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INTERVISTA a ANDREA CHIODI - di Pierluigi Pietricola

Andrea Chiodi Andrea Chiodi

Andrea Chiodi è un vero vulcano. Un entusiasta che non si ferma, ama le sfide, cambiare forma e osare sempre. Solo una persona così poteva creare e dirigere un Festival come Tra Sacro e Sacro Monte, che quest’anno torna con un programma interessante e stimolante sotto molti punti di vista.
Lo abbiamo raggiunto per farci raccontare un po’ come sarà l’edizione 2022 e anche per sentire, dal Chiodi regista, una sua opinione sulla situazione del teatro in Italia di questi ultimi anni.

Andrea, sei emozionato di riprendere il Festival Tra Sacro e Sacro Monte dopo due anni di fermo?
Sono felicissimo. Non ci siamo mai fermati. Nel 2020 abbiamo valorizzato soprattutto le compagnie del territorio per aiutarle. L’anno scorso siamo ripartiti un po’ di più. Ma quest’anno il pubblico ha proprio voglia di venire e di seguire.

Su quali aspetti ti concentri di più lavorando al Festival?
Ho sempre cercato di lavorare su due fronti: il rispetto del luogo su cui siamo, il Sacromonte di Varese; e poi permettere a degli artisti di affrontare testi che nei grandi circuiti è difficile. Federica Rosellini ha fatto uno studio su Ildegarda da Bingen. E portarlo in scena qui è possibile. Anche con Popolizio vale la stessa cosa per il suo Pasolini. E poi aprire con Recalcati per me è qualcosa di stupendo.

Guardando il programma del festival che dirigi, si vede un coraggio nella scelta degli spettacoli difficile da riscontrare in tante altre realtà, anche se non tutte. Perché secondo te manca questo coraggio di percorrere strade diverse, più alternative, meno comode di sicuro ma molto più interessanti?
Non so bene perché. Secondo me manca un po’ la curiosità e l’apertura per cose diverse che un direttore immediatamente farebbe. Occorre essere aperti a novità che normalmente non si farebbero. E bisogna anche essere visionari. A volte non si fa per paura del pubblico. A me interessano le grandi storie. Per pochi o per tanti, non importa.

Quali caratteristiche deve avere, per te, una storia per essere raccontata?
Secondo me una storia deve parlare a tutti, avere un cuore sincero e autentico. E partire da un’esigenza personale dell’artista che la mette in scena. E a quel punto è vera e riguarda tutti.

Ti ricordi come è iniziata l’avventura di Sacro Monte?
Il Sacro Monte è iniziato con la lettura integrale del Vangelo secondo Matteo di Lucilla Morlacchi. Non si mosse nessuno. 

E tu?
Io avevo il terrore. E invece rimasero tutti.

In questi anni, pensi di essere cambiato come organizzatore, come attitudine nel lavoro?
Rispetto al Festival non mi sento tanto cambiato, ma è cambiato il Festival adesso. Nel senso che ora sono gli artisti a voler venire e non io a chiamarli. Io non credo di essere cambiato tanto.

Ti è mai venuta voglia di smettere?
Ogni tanto mi viene la voglia di smettere perché Varese è una città molto complicata. E lo diventa soprattutto quando le istituzioni non si mettono in gioco. E non sostengono questo tipo di iniziative. Poi mi ritraggo un po’ quando ci sono dei colleghi che pensano sia una cosa di chiesa perché parli di San Francesco a Sacromonte. In genere cerco di fuggire, mentalmente e non solo, dai luoghi comuni sia sotto il profilo operativo che intellettuale.

Facendo l’organizzatore, il tuo lavoro da regista è cambiato? Cosa ti sei portato come organizzatore nella tua professione da regista e viceversa?
Mi porto di più tutti e due gli aspetti. Ormai i registi della mia generazione debbono fare i conti con le produzioni e bisogna tenere sott’occhio anche l’aspetto organizzativo. 

Che ne pensi della regia teatrale di questi anni?
La regia teatrale secondo me ha un desiderio di riappropriarsi di testi classici con la voglia di rileggerli e rispettarli. Ma io ho il desiderio di lavorare con i drammaturghi contemporanei. Anche se traducono testi classici. Oggi si deve tenere conto del pubblico e non fare spettacoli solo per gli addetti ai lavori.

Come ti trovi a lavorare con i teatri stabili?
Mi trovo bene a lavorare con loro. Ho avuto porte aperte a Roma con il Vascello, il Parioli, il Quirino. A Milano con il Franco Parenti e il Carcano. A Padova in questo momento, col Teatro Stabile del Veneto, sto facendo un grande lavoro con gli Innamorati.

Prossimi progetti?
Riprenderò la tournée con Il sogno di una notte di mezza estate a Ottobre. Poi The Children con Elisabetta Pozzi

Pierluigi Pietricola

Ultima modifica il Giovedì, 14 Luglio 2022 08:57

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