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Sinopsi testi

Sinopsi testi (160)

Sabato, 25 Gennaio 2014
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L'ILLUSIONE IN GINOCCHIO
Sinossi della commedia in atto unico
di Fabio Sìcari

Bastano pochi elementi scenici e il gioco è fatto. Il gioco di un processo celebrato in un tribunale vero e concreto: il tribunale della fantasia. Si dice che la realtà supera la fantasia, ma per una volta almeno i personaggi di questo atto unico sono talmente reali che non ci sarebbe nemmeno bisogno di immaginarli, tanto sono dentro di noi. Vivono in noi perché siamo noi. Ma tutto ciò che siamo noi, a volte, ci sfugge: o per indifferenza o per superficialità o per orgoglio.
E allora: la scena si rappresenta in un’aula di tribunale. Un Giudice molto anziano deve dirimere un’atipica controversia. L’Illusione ha citato in tribunale la Delusione per malsana presenza nella sfera dei sentimenti umani. L’insolita accusa trova il Giudice - unica autorità che presiede al processo - prevedibilmente disorientato, cosicché comincia a interrogare l’Illusione chiedendole di precisare la colpa per la quale la Delusione dovrebbe essere estromessa dalla sfera dei sentimenti umani. L’Illusione esemplifica alcune infamie ricevute dalla Delusione.
La quale Delusione, per scagionarsi, ricorre ad altrettanti esempi per dimostrare l’infondatezza del capo d’imputazione. L’essere umano - dice l’accusata - scivolerebbe senza dubbio nella peggiore alterigia se non fosse “ridimensionato e protetto” da qualche benevola delusione. La delusione mette un freno alle ambizioni, definisce una frontiera invalicabile, perché di là dal confine c’è l’inganno della mente e dei sensi. La delusione è uno scudo che protegge dai viscidi attacchi dell’illusione e del suo carico di abbagli e impressioni fuorvianti.
Al contrario - replica l’accusatrice - la razza umana si avvantaggerebbe d’ogni sorta di miglioria se spronata a tentare sempre e comunque le più incredibili conquiste nell’immensità dello scibile. La razza umana necessita di una buona dose di ardimento. Il coraggio è un’arte e l’illusione lavora per temprare l’animo umano. In modo diverso, il progresso conoscerebbe un clamoroso scacco matto. L’evoluzione della specie sarebbe duramente interrotta con implicazioni catastrofiche.
Di tanto in tanto, il Sostenitore Illusione caldeggia le teorie della sua “protetta”, il che provoca l’ira del Sostenitore Delusione. E viceversa.
Al termine del dibattimento, il Giudice leggerà l’inoppugnabile sentenza.

Sabato, 25 Gennaio 2014
Pubblicato in Sinopsi testi
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RUMORE
Sinossi della commedia in atto unico
di Fabio Sìcari

È un atto unico solo perché non ci può essere l’intervallo. Per tutta la durata della commedia, circa novanta minuti, non è previsto né il cambio di scena né una pausa sebbene breve. L’unica linea di demarcazione all’interno dello spettacolo è la luce. I primi venti-venticinque minuti sono “illuminati” e il pubblico può seguire le battute e il movimento scenico dei personaggi senza doversi immaginare nulla. Dopo questa prima fase della commedia, è il buio a farla da padrone.
Il palcoscenico è delineato da un ampio soggiorno su misura per una famiglia borghese composta di cinque persone. Mobili e libreria e mensole stanno alle pareti, senza particolari fissaggi. All’apertura del sipario, è importante l’ordine col quale i personaggi cominciano a dialogare: ANDREA, ISABELLA, UGO, TAMARA, OLGA. Tutti e cinque vanno a occupare, provenienti dall’esterno o già presenti in scena, vari spazi del soggiorno illuminato da luci forti, quasi fastidiose.
A un certo punto, lo scorrere litigioso della vita di una famiglia di provincia subisce una devastante interruzione. A rifare i connotati dell’esistenza ci pensa una violenta scossa di terremoto.
Per un’ora circa – ed è da questo momento che comincia la seconda fase della commedia – manca un bene prezioso: la luce. La paura costituisce lo scheletro di questo atto unico. La lotta per non lasciare anzitempo la vita è impietosa e scardina ogni normale equilibrio logico. Infatti fa irruzione lo spettro della chiaroveggenza e ciò giustifica l’ordine col quale i personaggi (come detto sopra) cominciano a dialogare. Si capirà il perché verso la fine dello spettacolo.
E non mancano nemmeno, per arginare la paura, battute ironiche, forse improprie ma necessarie ad assorbire, almeno in parte, il perdurante panico.
Il buio costringe i protagonisti a un lotta impari. Emergono storie del passato che, per negligenza o per falso pudore, erano state taciute. Mettersi a nudo, tuttavia, gioverà alla rigenerazione della coscienza individuale e collettiva. L’urlo per la sopravvivenza è servito.

