce, infortuni e prese di coscienza. La scuola non è affatto semplice, dalla mattina alla sera si è impegnati nelle materie pratiche e teoriche della danza, la stanchezza e la giovane età nel quale si percorre questo percorso spesso ti fanno cadere, ma si ritorna subito in sella perché è quello che amiamo maggiormente fare, quindi tutte queste rinunce, la lontananza da casa e i dolori fisici passano in secondo piano lasciando spazio all'unica vera ragione: la passione per la danza.

Dopo Milano la destinazione è stata a Roma in un'altra istituzione prestigiosa quale il Teatro dell'Opera. Che periodo è stato?
Sono entrato nella compagnia del Teatro dell'Opera di Roma, dove già conoscevo e avevo numerose amicizie, molti reduci dal percorso nella Scuola di Ballo del Teatro alla Scala. Il periodo trascorso al Teatro dell'Opera è risultato particolarmente felice, ho imparato davvero molto, ho conosciuto ballerini e maître nuovi con i quali confrontarsi e apprendere. Ricordo che in quel periodo il maestro che mi è stato più vicino fu Denis Ganio. Sono rimasto a Roma tre anni sotto la direzione artistica di Micha van Hoecke. Ho fatto realmente tanti spettacoli, una delle cornici magnifiche in cui ho ballato con la Compagnia è stata alle antiche Terme di Caracalla.

Hai danzato in titoli del grande repertorio classico creati da celebri coreografi, in quale ruolo ti sei sentito più a tuo agio, per sensibilità ed empatia?
Premetto che in tutti ruoli, in ogni balletto, è sempre stata un'emozione unica, dal "Lago dei Cigni" a "Coppelia", sino all'opera "Il naso". Il titolo che ho amato di più è sicuramente "Romeo e Giulietta" dove ho interpretato uno degli amici di Mercuzio.

Hai anche partecipato al talent televisivo "Amici", a distanza di anni come rivedi quell'esperienza?
Prima di allora avevo preso parte, in qualità di primo ballerino al videoclip di Moreno Donadoni, da questo è partita l'idea di "Amici". Sono entrato alla trasmissione televisiva nel 2013, l'esperienza è stata costruttiva, sicuramente è un'esperienza che consiglio di fare a ballerini o neo ballerini perché "Amici" è impostata come scuola, quindi è un percorso consigliato ai non professionisti. Ad "Amici" sicuramente ho aperto gli occhi, ho visto anche un altro lato della danza che non conoscevo, ho conosciuto docenti di cui non sapevo l'esistenza ma che mi hanno aiutato a diventare il maestro e il ballerino che sono oggi.

Com'è nata l'idea di affrontare la danza televisiva?
L'idea di "Amici" è nata in teatro, non mi sentivo effettivamente del tutto completo, oltre la formazione classica ho una formazione da acrobata, da ballerino modern e da ballerino contemporaneo. Volevo mettermi alla prova, cercare nuove strade, uscire da tutto quello che conoscevo per entrare in un mondo nuovo, quindi è stata proprio la mia curiosità il reale motivo.

Alla luce dei fatti rifaresti tutto esattamente o conoscendo meglio le dinamiche e il dietro le quinte correggeresti qualcosa nel percorso ad "Amici"?
Ad oggi sì, conoscendo il talent sicuramente lo avrei portato a termine e non l'avrei abbandonato dopo la terza puntata a causa di un infortunio, che in verità era più un pretesto. Anche se non rimpiango niente ho comunque raggiunto quello che desideravo, sono riuscito a parlare attraverso la mia danza che appunto è il risultato di tutte le esperienze precedentemente fatte, degli insegnamenti ricevuti e delle emozioni che ho provato in questo lungo percorso della mia vita.

Hai voluto sperimentare nuovi percorsi coreutici passando per la tv. Il diploma della Scala sicuramente ti ha reso un ballerino ricco di grazia, disciplina, rigore, studio. In qualche modo lo studio della danza classica fa sempre la differenza anche per chi poi sceglie altri stili?
Assolutamente sì, la conoscenza e la padronanza della danza classica ti porta ad essere un atleta, un artista e un ballerino consapevole del movimento e dell'energia, la tecnica classica è la più completa espressione atletica ed artistica che ci possa essere quindi padroneggiandola si possono ricercare altre dinamiche che possono convergere su altri stili, ma assolutamente non si può effettuare il contrario.

Col senno di poi, la televisione, ha soddisfatto le tue aspettative artistiche di crescita professionale?
Diciamo che ha fatto parte di un percorso che mi ha portato a quello che sono oggi. Mi ha permesso di conoscere la danza attuale, mi ha fatto scoprire altre dinamiche, ma assolutamente devo tutto alla mia formazione scaligera e accademica e alla mia curiosità nell'apprendere dinamiche di danza acrobatica sin da piccolo grazie al maestro Dezi.

