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INTERVISTA a PIERGIORGIO PICCOLI - di Francesco Bettin

Piergiorgio Piccoli. Foto Fabio Mattiolo Piergiorgio Piccoli. Foto Fabio Mattiolo

Attore, regista, formatore teatrale, e direttore artistico di Theama Teatro, a Vicenza, Piergiorgio Piccoli lavora nell’ambiente teatrale da una vita. Moltissime le collaborazioni (con ad esempio, Calindri, De Bosio, De Francovich, Pagliai, Foà), le interpretazioni e le regie, le produzioni, svolte sempre con grande amore per il palcoscenico. Giovedì 25 novembre dirige sempre a Vicenza, “La Vespa” , di Morgan Lloyd Malcolm, con Guenda Goria e Miriam Galanti, proprio nella Giornata Internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne. Un’altra prova, un’altra sfida, spessissimo fatta assieme ai soci di formazione fissa di Theama, Anna Zago, Aristide Genovese, Ester Mannato. Perché Theama Teatro è un progetto coltivato da vent’anni e sempre in evoluzione, in aggiornamento. Piccoli è anche protagonista e interprete di alcuni film, come “Oscar” di Dennis Dellai, “La val che urla” e “Malacarne”, di Lucia Zanettin, quest’ultimo di prossima uscita.

Che significato ha una messa in scena come questa nella ricorrenza della Giornata Internazionale contro la violenza sulle donne?
La violenza in generale, fisica, psicologica, mascherata, è al centro di questo lavoro. La mia speranza è che si possa riflettere su come il silenzio, il sottacere per anni i propri turbamenti, danneggi irrimediabilmente il corretto sviluppo delle relazioni ed alla crescita personale, rendendo le persone, ed in particolare le donne, anime espropriate della loro identità. A volte i traumi che restano celati volontariamente all’interno della nostra mente, per paura, pudore, frustrazione, possono degenerare in patologi gravissime. La violenza può diventare la voce urlata per esprimere un disagio troppo forte da gestire nella quotidianità, e la donna è (per la maggior parte dei casi) la vittima designata per manipolazioni e prevaricazioni violente.

Ci parli un po’ di questa “Vespa” ,che ha debuttato a Todi Festival lo scorso 31 agosto?
Era da tempo che cercavo un testo al femminile per due attrici che trattasse del problema della violenza, che non fosse banale o già visto. Grazie allo stimolo di Guenda Goria per la messa in scena di una piccola produzione al Festival di Todi, mi sono attivato per la lettura di quanti più testi possibili, che prevedessero due figure femminili di pari dignità. Ho trovato alcuni scritti di grande pregio ma tecnicamente di difficile realizzazione, soprattutto in tempi così stretti, poi altre opere che non erano assolutamente di mio gusto, infine questo “THE WASP” non tradotto, che dalla prima lettura dall’inglese mi è parso nuovo, intelligente e provocatorio in modo istintivo e non solo concettuale, come piace a me. I ruoli per le due attrici in campo erano plausibili e quando poi ho scoperto che l’autrice Morgan Lloyd Malcolm sta avendo grande successo all’estero ma non è mai stata rappresentata in Italia ho capito che ero sulla strada giusta.  

Puoi dare qualche suggerimento agli spettatori per lo spettacolo? O è meglio che si lascino coinvolgere da ciò che succede in scena?
L’unica indicazione che mi sento di dare è di seguire bene il racconto durante la prima parte, che è doverosamente statica (la storia e il dialogo si sviluppano al tavolino di un bar), poi arrivano ad una a duna le risposte, lo svelamento dei segreti, in un crescendo emotivo che è la vera forza dello spettacolo. Non dimentichiamo poi che si tratta di un thriller e il lavoro si fa guardare, mi auguro, con naturale curiosità.

Le due protagoniste si confrontano duramente... Questo testo rappresenta una certa realtà, sempre più cruda.
Ormai si dice che la realtà, supera la fantasia, soprattutto nella degenerazione dei rapporti umani e delle relazioni affettive. In questo testo c’è una struttura di base fantasiosa, che a volte pare improbabile, ma che poi ci conferma energicamente quanto la realtà a volte possa essere talmente dolorosa da generare esiti imprevedibili ma credibili. L’uomo, nel dolore, può commettere azioni innaturali fino al paradosso.

ll progetto Theama Teatro da una ventina d'anni funziona ed è regolarmente attivo, lungimirante. Qualche segreto?
Nessun segreto, solo volersi bene, in barba alle differenze caratteriali, agli obiettivi personali, ai fallimenti ed alla fatica. Vogliamo credere in qualcosa che, per un motivo ignoto e non per forza artistico, ci ha unito e ci porta ad arrivare fino in fondo alla strada intrapresa, fosse anche per arrivare in un luogo dove ci viene imposto il silenzio.

