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INTERVISTA a MANUELA VENTURA - di Sara Morandi

Manuela Ventura Manuela Ventura

Baccanti di Euripide per la regia di Laura Sicignano: intervista all’attrice Manuela Ventura
 
Un’opera misteriosa e rivoluzionaria attorno al rito arcaico della distruzione e della rinascita: le Baccanti di Euripide rilette dalla regista Laura Sicignano nello spettacolo prodotto dal Teatro Stabile di Catania in tournée in tutta Italia fino alla metà di marzo, in cui Manuela Ventura interpreta il dio mutevole e sovversivo, Dioniso.  Un progetto artistico con cui Sicignano prosegue il percorso di ricerca iniziato nel 2019 con Antigone e dedicato al tema femminile come elemento di eversione nella tragedia classica. Lo spazio è quello di un museo infestato da presenze malefiche, forse è la traduzione della mente di Penteo, interpretato da Aldo Ottobrino, uno spazio geometrico e razionale, ma minacciato da muffe e infiltrazioni, inquietudini e desideri violentemente repressi. Qui si manifestano apparizioni e scomparse di sogni e di inconfessabili desideri, in un circo demoniaco, dove regnano metamorfosi e travestimento. Su musica elettronica, le donne corrono con i lupi: streghe e femmine folli di Dioniso, le Baccanti - in scena Egle Doria, Lydia Giordano, Silvia Napoletano - sono un piccolo esercito impeccabile di principesse inservienti - pronte a danzare e a sbranare, sfuggono allo stereotipo dello sguardo maschile e sono libere. 
 
Cara Manuela, grazie infinite per la Sua disponibilità e benvenuta su "Sipario": che cosa ci può dire riguardo alla difficile e delicata situazione sul COVID, che riguarda il teatro e tutto il mondo artistico? 
Grazie a voi, innanzitutto, è un vero piacere. Ci troviamo ancora in una fase delicata e difficile, in Italia, nel mondo, coinvolti tutte e tutti inevitabilmente dall’emergenza sanitaria pandemica.  
Ancora una volta avvertiamo le ricadute sulle nostre dinamiche sociali e di conseguenza su ciò che riguarda lo spettacolo dal vivo. Come la musica o la danza, così il teatro è una forma artistica che trova la sua ragion d'essere nella presenza, il teatro è una questione di relazione, di collettività. Sale svuotate, eventi annullati, incertezza sul futuro. Ancora oggi.   
Questo settore è stato colpito duramente, proprio travolto, tanto da determinare la chiusura definitiva di spazi storici, festival, tournée.  Questa crisi ha messo a nudo fragilità strutturali, ha fatto emergere le disparità, l’inadeguatezza normativa e delle misure di sostegno. Ma la ricaduta non è solo “nel nostro mondo”, i riverberi si percepiscono nella collettività.   
I settori culturali e creativi sono composti soprattutto da microimprese, organizzazioni no profit, associazioni indipendenti, creativi professionisti che spesso operano in maniera autonoma cercando una propria sostenibilità finanziaria. Queste le realtà più colpite, proprio quelle che rappresentano la linfa profonda all’interno della società, quei piccoli e medi presidi culturali che intercettano il territorio, che fanno ricerca, stimolano i quartieri. Tali realtà, insieme alle istituzioni culturali pubbliche e private, e tutte e tutti coloro che ci lavorano, nella parte artistica, progettuale e tecnica, creano un ecosistema culturale, generano beni e servizi creativi, stimolano la partecipazione culturale che di per sé ha un impatto sociale importante e un riscontro significativo anche sull’intera economia.  
Purtroppo, la diminuzione di interventi e investimenti per l’arte e soprattutto per lo spettacolo dal vivo genera un impatto sfavorevole sia per posti di lavoro e reddito, sia per lo sviluppo, la ricerca, l’innovazione del settore, ma anche, e fortemente, per le dinamiche sociali, la vivacità e la diversità delle comunità, la libertà dei pensieri e delle relazioni.  
Ciò nonostante, questo nostro mondo ha mostrato ancora una volta la volontà di andare avanti, un esempio di vera resistenza in alcuni casi, la forza di pensare a prospettive future. Pur con il cuore dolente, i timori, il rischio altissimo, si è cercato di non fermarsi, facendo piccoli passi, ripartendo da dinamiche più essenziali, difendendo il nostro ruolo nella società come lavoratrici e lavoratori, cercando di pensare ad un futuro più equo, modificando le necessità in punti di forza, guardando più lucidamente al passato per cercare di non ricadere in certe logiche. Non è facile, certo, e non è detto che tutto riesca, ma si avverte maggiormente un senso di responsabilità e di cura e di attenzione. Almeno per poterci dire, quanto più autenticamente, la verità su ciò che sarà.    
  