Oggi dirigi una tua scuola di danza e organizzi eventi sparsi sul territorio nazionale, come vedi questo mondo a molti ancora sconosciuto e quali sono le maggiori soddisfazioni nel tramandare il tuo sapere ai giovani allievi?
Amo insegnare, trasmettere ai nuovi danzatori e condividere con loro l'arte della danza. Sono soddisfatto perché vedere così tante persone ai miei eventi mi fa capire che ho un bel seguito, e che la gente apprezza ciò che propongo e quello che trasmetto. Ed io di conseguenza cerco sempre di dare il meglio a loro.

Come si svolgono oggi le tue giornate e quanto tempo dedichi ancora allo studio personale della danza?
Lo studio sicuramente è diminuito a livello pratico della danza classica, ma molto del tempo lo dedico nelle sale a ricercare e sperimentare nuove dinamiche, che portano poi alla creazione delle mie coreografie attraverso la mia danza.

Cosa ti ha regalato fino ad oggi di più bello, l'aver scelto l'arte tersicorea come professione e compagna di vita?
Condividere questo mondo con altri artisti di tutti i generi, aver conosciuto gente dello spettacolo e del teatro che attraverso anche delle semplici parole hanno preso parte alla mia vita e detengono oggi un posto nel mio cuore. L'arte della danza regala molto, dall'emozione in palcoscenico alla gioia del bambino quando apprende un nuovo passo. Attualmente devo tutto alla danza, compagna di vita che ne farà parte per sempre.

Il tuo idolo è Michael Jackson, perché? Cosa lo rende speciale ai tuoi occhi?
Perché è davvero un artista completo ed un uomo che ha creato stili e tendenze di assoluta innovazione e creatività. Un grande trascinatore e intrattenitore d'eccellenza.

Mentre tra i grandi danzatori del repertorio classico (di ieri o di oggi) a chi va la tua massima stima?
Sicuramente a Nureyev e a Baryšnikov ma anche a Daniil Simkin e a Roberto Bolle.

Com'è stato lavorare con il grande maestro Vittorio Biagi?
È stata una bella esperienza, sono riuscito ad apprendere molto dai suoi insegnamenti e dalla sua arte.

La capacità di gestire lo sforzo e la fatica quanto sono importanti nell'arte coreutica?
È molto importante proprio perché essendo un'arte pratica bisogna salvaguardare il nostro strumento di lavoro.

La tua danza è ricca anche di elementi acrobatici, a cosa devi questo linguaggio?
La mia danza è ricca anche di elementi acrobatici perché vedo la danza come "una e sola", quella fatta bene, spettacolare nei gesti atletici e penetrante nel concetto artistico e culturale.

L'umiltà, intesa come valore etico, a quale posto la poni nella scala delle priorità. Dote non sempre scontata negli artisti?
L'umiltà pone un artista nella condizione votata ad una crescita continua.

Il pubblico, gli applausi, gli autografi, la popolarità... che sensazioni ti trasmettono?
Belle sensazioni che riempiono il cuore, amo tutto questo come amo anche la solitudine in cui mi ritrovo spesso o la tristezza che a volte mi pervade.

Chi ha maggiormente creduto in te come artista?
Devo tutto ai miei genitori, mi hanno supportato sempre e sono i primi che hanno creduto in me, mia mamma è davvero una donna speciale, mio padre sembra all'apparenza un insensibile, ma ricordo bene le sue lacrime quando saltai dalla gioia per l'ammissione presso la Scuola di Ballo del Teatro alla Scala di Milano. Amo i miei genitori e gli devo completamente tutto!

La scelta di coreografare come è maturata? E a cosa ti ispiri per una nuova creazione?
Le coreografie nascono da uno stato d'animo che poi cresce e diventa danza. Nelle coreografie create da me, spesso è la musica il vettore principale per incanalare le mie emozioni che prendono forma. Amo coreografare, mettere il mio punto di vista, dire qualcosa o non dirlo ma sempre a modo mio, cambiando le regole o rispettandole, mi piace quella sensazione che mi sveglia la mattina e mi rende felice di vivere: "la ricerca".

Oggi conosciamo gli artisti tramite i social e i mezzi di comunicazione ma chi è realmente Valerio Moro nel suo quotidiano?
Sono realmente come appaio, un ragazzo che ama stare tra la gente, con il desiderio di crescere giorno dopo giorno e di vivere autentiche emozioni, lasciando nel cuore di chi mi incontra qualcosa d'importante.

Michele Olivieri

Ultima modifica il Martedì, 26 Novembre 2019 17:39

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