lunedì, 14 luglio, 2025
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INTERVISTA A VALERIO FERRARI - di Valeria Patera

Valerio Ferrari Valerio Ferrari

DECLINARE AL FUTURO LO SPAZIO DEL TEATRO    
Dialogo con Valerio Ferrari, architetto visionario che scommette su una  ridefinizione  dello spazio scenico.

Per oltre un ventennio, Valerio Ferrari – architetto, studioso e imprenditore– ha coltivato un progetto destinato a ridefinire il rapporto tra spazio e spettatore in una nuova ottica di fruizione. È un'audace progetto di  rifondazione dello spazio culturale per una fruizione globale che si definisce come  Visual Music Facilities Theatre (VMFT)

Quale intuizione ha generato la sua visione per questo progetto innovativo?
"La mia concezione scaturisce da anni di immersione nell'opera lirica. Lavorando in scena come assistente alla regia e alle scenografie di Piero Faggioni, durante i miei studi di architettura, ho vissuto l'intimo contatto con la performance nei maggiori templi mondiali del teatro: dalla Scala al Metropolitan di New York, dal Covent Garden all’Opera di Tokyo. Essere costantemente a diretto contatto con gli artisti sul palcoscenico mi ha rivelato una verità inconfutabile: la potenza intrinseca dell'atto performativo – la straordinaria trasformazione fisica e vocale dell'artista, la risonanza quasi palpabile del suono che satura l'ambiente – si manifesta in tutta la sua sublimità solo da una prospettiva ravvicinata. Dalla platea, per quanto possa apparire paradossale, l'esperienza tendeva a dissiparsi, a risultare meno coinvolgente per me ch’ero abituato a stare a stretto contatto con gli artisti. È da questa osservazione che è emersa l'esigenza di concepire uno spazio in grado di restituire al pubblico quella medesima intimità e prossimità con l'evento artistico. Si è trattato di scardinare il paradigma unitario dell'esperienza teatrale tradizionale e di procedere a una vera e propria decostruzione dell'intrattenimento, per poi permetterne una ricostruzione su parametri innovativi, intrinsecamente suggeriti dal design stesso della sala." 

Come si è potuto tradurre questa intuizione in una struttura architettonica?
"La ricerca della massima funzionalità formale mi ha condotto all'osservazione della natura, in particolare delle conchiglie e, specificamente, del Nautilus. Ho immaginato di 'sezionare' idealmente il Nautilus, orientandone un segmento verso lo spazio scenico e l'altro verso la platea. Questa visione ha generato la pianta a spirale del VMFT. Essa non è meramente una scelta estetica, ma un principio funzionale che abilita una flessibilità e trasformabilità quasi istantanea. Ciò significa che il VMFT non è vincolato a un unico tipo di rappresentazione; è un camaleonte architettonico, capace di accogliere e valorizzare differenti forme d'arte, intrattenimento e apprendimento. Rappresenta un'alternativa meditata e radicale al modello tradizionale del teatro all’italiana, ma anche all’hangar, dove tutto è possibile."

VistaVMFT Aperto Chiuso

Quali sono le nuove funzionalità  che il VMFT offre a pubblico e artisti?
"La sua geometria dinamica consente una riconfigurazione rapida dell'ambiente: da spazio scenico “aperto” con poltrone che girano a 360 gradi a una vasta agorà multifunzionale, grazie a pannelli mobili che dalla zona scenica si estendono a coprire le poltrone del pubblico. Il teatro ospita 550 spettatori nella spirale e 800 nel balcone. Quando il teatro è in configurazione 'agorà', può accogliere fino a 3000 persone. L'intero spazio è avvolto da tecnologia LED, ma è essenziale precisare che questa è puramente strumentale, interamente a servizio dell'artista, differenziandosi da contesti come The Sphere a Las Vegas, dove la tecnologia diviene l'attrazione principale. Il fulcro rimane la relazione dinamica tra pubblico e attore, in cui la distanza stessa si converte in un nuovo, potente strumento espressivo per registi e creatori. La forma a spirale, intrisa di simbolismi legati all'evoluzione e al tempo, fonde in un'unica immagine tempo e spazio, con la fossa orchestrale al centro. Questa architettura propone una dinamica relazionale radicalmente nuova: è la 'scena dello spazio' stesso ad essere al centro."