Attore, regista di prosa e d'opera, attivo anche nel cinema...ma Piergiorgio Piccoli non si stanca mai?
Quando avevo dai trenta ai quarant’anni, ai corsi di formazione aziendale, mi chiamavano l’uomo senza sonno, perché restavo a lavorare anche di notte con chi era disponibile a seguirmi. Oggi, che di anni ne ho più di sessanta, perdo qualche colpo e posso dire che a volte mi stanco molto, anche perché le mie giornate hanno uno sviluppo ondivago e disordinato negli orari e si protraggono ancora fino a tarda sera per i corsi di teatro. Finché c’è l’entusiasmo che genera adrenalina molte imprese apparentemente complesse diventano realizzabili, ma quando perderò quella “molla” cercherò di ridimensionarmi, prendendo in considerazione di fare solo le scelte giuste dopo un’attenta selezione.

C’è qualcosa che manca al teatro al giorno d'oggi? Vedi qualcosa da integrare?
Preferirei non rispondere, ma esprimo un pensiero generale. Già in molti si stanno ponendo questo problema e credo che senza una voce comune rischiamo di restare alle solite lamentele sterili, alle grandi idee buttate al vento o all’oliare meccanismi che continuano a creare privilegi per pochi. Il teatro serve: è un modo ancora efficacissimo per divulgare argomenti culturali, creare condizioni di benessere personale, di stimolo alla curiosità, di approfondimento della storia, delle grandi e piccole biografie e dell’importanza della tradizione. Il teatro diffonde pensieri filosofici ma anche divertiti, la voglia di uno svago sano e attuale, ed aiuta infine a recepire i problemi sociali non restando solo in superficie. L’attenzione per il teatro è giusta, perciò si deve fare ancora di meglio.

Sarai anche nelle sale prossimamente in “Malacarne”, di Lucia Zanettin, con cui hai girato anche “La Val che urla”. Meglio cinema o teatro? Dove ti trovi più a tuo agio? Sono due cose diverse?
Si, ma non del tutto. Questione di sfumature. Recitare davanti alla videocamera è divertente tanto quanto fare teatro, forse più riposante da alcuni punti di vista, più noioso da altri. A volte, se giri in montagna, anche faticoso. Il teatro brucia con te mentre lo fai, il cinema ti lascia fermo mentre invecchi. La scelta di fare qualcosa anche per il cinema è stata un’esigenza di cambiamento, perché la curiosità nella vita ti porta a tuffarti in esperienze non consuete. Amo il teatro come il cinema, fin da ragazzo, e non aver collaudato in vita anche questo mezzo per raccontare storie mi sarebbe sembrata una privazione. Non ho ambizioni ormai in questo campo, ma ringrazio Lucia, e coloro con cui ho lavorato prima di lei, per avermi fatto osservare anche questo pezzo di mondo.

Ci vuoi parlare di questo ruolo nel nuovo film di Zanettin?
Sono un padre ossessionato dalla scomparsa del figlio, con grandi sensi di colpa ed una ferrea tenacia nel volerlo ritrovare.

Possiamo dire, come alcuni tuoi colleghi affermano, che fai il lavoro più bello del mondo? 
Probabilmente no. Potrebbe forse esserlo ma l’ambiente dei teatranti, e degli artisti in genere, è un po’ complicato. Ma affermo con certezza che capita spesso che nascano sodalizi, amicizie, idee, racconti, approfondimenti e progetti meravigliosi quanto indimenticabili.

Un ruolo che ti manca e che vorresti dirigere o interpretare?
Non mi sono mai preoccupato di concentrarmi su me stesso. Ho sempre concepito la mia attività teatrale come un lavoro di gruppo, ed è sul gruppo che mi sono concentrato. Ma, come si può immaginare, i gruppi sono destinati naturalmente a sfaldarsi, e prestare ogni tanto un minimo di attenzione per i propri desideri o per la sperimentazione di qualcosa di nuovo sul palco non fa certo male a chi fa questo mestiere. Trasferire la disciplina del gruppo a quella del singolo è un esercizio doveroso, quindi credo che, per la prima volta in vita mia, mi dedicherò ad un monologo, agrodolce s’intende.

Tornando a “La Vespa” qui dirigi due giovani attrici, Guenda Goria e Miriam Galanti.
Guenda la conosco da anni ed è una ragazza meravigliosa, un’attrice talentuosa e dotata, oltre che brava musicista; si diverte anche a giocare con la gente e a creare storie pubbliche, che hanno un fondo teatrale e divertito. Miriam è stata una scoperta: meticolosa, duttile, ostinata e con una grande predisposizione per la crescita professionale. Due persone con cui è un piacere lavorare, ma anche passare del tempo chiacchierando.

Una volta terminato tutto, quando va a casa, com'è Piergiorgio Piccoli nel privato?
E chi riesce più a distinguere il lavoro dal privato? Cerco di essere me stesso in entrambe le “zone”, sia nel lato divertente e amabile, sia in quello che a volte mi fa diventare difficile da sopportare.

Francesco Bettin

Ultima modifica il Giovedì, 09 Dicembre 2021 18:20

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