mercoledì, 26 marzo, 2025
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INTERVISTA A GIORGIA GUERRA - di Federica Fanizza

Giorgia Guerra. Foto Leila Leam Giorgia Guerra. Foto Leila Leam

Esiste una generazione di registe liriche che stanno operando tra Italia ed estero. Giorgia Guerra è attiva da più di un decennio sulla scena lirica internazionale, cresciuta nell’ambiente teatrale con il padre impresario lirico, ha avuto l’opportunità, dopo aver concluso la laurea in Lettere e Filosofia, di specializzarsi in gestione culturale/artistica e regia lirica presso la Verona Opera Academy.

E’ attiva in Italia con allestimenti tra Piacenza, Verona, Palermo e molto all’estero specie in Spagna.

A febbraio sarà la regista del Romeo et Juliette di Charles Gounod al San Carlo di Napoli. Una sfida o il riconoscimento per proprio lavoro?
E’ giunto quasi inaspettato anche se è una mia produzione con il prestigioso Opera di Oviedo assieme all’ ABAO di Bilbao, ma più che altro è una ulteriore conferma del tipo di lavoro che uno svolge con professionalità e di una maturità artistica

Forse una domanda scontata anche troppo: le donne registe nel teatro d’opera si contano sulle dita di una mano. Del resto anche nel teatro di prosa si sconta questo deficit. Riesci a darti una spiegazione? Ci sono ostacoli o è solo una questione di scelta professionale e percorso di studi?
Non direi di fare un discorso di genere, solo facciamo poco rumore se pensiamo a registe come Emma Dante, Rosetta Cucchi che lavorano anche all’estero. Certamente esiste una differenza di metodo tra Spagna e l’Italia, là ti offrono opportunità e si fidano della professionalità spesso con lavori anche da dietro le quinte di formazione per poi arrivare alla produzione. Certo ci sono tanti nomi di registe straniere che emergono pensiamo solo alla Valentina Carrasco, argentina, ma attiva in Italia, e la svizzera Nicola Raab anche lei con esperienze italiane. Qui in Italia la differenza è marcata perché ci sono poche professioniste donne a gestire il palcoscenico. Doveroso citare Silvia Paoli, Stefania Panighini e Marta Eguilior, emergente regista di origina argentina attiva in Europa, per il loro impegno tra formazione e messinscena

Che cosa porta in più l’occhio femminile in una regia di uno spettacolo complesso come l’opera lirica?
Mettere a fuoco i personaggi femminili, ossia l’opportunità di far emergere l’aspetto dei personaggi femminili dal punto di vista di una donna. Esiste una estetica di contrasto nelle trame d’opero l’esempio più eclatante patria e amore, rivederli con altra sensibilità in modo anche da far vedere altro anche nel personaggio maschile. E’ questo alla fine il rapporto tra Romeo e Giulietta tra una ragazza decisa e un ragazzo di sensibilità estrema che viene analizzato dal punti di vista di oggi come un rapporto consapevole tra giovani.

Cosa dobbiamo aspettarci da questo Romeo e Juliette con la musica di Gounod?
Abbassare la tensione emotiva di una trama che conosciamo già, di dimenticarsi del caos che ci circonda. La musica di Gounod ci racconta tutto: è vendicativa, passionale, amorosa, soffriamo nel finale, ma conosciamo il mito dei due amanti che ci racconta ancora. Lo tratto con oggettività e attualità, ma senza attualizzarlo. Anche se inserisco proiezione, queste sono a carattere narrativo e non didascalico, che suggeriscono alcuni passaggi musicali come dei fondali che si animano ma non invasivi. Fisicamente ambientato senza un tempo preciso è un mito che vive negli anni, ma in scena incombe un elemento fisso, un monolite (la famiglia che incombe peso e presenza). Comunque si vuol rappresentare come i giovani riescono a giocare con l’amore belli e innamorati. Ma i costumi sono d’epoca: a teatro si sogna. Importante è anche dare un senso di movimentazione in palco, tra scene di massa e scene individuali come la scena del duello tra Romeo e Tebaldo come momento centrale di tutta la vicenda. E dall’altra parte creare un momento di pura intimità nel duetto del 4° atto dei due amanti in camera.

Quali percorsi formativi sono attivi per diventare regista d’opera?
Sono la persona meno adatta a rispondere in quanto provengo da una famiglia di impresari nella lirica e quindi esco già “attrezzata”. Come formazione sono laureata in lettere e ho seguito i corsi del VAO Verona Academy Opera, che si dimostra un buon trampolino di lancio nell’ambiente della lirica. Per 10 anno ho fatto assistente alla regia e frequentando anche l’accademia attoriale che mi ha permesso di lavorare al meglio sulla corporalità. Altre realtà formative? Genova con la sua Opera Studio incentrata proprio sul lavoro corporeo perché l’arte scenica è fondamentale per lo spettacolo d’opera.

E altri progetti in vista?
Per scaramanzia non ne parlo finché non firmo, ma c’è sempre Oviedo.

Federica Fanizza

Ultima modifica il Martedì, 25 Febbraio 2025 07:11

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