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INTERVISTA A DADA MASILO
 - di Michele Olivieri

Dada Masilo. Foto Leroy Mapholo Dada Masilo. Foto Leroy Mapholo

Dada Masilo, danzatrice e coreografa, è nata e cresciuta a Johannesburg, in Sudafrica. Ha iniziato il suo percorso di formazione presso “The Dance Factory” all’età di undici anni. Dopo essersi certificata alla “National School of the Arts”, si è formata per un anno alla “Jazzart” di Cape Town, poi all’età di diciannove anni è stata ammessa come allieva presso il “Performing Arts Research and Training Studios” a Bruxelles, dove è rimasta per due anni. Rientrata in Sudafrica, nel 2008 ha ricevuto il prestigioso “Standard Bank Young Artist Award for Dance”. Tre commissioni del “National Arts Festival” le hanno permesso di creare “Romeo and Juliet” (2008), “Carmen” (2009) e “Swan Lake” (2010). Dal 2012, le sue opere sono state al centro di una lunga tournée internazionale. Nel 2016, ha messo in scena ed eseguito il suo “Lago dei cigni” a Ottawa, Montreal e Hannover, chiudendo la tournée con sei spettacoli al The Joyce Theatre di New York. Nel maggio 2017, ha presentato in anteprima la sua “Giselle” alla Dansenshus di Oslo. Dada Masilo ha anche collaborato con William Kentridge ed è andata in scena a Parigi, Amsterdam, Berlino, Atene, Roma, New York, San Francisco, Los Angeles, Perth, Avignone e Vienna con “Refuse The Hour”. Nelle sue coreografie si esibisce insieme ad alcuni dei migliori artisti di danza del Sud Africa, selezionati attraverso specifiche audizioni. Dada Masilo è nota per le interpretazioni uniche ed innovative dei balletti classici. Formatasi nella disciplina accademica e nella danza contemporanea, la Masilo fonde queste tecniche con passi di danza africana per creare uno stile particolare ed unico. Il suo ultimo spettacolo in andato in scena in prima europea nel 2020, con gli artisti di “The Dance Factory”, è stato ispirato dalla “Sagra della Primavera” di Stravisnky e porta il titolo “The Sacrifice”.

Carissima Dada, quali sono i tuoi primi ricordi di danza?
Ho iniziato a ballare all’età di undici anni a Johannesburg, sulle canzoni di Michael Jackson, per divertimento, per stare lontano dalla strada e rimanere occupata. All’età di dodici anni ho invece cominciato a studiare seriamente danza contemporanea e la disciplina classica.  

La tua ricerca per la messa in scena su cosa si focalizza durante la creazione?
La ragione per cui creo è perché realizzo o semplicemente reagisco a come mi sento. Quindi vado in studio e improvviso in ragione del personale stato d’animo. La danza è il mio linguaggio verbale, parlo danza, parlo molte altre lingue ma sempre per tradurre in realtà i movimenti. Questo è quello che uso, questa è la mia base di partenza.

Come è avvenuta la folgorazione nello scegliere la danza come professione?
Quello che mi spinge da sempre a danzare è il palcoscenico, amo il teatro, amo l’atto della performance, mi appassiona... è ciò che desidero fare! Penso sia una di quelle cose che funziona così: “il palco mi ha scelta e io ho scelto il palco!”.

Sei celebre per aver riscritto alcuni classici della storia della danza. Cosa ti affascina maggiormente in tali innovazioni?
Il mio lavoro è raccontare storie, sviluppare la narrativa, ed essere sicura che nessun spettatore rimanga confuso mentre assiste ad un mio spettacolo. Capita spesso di vedere lavori che risultano perlopiù confusi, tanto da domandarsi: “cosa sto guardando?” Questa è la ragione per cui lavoro con i classici, perché c’è sempre una chiara narrazione da esporre.

Come imposti il rapporto autore-interprete nelle tue rivisitazioni?
Tutto parte da come come io sono, incorporo gli storici personaggi dei grandi classici nella mia vita. Questo è quello che faccio, ed è molto importante per il mio “sentire”. Fare coreografia è un fenomeno introspettivo, una sorta di viaggio dentro me stessa e la mia quotidianità.

Di base quali temi fondamentali trattano le tue creazioni?
Desidero sempre esporre i problemi del mondo: stupri, violenze di genere, omofobia, discriminazioni... e quando hai questi concetti da spiegare devi fare in modo che si capiscano nitidamente, è molto importante! 

Tra tutte le esperienze vissute quali consideri fondamentali per definire il tuo stile coreografico?
Nel mio  lavoro c’è molta fusione, ci vuole parecchio lavoro, perché ho dovuto imparare differenti stili di danza, e questa conoscenza di nuove forme è una parte significativa che viene riflessa nelle mie creazioni. Personalmente mi considero sempre una dilettante.

Che valore dai alla musica nella creazione?
La musica è una parte rilevante delle mie creazioni. Secondo me: musica, natura e spettatori sono gli aspetti essenziali. Amo la musica, ne ascolto di tanti tipi e generi. Noi in Sudafrica abbiamo una forte cultura musicale, e da essa c’è tanto da imparare.

Cosa significa fare ricerca nella danza contemporanea?
Sono costantemente una studente in ogni cosa che faccio, perché sento la necessità di continuare a ricercare, e ad apprendere argomenti inediti. Non devo mai sentirmi arrivata, o come se avessi già imparato tutto.

Come scegli i danzatori per la tua compagnia?
Amo i danzatori appassionati, coloro che godono di una forte presenza. La tecnica è considerevole, ma penso e dico sempre a loro: “quando siete sul palco siete lì con tutti voi stessi, siete ‘visti’, e penso che questo sia straordinario”. 

A cosa dai maggiore importanza nell’insegnamento?
Amo insegnare, ho iniziato a sedici anni circa. Mi piace farlo perché l’insegnamento è condivisione, istruire gli altri è un modo di tramandare quello che ho appreso in anni di studio. È un comportamento per “scaricare” l’intero mio bagaglio, ed anche per ricordarlo “passo dopo passo”.

Nella tua carriera hai creato numerose coreografie speciali, quale non vorresti mai che uscisse dal tuo repertorio?
Tutti i lavori sono speciali a loro modo. Non posso paragonare le mie creazioni l’una all’altra, oppure dire “amo più questa a quella”, perché ognuna è stata concepita in un momento particolare, per una ragione specifica in un dato istante della mia vita. Sono stati tutti lavori ideati per una ragione “speciale”! 

Fino ad oggi, cosa ti ha donato in senso lato la danza?
Amo il mio lavoro, sono appassionata, credo che questo sia il mio cammino, e la mia chiamata alla vita. La danza stessa è vita! Questo è quello che mi piace fare, questo è quello che continuerò a fare.

Michele Olivieri

Ultima modifica il Sabato, 26 Novembre 2022 10:27

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