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INTERVISTA a MARIA PAIATO - di Nicola Arrigoni

Maria Paiato Maria Paiato

Se Madre coraggio è innamorata di Riccardo III
Maria Paiato racconta la vivandiera brechtiana e sogna il re shakespeariano
Intervista di Nicola Arrigoni

Ha appena ricevuto il premio Ubu come migliore attrice della stagione 2019/2020, per il ruolo del sindaco Peter Stockmann nel Nemico del popolo di Ibsen per la regia di Massimo Popolizio. L’anno scorso fu Maria Croce, la madonna contemporanea dello Stabat Mater di Antonio Tarantino. Per molti è e sarà sempre la toccante Maria Zanella, monologo di Po e follia Semplicemente è Maria Paiato, forse, anzi senza dubbio la più grande attrice del teatro italiano contemporaneo. Maria Paiato è un’attrice dal talento mostruoso, è un’attrice che trasforma le parole in carne e sudore, in voce e gestualità, in presenza scenica, nel contorcersi dello stomaco. L’occhio dello spettatore la guardi, la scruti, non perda un gesto, si chieda se quello che fa è reale e presente, è potente, se percepisce la fisicità di quel che fa e dice. La migliore Maria Paiato fa questo: ti prende a pugni, ti scuote, ti strattona e un attimo dopo ti commuove fino alle lacrime. Ora Maria Paiato è la vivandiera Anna Fierling in Madre coraggio e i suoi figli di Bertolt Brecht, nell’allestimento firmato da Paolo Coletta, prima di lei lo sono state Lina Volonghi, Piera Degli Esposti, Mariangela Melato e Isa Danieli…. Ora tocca a lei e questo sa di confermata consacrazione nell’empireo delle grandi. 
«Prima o poi il ruolo della vivandiera doveva capitarmi. Quando me l’hanno proposto, ho accettato molto volentieri e con un po’ di timore», racconta Maria Paiato.
Madre coraggio è uno dei grandi ruoli del teatro… Quando si pensa a Madre Coraggio vengono in mente alcune delle più grandi attrici italiana da Lina Volonghi, a Isa Danieli… e ora Maria Paiato.

Com’è la sua vivandiera?
«All’inizio sono stata tentata di guardare altre interpretazioni, ho visto qualcosa di Madre coraggio fatta da Isa Danieli, poi mi sono detta: è inutile, il personaggio deve scaturire da quello che sono io».

Un ruolo che si attendeva... perché?
«Le mie donne spesso e volentieri sono donne concrete, terrigne. La mia Anna Fierling è una donna con i piedi ben piantati per terra, concreta, implacabile. Inizialmente Paolo Coletta avrebbe voluto che io dessi a Madre Coraggio un’interpretazione senza coloriture, tutta ritmata. Ma è stato inevitabile dare alla vivandiera le coloriture del mio modo di recitare».

Cosa ne è uscito?
«Credo che la mia Madre coraggio sia una donna senza misura, ironica e irruente, vittima e carnefice al tempo stesso. Anna Fierling vive grazie alla guerra, ma a causa della guerra finisce col perdere uno, dopo l’altro i suoi figli. Ogni volta che ne perde uno, lei è intenta a definire affari, nel suo mestiere di vivandiera, nel mestiere di sopravvivere alla guerra o forse vivere proprio grazie alla guerra. La perdita di un figlio dopo l’altro si esprime in un momentaneo grido, strazio di dolore, ma poi Anna Fierling si ricompone e continua il suo viaggio, il suo commercio, con la determinazione della vita e della sopravvivenza sempre e malgrado tutto».

Il termine madre le si addice poco, sembra di capire.
«È una madre, molto poco madre, è una donna che parla per motti, che non conosce le sfumature. Anna Fierling è una madre che non sa essere madre, a tratti considera i suoi figli delle sorti di mangiatori di pane a tradimento, degli intralci, fatica addirittura a ricordarne i padri. Tutto ciò si esprime con secchezza, senza apparente pathos. Il modo di parlare di Anna Fierling dà il ritmo a tutto lo spettacolo».

In che senso dà il ritmo?
«Paolo Coletta ha recuperato testi e musiche di Paul Dessau e ha puntato tutto sulla natura incalzante del testo, una sorta di marcia della disperazione, marcia di guerra. La guerra è il contesto, meglio il contesto di un mondo che non c’è più. Il pubblico non ha tempo di annoiarsi, tutto accade con grande intensità e ritmo. Le scene sono scandite da una voce fuoricampo che abita il buio, illuminato solo da un grande occhio rosso che vigila su tutto e tutti».

Quale è il pensiero registico che caratterizza questa Madre coraggio?
«Lo spazio è uno spazio vuoto. Il carro di Anna Fierling non c’è, dobbiamo immaginarcelo. Ci sono elementi di plastica. Lo spazio scenico è abitato da noi attori. L’elemento plastico è un riferimento alla contemporaneità».

Ovvero?
«Il mondo di Madre coraggio e i suoi figli è un mondo in guerra, la guerra per Coletta non è solo quella degli uomini contro gli uomini, ma anche dell’uomo contro l’ambiente in cui vive. L’impressione è quella di muoverci in una sorta di landa desolata, in cui lo spirito della sopravvivenza è il motore primo di un andare avanti malgrado tutto, malgrado la guerra, malgrado la morte che è ovunque».

Anna Fierling è un ruolo duro, poco femminile. Per un ruolo maschile ha vinto l’Ubu 2019 col sindaco del Nemico del popolo
«Una grande soddisfazione, riprenderemo Il nemico del popolo a marzo, io adoro recitare con Massimo Popolizio».

Ma a confermare la sua vocazione a ruoli scomodi nella cerimonia di premiazione degli Ubu ha recitato il monologo del Riccardo III dei Shakespeare… Un prossimo ruolo?
«Diciamo che uno dei miei sogni è proprio quello di interpretare Riccardo III, devo trovare ancora il regista che accetti questa sfida… ma sono fiduciosa». 

Ultima modifica il Venerdì, 10 Gennaio 2020 13:24

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