Come il VMFT  integra tecnologia e dialogo con le nuove generazioni?
"L'integrazione di proiezioni e LED rende il VMFT intrinsecamente adatto per E-games, e-learning immersivo, installazioni di digital art nello stile di TeamLab, ma anche per sfilate di moda, smart conference e night club. Sono settori in espansione che risuonano profondamente con le nuove generazioni, cresciute in un ecosistema digitale. I giovani possiedono una memoria visiva e sensoriale altamente sviluppata, e questo spazio immersivo, con punti di vista personalizzabili via smartphone, risponde a questa evoluzione sensoriale. Non esiste un "posto privilegiato"; ogni fruitore vive un'esperienza unica e personale. L'acustica, interamente modulabile e spazializzata, è concepita per adattarsi istantaneamente a ogni genere di evento, dalla prosa al concerto, dalla conferenza alla proiezione immersiva."

Dal sogno alla realtà,  il VMFT rappresenta un investimento sostenibile per il settore?
"Assolutamente sì, ed è uno dei suoi attributi più innovativi in termini di fattibilità. Mentre i grandi complessi moderni, come The Shed a New York o la Filarmonica di Parigi richiedono investimenti faraonici che superano di gran lunga le centinaia di milioni, il VMFT ha un costo stimato di 50-60 milioni di euro. Questa straordinaria accessibilità lo rende un concept replicabile, un 'pattern' architettonico che può essere diffuso in innumerevoli città, generando economie di scala. Rappresenta una democratizzazione dello spazio urbano dedicato alla cultura e all'intrattenimento. La visione è di creare una rete capillare di teatri omogenei a livello globale: strutture agili e compatte – il loro diametro è equivalente a quello della platea della Scala – ma estremamente efficienti, accessibili anche a realtà urbane minori. La sua intrinseca multifunzionalità e la capacità di operare 24 ore su 24, 7 giorni su 7, offrono un potenziale di ritorno sull'investimento e di guadagno che lo rende non solo un'audace visione artistica, ma anche una solida realtà economica tangibile.” 

Qual è l'impatto culturale e che visione a lungo termine il VMFT potrebbe produrre?
"La mia visione è che il VMFT si affermi come un progetto 'worldwide', capace di trascendere i confini culturali e di accogliere e valorizzare espressioni teatrali non solo occidentali, ma anche dal resto del mondo. Stiamo lavorando con determinazione alla sua concreta realizzazione, con i primi sviluppi già in corso negli Stati Uniti. In sintesi, è la 'scena dello spazio' e 'del tempo' che si mette al centro attraverso un'architettura che, pur comportando indubbiamente dei limiti e delle costrizioni (come fece notare Pierre Boulez nel 2012 durante una mia intervista sull’argomento, rilevò l'irrealizzabilità di opere liriche con grandi cori, pur aggiungendo che sarebbe stato 'molto stimolato a scrivere musica per questo spazio'), proprio in questi limiti invita artisti di ogni disciplina a una rivoluzione creativa, a esplorare e concepire nuovi linguaggi. 

Come si colloca questa proposta nel panorama storico dei "teatri ideali" e delle visioni architettoniche per la scena?
"Il Visual Music Facilities Theatre (VMFT) attinge ispirazione dai Panorami di fine Settecento, ideati dal pittore Robert Barker, dove la creazione di un'illusione totale era conseguita integrando lo spettatore al centro di una tela dipinta a 360 gradi. Si inscrive, altresì, nel solco delle grandi visioni di 'teatri ideali' che hanno scandito la storia dell'architettura. Penso alle sperimentazioni di Frederick Kiesler e il suo 'Teatro Infinito', al celebre 'Fun Palace' di Cedric Price – che prefigurava uno spazio dinamico e adattabile – e alla flessibilità del teatro di Cagliari di Maurizio Sacripanti. Tuttavia, a differenza di molte di queste proposte, spesso confinate al dominio teorico o concepite per specifici registi e un'unica idea di spettacolo, il VMFT si distingue proprio per l'assenza di un concetto rigido di teatro o di spettacolo. La sua genesi risiede in un concetto architettonico puro, che libera la forma dalla funzione predefinita aprendolo ad  ampia versatilità  strutturale.

Il dialogo potrebbe proseguire ancora ma abbiamo detto abbastanza per immaginare che si possa pensare di realizzare un nuovo palcoscenico globale, uno specchio della società che vi si rappresenterebbe così come la Polis greca si rappresentava nel suo di teatro. Si tratta di avere  il coraggio di affacciarsi a nuove visioni che possano ridefinire i confini sia della performance che della fruizione, ripensarne il rapporto. Si tratta di saper cogliere la sfida  implicita in questo progetto e attuare la sua portata innovativa e necessaria.

 Valeria Patera

Ultima modifica il Venerdì, 20 Giugno 2025 21:16

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