Parliamo anche di cose belle, in questo caso, finalmente di teatro.  Ci parli del Vs. spettacolo dal titolo "Baccanti di Euripide" per la regia di Laura Sicignano che sarà al Teatro Stabile di Catania dal 11 al 23 gennaio per poi proseguire in tour in tutta Italia. 
Intanto ripartire col teatro, in questo tempo incerto, con un testo che è un richiamo proprio alla forza del teatro, sembra proprio una bella coincidenza.  
Baccanti è la celebrazione della forza vitale, citando le note della regista Laura Sicignano, che cura traduzione e adattamento del testo, con Alessandra Vannucci.  Questa tragedia è complessa, misteriosa e con una forza ribelle al suo interno. Ci addentriamo nel mythos, nella parola, in un racconto che ha viaggiato secoli e oggi, in questa versione, si propone con un nuovo linguaggio, rappresentato scenicamente come una stanza infestata da presenze , concrete ed evanescenti insieme , ombre , illusioni visive, con le luci curate da Gaetano La Mela, dove irrompe una forza inquieta , con una essenza androgina e dirompente, Dioniso, che non arriva da solo ma con un seguito di donne dalla potenza imprevedibile, che compiono riti indicibili. È un’irruzione che disordina la normalità. Scuote la reggia del re Penteo, scuote la sua mente, la parte razionale e virile, giocando a dadi e ruotando, come con una trottola, gli eventi. Un mondo in cui tutti sembrano legati da un filo invisibile, scossi da forze sconcertanti come per Agave, attratti, come il messaggero visionario, tutti in preda ad una saggia follia, come Cadmo e Tiresia. Il mondo sonoro, con musiche elettroniche e dal vivo, respira e vive con la scena allargando la percezione.  Lo spazio della precisione e del razionale subisce una sfida, viene rimescolato e squassato, fino a soccombere in un vortice inarrestabile, danza furiosa, divoratrice. Dioniso tardi è stato riconosciuto, avremmo potuto essere tutti e tutte felici?  
Dioniso e Penteo, due opposti che però si rispecchiano, un richiamo che attrae e respinge. Un re e un dio non dell’Olimpo ma semi-mortale.   
Il potere, le regole, la morale, il qui comando io, i dettami, i desideri e le sensibilità represse e di fronte lo slancio, l’impulso, il rischio, il femminile, la potenza, la diversità, lo straniero, discordante, sovversivo, cangiante, bambino e toro, fringuello e ragazza. Ma non c’è una fine, un vincitore, bensì forse l’incitamento a liberarsi dai vincoli della normalità, che impediscono una visione autentica dell’essere se stessi, il bisogno di una rigenerazione, di un nuovo inizio.  
Da attrice, inoltre, dico anche quanto intrigante e intenso sia stato per me questo lavoro e quanto ancora lo sarà durante le repliche. Ascoltare le direzioni di regia per dare concretezza e poesia a questa figura divina, osservare le compagne e i compagni, creare complicità in questo gioco magico, scavare nelle parole di un dio che guizza e si trasforma, che accarezza e distrugge, lavorare col corpo scattoso e flessuoso, grande e capriccioso. Sempre in continua ricerca, perché non si arriva mai ad un punto definitivo soprattutto quando si ha a che fare con una materia così vasta e potente.
Abbiamo iniziato a lavorare allo spettacolo poco prima che scoppiasse la pandemia e proprio per questo motivo vennero interrotte le prove, poi abbiamo ripreso e finalmente ora è arrivato il debutto. Non so, ho pensato che, in parte, è come se lo spettacolo avesse captato questo tempo nel quale è nato. L’umanità è stata ed è scossa da un evento dalle dimensioni immani, un virus che si insinua, valica confini, scuote le nostre abitudini.  
La comparsa di Dioniso è essa stessa un'invasione, viaggia dal Tibet alla Persia, attraversa l’Asia minore e maggiore, per approdare anche a Tebe, agita anime e corpi, rivoluziona le abitudini, pare impossibile resistergli. Il suo avvento potrebbe dirsi dunque un’epidemia divina.  
  
Perché il pubblico dovrebbe venire a vedere il Vs. spettacolo? Un invito speciale? 
Gli spettatori, invitiamo. Coloro che del rito del teatro posseggono la parte del theaomai, vedono e rivelano. Non possiamo fare teatro senza questo specchio, senza i loro occhi, cuori e corpi.  
Abbiamo bisogno di questo scambio reciproco, questa sì che sarebbe una forma di contaminazione sana.  
Oggi più che mai c’è bisogno che gli spettatori pratichino la loro arte, che prendano posto, che siano partecipi, che ci facciano sentire questa presenza, che frequentino luoghi del tempo profondo, teatri, concerti, cinema, che scelgano di andare per ascoltare e condividere.  
Baccanti coinvolge una meravigliosa compagnia (con, in ordine di apparizione Dioniso: Manuela Ventura, Baccanti: Egle Doria, Lydia Giordano, Silvia Napoletano, Agave: Alessandra Fazzino, Tiresia Antonio Alveario, Cadmo: Franco Mirabella, Penteo: Aldo Ottobrino, Messaggero: Silvio Laviano), piena di talento e passione, nella sua parte artistica e tecnica, un impegno creativo e produttivo di qualità, una scommessa di un teatro stabile siciliano, quello di Catania, che ritorna in tournée nazionale, con tappe in tante città nelle quali ci auguriamo di assistere a quello che il teatro è, un incontro. Andare a teatro come scelta, come libertà. 

Sara Morandi

Ultima modifica il Sabato, 08 Gennaio 2022 12:46

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