Sabato, 25 Gennaio 2014
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IN NOME DI OMÀR ABÚL
Sinossi della commedia in due atti
di Fabio Sìcari

Legittima difesa o vendetta? Può essere una domanda da tragedia o da farsa. Le norme che disciplinano la convivenza cosiddetta civile e democratica contemplano dei punti di vista naturalmente elastici.
Molto comuni, per citare un esempio fuori da questa commedia, le rapine nelle ville. Come deve reagire il malcapitato? Le discussioni abbondano, ma quando ci scappa il morto c’è chi vede nella legittima difesa un abuso, una sproporzione, un torto contro la vita umana. E c’è chi ci vede anche una vendetta vera e propria. Come si fa a stabilire con rigore etico (e giuridico) quando la legittima difesa può rientrare nei parametri della giustizia e quando invece si tinge dei dissapori della vendetta?
Un esempio, un po’ troppo immaginario? Coloro che rigettano l’idea di accogliere gli extracomunitari nel proprio territorio, potrebbero “sfruttare” la legittima difesa per uccidere la persona di troppo.
Altro esempio, più realistico. Se in una famiglia ci sono gravi tensioni o vecchie rivalità (che so: un aspro litigio con schiaffi e pedate e pesanti intimidazioni…), l’occasione della legittima difesa potrebbe tradursi in pretesto per un regolamento di conti.
Ancora: entrare in casa propria e assistere allo stupro di nostra moglie o di nostra figlia o comunque a una violenza procurata ai nostri cari, potrebbe farci reagire con rabbia contro i violentatori, i quali, anziché essere affidati alla giustizia, verrebbero massacrati per legittima difesa.
Gli esempi si moltiplicano e tutti alimentano la scivolosa domanda: legittima difesa o vendetta? Cioè: giustizia o ritorsione? Il cittadino può sostituirsi al tribunale? Quante domande s’inanellano e ne richiamano altre con risposte aperte, e queste non sazieranno mai né gli istinti primitivi della nostra categoria umana né le nostre supposte ragionevoli convinzioni.
Fatto sta che difendersi è sacrosanto. La misura della difesa turba chi teme di trasformare una comunità di persone presunte civili e democratiche in un autentico far west. Ma c’è il rovescio della medaglia: anche subire senza reagire non è giustizia.
Per chiudere: quando un gesto generoso viene scambiato - come fa il Giudice di questa commedia - per un gesto ricattatorio se non immorale, allora ogni azione e ogni pensiero possono essere fraintesi o falsificati, pur di dimostrare che la legittima difesa è solo un pretesto per mascherare altre cause. La causa del delitto, allora, non è più la legittima difesa, ma forse la vendetta innescata dal razzismo e magari assecondata dal favoreggiamento di un complice!

Martedì, 21 Gennaio 2014
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LADY MARKET
di Antonino Musicò

Nunzia è una donna di camorra, che nella sua foga testamentaria, racconta senza infingimenti il proprio ruolo di capoclan. Il suo è uno status costruito all’insegna dell’indipendenza da quell’universo maschile che si caratterizza per modalità e atteggiamenti che detesta e ai quali non vuole riferirsi, pur essendosi imposta di determinarsi con la forza della violenza e della sopraffazione, rivendica il suo essere donna anche in un ambito in cui sono gli uomini ad essere protagonisti.
(……. I miei figli hanno sofferto la mancanza di un padre e di una madre normale, ma tutto era necessario perché adesso possono occuparsi di loro stessi e hanno l'opportunità di farlo, diversamente da noi che ci siamo occupati di tutto fuorché di noi e abbiamo deciso deliberatamente di sopravvivere con arroganza e violenza, forzando ogni passaggio per rendere loro liberi di negarci, ripudiarci. Serenamente accoglierò la loro severità, di uomini civili, democratici e finalmente liberi……….)
Nino Musicò

Martedì, 21 Gennaio 2014
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IN HOC SIGNO
di Antonino Musicò

E’ la storia di un parroco che non riesce più a celebrare messa, a causa di un disturbo da attacchi di panico. Tra il rifiuto del proprio sacerdozio, l’amore per una sua fedele, che si manifesta all’improvviso, ed un terremoto che destabilizzerà ogni certezza , si sviluppa una liturgia del crollo che lo porterà ad una scioccante “redenzione”.

Domenica, 12 Gennaio 2014
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LA NONNA E IL PRESIDENTE
Divertissement
di Yannis Hott

La Nonna, una vecchia signora, vedova, ha saputo dal suo medico che ha i giorni contati. Al parco incontra un giovane omosessuale che monologa con se stesso la propria disperazione determinata dalla politica del Presidente del Governo. La donna, allora, decide di aiutare il giovane studiando la possibilità di assassinare il Presidente. Riesce a mettere in atto il suo gesto, colpendo il Prrdidente con una cerbottana avvelenata. Ma dopo tre giorni il Predidente torna in vita e cerca disperatamente la Nonna, perché, grazie a lei ha potuto dimostrare di essere come il Salvatore, un risuscitato, e vorrebbe che fosse eletta come presidente del Paese. Testo ironico, parabola ricca di colpi di teatro.

