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Corriere Lombardo, 28 giugno 1957

Anche fra gli scampoli estivi, ogni tanto si riesce a mettere le mani su qualche stoffetta di qualità. Ciò è accaduto, per esempio, ieri sera, al Manzoni in occasione del debutto di un’agile e giovanile compagnia comica che mi ha fatto la gradevole e non certo frequente impressione di divertirsi divertendo. André Roussin è una vecchia delizia del pubblico e una vecchia croce della critica. Fra tanti copioni, soltanto spiritosi che ha messo in circolazione, uno ne congegnò, agli inizi della sua strepitosamente fortunata carriera, il quale, oltre a spiritoso, è anche elegantemente intelligente. Esso non scopre, certo, l’ America, ma è tuttavia sufficiente a mettere, una volta tanto, d’accordo le reazioni del pubblico con la soddisfazione della critica. E scusate se è poco. Ha per titolo Bobosse. Naturalmente, il teatro italiano non sarebbe nemmeno il teatro italiano se, eccettuata una remota trasmissione televisiva, poche rappresentazioni, datene, nella propria sede, dal Piccolo Teatro di Genova, e la mal scelta occasione per un’infelice sortita in prosa di Renato Rascel, limitata a poche sere a Roma, Bobosse non fosse rimasto sconosciuto a tutto il resto d’Italia, Milano compresa.

La commedia potrebbe essere indicata come modello di quale partito avrebbe potuto, e può, ancora, essere tratto dall’eredità pirandelliana, sfruttata anche esclusivamente nel puro e semplice teatro leggero, purché maneggiata dalla penna di un dialogatore agile, disinvolto e malizioso. Siamo di fronte a un’ennesima identificazione di fantasia e realtà e di teatro e vita. Bobosse, nomignolo significativo del tipo d’uomo che ha preso un colpo in testa, per essere “caduto da piccolo”, è un giovanotto buono, sensibile, affettuoso, ma anche, in apparenza, ingenuo, fiducioso, credulo e facile da ingannare. Egli fa il disegnatore umoristico e le sue vignette, affettuosamente infantili hanno molto successo e gli assicurano una agiata esistenza, della quale approfittano largamente parenti e amici.

Egli è, da tempo, l’amico – scrivo amico perché usando la parola amante darei un dispiacere alla censura – di Regina, e, un bel giorno, decide di sposarla. Invita gli amici per la cena di nozze e annuncia alla ragazza il suo inopinato proposito. Ma Regina ha improvvisamente perso la testa per un altro e proprio quel giorno ha progettato di abbandonare Bobosse. Come fare a confessarglielo, di fronte alla sua generosa e disarmante fiducia? Essa incarica gli amici di dargli la notizia e scompare. Si tira avanti faticosamente la finzione della cena delle nozze, senza la sposa, e, alla fine, Bobosse capisce e non reagisce.

Qui termina il primo atto. Al principio del secondo si viene a sapere che tutto quanto accaduto non era che il primo atto di una commedia rappresentata a teatro. Bobosse altri non è che un personaggio interpretato da Tony, celebre attore comico. Siamo, ora, nella vita reale, nella casa di Tony. È finita la rappresentazione ed egli ha invitato i suoi colleghi attori a cena. Tony è regolarmente sposato con Minouche. Ma essa non è in casa. Ha lasciato una lettera di congedo per il marito e devono, anche questa volta, incaricarsi gli amici di consegnargliela. Nella lettera, essa gli comunica che lo abbandona. La medesima situazione, una copia esatta della commedia. Come reagirà Tony nella vita? Si comporterà come Bobosse, oppure farà una tragedia? La tragedia la fa, ma in sogno, dove immagina di aver assassinato l’adultera. Dopo aver tanto criticato l’assurdità del comportamento di Bobosse e averlo giudicato un personaggio da palcoscenico, assurdo e irreperibile nella quotidiana esistenza, l’uomo Tony non riesce a differenziarsi da lui altro che in una grottesca evasione onirica.

Il giorno successivo, siamo di nuovo a teatro e il protagonista, tornato nelle vesti di Bobosse, sta recitando l’ultimo atto della commedia. Le parole messegli in bocca dall’autore non fanno che esasperare e invelenire la sua pena e il suo risentimento di uomo. Egli resiste, si rifiuta alla banale conclusione prevista dal copione che contempla il ritorno della fuggiasca Regina, e l’illusione di Bobosse che nulla di colpevole essa abbia commesso. L’interprete si impapera, cambia le battute, si ribella e fa calare il sipario. Come Kean. Siamo di nuovo nella realtà, sul palcoscenico dove gli attori han cessato di recitare e son ridiventati cittadini normali. E Minouche, la moglie, ritorna a Tony, precisamente come nella commedia Regina tornava a Bobosse. E come faceva Bobosse alla ribalta, anche Tony evita di approfondire, riabbraccia la transfuga e si rifugia nell’illusione della sua innocenza. O, almeno, così vuol credere e far credere. Fors’anche Tony è “caduto da piccolo” e forse no. Il teatro e la vita coincidono.

Dimostrare che i motivi che reggono la commedia sono di seconda mano sarebbe altrettanto facile quanto ingiusto. Si potrebbe addirittura risalire ai Pagliacci di Leoncavallo. Più che da una sostanza problematica, ormai di dominio pubblico, essa trae, però, la sua originalità e la sua autenticità dal tono, dal garbo, dalla disinvoltura, dalla spontanea naturalezza onde muove il proprio artificio e cambia le carte in tavola, rendendo umanamente credibile un gioco, proprio in virtù della sua rinuncia alla pretesa di essere niente di diverso e niente di più di un gioco, senza, per questo, escludere una implicita sfumatura di scettica malinconia e di intima amarezza.

Regia svelta e precisa di Giacomo Vaccari. Scenografia estrosa di Luca Crippa. Interpretazione sciolta ed affiatata. Tino Bianchi ha recitato con acutezza e sensibilità, governate da una intelligenza non comune, dotata di sfumature estremamente discrete ma non, per questo, meno indicative di tutti i doppi fondi umani e professionali del personaggio; fresca, attraente e brava la Bottini, variamente comici il Collino, il Soleri, il Carbonoli; esatte la Monelli, la Fedeli e tutti gli altri. Il pubblico si è divertito con intelligenza ed ha applaudito con convinzione.

Carlo Terron

Ultima modifica il Martedì, 23 Dicembre 2014 09:21
La Redazione

Questo articolo è stato scritto da uno dei collaboratori di Sipario.it. Se hai suggerimenti o commenti scrivi a comunicazione@sipario.it.

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