Martedì, 07 Gennaio 2014
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ESTA NOITE, ARSÉNICO!
Psicodrama a duas vozes
di Carlo Terron

Jogo entre dois elementos de um casal que está junto há já bastante tempo, e que brincam com a morte fingindo envenenar-se mutuamente. Um rito macabro sempre no limite da brincadeira, temendo que se torne real.

Martedì, 07 Gennaio 2014
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LA MANO DEL PRESIDENTE
Monologo demenziale
di Yannis Hott

Il Presidente del Paese, privo di una mano, si è fatto applicare una mano artificilale comandabile attraverso dei sensori che ricevono input dalla sua volontà. Durante una missione politica la mano non risponde più ai comandi del Presidente creando molti disagi con gli altri politici, che si trasformano in momenti di estrema comicità. Preoccupato di questi inconvenienti il Presidente vorrebbe rimettere le dimissioni all’assemblea del suo movimento politico. Ma i fatti che racconterà porteranno a decisioni sorprendenti che è meglio non anticipare. Si tratta di un monologo parodistico con risvolti demenziali.

Martedì, 24 Dicembre 2013
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IL MORSO DEL SERPENTE
di Alìda Casagrande

La versione teatrale de “Il morso del serpente” nasce dall’omonimo libro di narrativa, composto di un unico dialogo di 150 pagg. edito nel settembre 2011 da Cleup, e racconta la storia di una coppia sposata da vent’anni. Questa storia si svolge tutta nella stanza da letto nuziale dei protagonisti, marito e moglie, che tra i ricordi e le accuse raccontano del loro passato e del loro presente catapultandoci dentro le loro vite, i loro problemi, le loro angosce. La diatriba tra i due coniugi è scaturita dal fatto che lei vuole andarsene, vuole lasciare la casa e il marito, il quale marito non accetta questa decisione, e prova in tutti i modi a dissuaderla, a farle cambiare idea, ma alla fine … Non mancano i colpi di scena.

Sabato, 21 Dicembre 2013
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CASA MEMORIA
di Emilia Ricotti

Una donna ed un luogo, Felicia Bartolotta e Corso Umberto a Cinisi, covo di boss e altare di martiri, perché è questo che “Casa Memoria” rappresenta, attraverso la figura di Felicia Bartolotta, moglie di boss e madre di martire, è lei una moderna Antigone che va alla ricerca della Giustizia, non quella fatta di mezze verità, di depistaggi e lei, davanti al tritolo che le uccide il figlio, ingaggia una lotta serrata, contro i boss, lo Stato malato e un paese malato; lotta che va dal 78, anno della morte di Peppino Impastato al 2000, ma la battaglia di Felicia ha radici profonde inizia tra le pareti della casa paterna e continua tra quelle della casa maritale, perché Felicia, a dispetto dell’apparenza fragile, è donna forte e ribelle , di una ribellione che edifica e trasforma una prigione, in un altare, luogo di ricongiunzione tra il figlio morto e tutti coloro che sanno battersi per la giustizia, una donna che vede mafia e antimafia scontrarsi tra le stesse pareti, che sfida “un paese morto, un paese assente” e “il suo codice rovesciato” che non è tritolo, ma uccide lo stesso e lascia la donna al suo esilio ed al suo unico spazio: la casa!

Felicia ribalta “il codice”, apre le persiane di casa e in una scatola emblematica contempla i pezzetti rimasti del figlio: stanghetta degli occhiali, strisce di tela dei pantaloni …, e quando esce: dichiara, rilascia interviste,firma esposti.

“Cartazze, cartazze” per gli altri, che si levano gli occhiali e lasciano fare ai Don Tano che senza carte bollate, senza Corte d’Appello, senza Corte D’Assise emettono “una sola sentenza”.

Felicia ribalta le regole, lei non vuole “vendetta”, vuole “Giustizia”, ventidue lunghissimi anni per ottenere “Verità”e riscattare Peppino dall’accusa di terrorismo:

Fango, sangue e calunnie
su un corpo inerte,
su una famiglia in croce,
su una madre a pezzi
che dice basta,
ingaggia una lotta lunga
davanti a tante menzogne in piedi:
carte bollate in mezzo,
processi lenti,
risposte a tratti,
trame oscure.
Ma deve spuntare il sole!
Un centro studi attento,
una famiglia sveglia,
vent’anni tetri,
ora Felicia è stanca,
ora Felicia è vecchia,
si guarda indietro,
ma ecco che spunta il sole:
dilegua calunnie e fango,
rinasce un uomo,
lei chiude gli occhi e dorme.
Non ha capito il covo,
non ha capito il boss
che il tritolo schizza nell’aria
e quando ricade a terra,
vola nel tempo
ed è anche seme.
Non ha capito il covo,
non ha capito il boss:
non si distrugge un sogno!

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