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Lunedì, 25 Settembre 2017
Pubblicato in Interviste

Arotron L''Accademia dei talenti"
Dialoghi sull'arte teatrale in compagnia di Franco Mannella voce e presenza del nuovo teatro italiano
di Francesca Bastoni

Che cosa è il teatro? Ma sopratutto, che cosa è diventato oggi? C'è una via di uscita da questo impasse: crisi di idee e di possibilità economiche? Per dare una risposta a questi ed altri topici interrogativi abbiamo raggiunto, nell'oasi di Pianella, Franco Mannella e Chiara Colizzi, voci e volti del doppiaggio italiano nonché fondatori dell'Accademia Di Studi Teatrali Arotron".

Due maestri, energie e tanta positività per la costruzione di una realtà che è già diventata un punto di riferimento culturale anche per l'intera provincia. Ai lettori di Sipario offriamo un estratto delle due giornate dedicate al gusto e all'arte della recitazione.

Per cominciare la nostra chiacchierata, parto col domandare subito, fra doppiaggio e teatro due modi di essere attore; come li vive, Franco Mannella?
Sono due aspetti diversi, ma anche strettamente correlati fa loro. La mia attività di doppiatore è in parte il riflesso del lavoro che svolgo a teatro e viceversa. La voce, la caratterizzazione e l'interpretazione di un personaggio sono alla base di entrambi i contesti. Per quello che riguarda il modo di vivere questi due aspetti: posso dire che dedicarmi a un progetto teatrale mi ricarica, moltiplica le mie energie mentali e fisiche. Risorse, che poi impiego anche nel doppiaggio.

Come attore e insegnante a quale metodo si ispira?
Non credo nei metodi ma nei principi. Ogni scuola,in origine, ha saputo tirato fuori dei buoni spunti e questo è indubbio. Tutte buone idee che alla fine si sono cristallizzate in regole e codici vuoti fini a se stessi. Niente meno che dogmi,religiosamente tramandati nelle "vecchie scuole a generazioni di ragazzi inesperti e in fase di formazione.

A chi si riferisce in particolare?
Al metodo Stanislavskij, per esempio:l'emblema della metodica di teatro moderno. E' stata una rivoluzione importante per l'epoca!Sopratutto se si pensa agli allestimenti teatrali che venivano creati e alle tecniche di recitazione adottate un tempo. Uno svecchiamento rispetto ai vecchi sistemi ma che, per ironia del destino, ha finito col prenderne il posto. Un altro esempio è la "scuola" del Piccolo Teatro: una realtà nata da un gruppo di attori e registi coraggiosi, che ha portato alla rinascita del teatro nel dopoguerra ed esteso il suo raggio d'azione oltre i confini dell'Italia. Ma oggi che cosa è rimasto di quegli insegnamenti di quelle idee? Cosa viene insegnato alle nuove leve del Piccolo?

Dunque non crede nei metodi?
No affatto! Ricerco i principi validi e valorizzo la tradizione, ma in modo intelligente! Chiara, il corpo docente ed io forniamo delle indicazioni agli allievi. Nel corso delle lezioni tramandiamo loro insegnamenti ampi e vari: come affrontare l'interpretazione un testo; "vivere il palco" o creare un personaggio. Questo, per me, è diverso dall'insegnare un metodo, è trasmettere conoscenza.

Da studente, ho sempre saputo selezionare i miei maestri ma quando li ho trovati li ho seguiti con attenzione.

In cos'altro non crede Mannella?
Non credo nelle scorciatoie, il mestiere dell'attore è un percorso lungo di studio. Devi essere consapevole di dove sei e dove vuoi arrivare. In mezzo a tutto questo c'è lo spazio per sperimentare e trovare se stessi. Insomma, procedere costruendo la propria identità di attore. Non credo nella fama immediata, nella battuta pronta da show televisivo. Il successo ottenuto così non porta a niente.

La comicità non è anche spontaneità?
Si ,in parte è vero... Però il tipo di comicità, stile villaggio turistico non la considero affatto. Una buona predisposizione per cogliere i tempi comici è un buon inizio, ma non basta. E' necessario affinare le proprie doti con lo studio continuo. Il senso del comico e del paradosso sono anche il prodotto di studio e lavoro su se stessi. Spesso esorto i miei ragazzi a non lasciarsi conquistare dalla comicità "facile". E' uno stile meccanico e basato su automatismi elementari. Inoltre, la produzione dei monologhi è sempre farcita di tormentoni di facile presa sul pubblico.

Con cosa ride, lei, chi la ispira di più?
Per certi versi sono piuttosto esigente. Apprezzo i Monty Python. Il loro stile di comicità anglosassone è eccessivo e al tempo stesso così incisivo e tagliente. Un contrasto semplicemente irresistibile.

Fra gli italiani?
Che domande oltre al maestro più grande di tutti Totò? Amo molto lo stile comico di Vianello, la sua ironia così discreta eppure così chiara lo rende una voce fuori dal coro, rispetto al panorama dei suoi contemporanei.

Si studia per poter trasmettere le proprie esperienze. Che tipo di allievo ed esordiente è stato Franco Mannella?
Il mio è stato un percorso dettato dalla volontà e dalla fondamentale esigenza di comunicare. Al secondo anno di perito agrario, avevo 16 anni ho frequentato il seminario di teatro con Danilo Volponi. Una vera e propria rivelazione, per il giovane Franco di allora.Tre pomeriggi alla settimana e due anni di laboratorio teatrale mi hanno instradato in quella che sarebbe diventata poi la mia futura carriera professionale.

In seguito, ho compiuto il grande passo e sono andato a studiare recitazione a Roma. Un vero e proprio azzardo per i genitori e i miei amici: Lasciare un lavoro sicuro per crearsi una carriera nel mondo dello spettacolo? Una follia per i tempi!

E con l'arrivo a Roma i classici inizi difficili?
Ah d quel punto di vista non mi sono fatto mancare niente! Sono stato accettato all'Accademia la Scaletta (non credo molto nelle accademie tradizionali). Dal mio arrivo a Roma e nel corso di tutto il primo anno ho studiato e lavorato part time per sostenere le spese di mantenimento. Solo per la seconda e terza annualità, grazie a una borsa di studio per meriti, ho potuto dedicarmi allo studio, senza sprecare tempo ed energie in altre attività. Mi sono diplomato con il massimo dei voti e ho cominciato a subito a inserirmi nel mondo del lavoro.

Quali e quanti sono stati gli incontri decisivi della sua carriera?
Oltre alle collaborazioni prestigiose con Patroni Griffi e Corbucci, mi ricordo anche le prime esperienze con Sergio Sivori: il laboratorio teatrale e la scoperta di autori come Artaud e Barba. Incredibile dover ripartire da zero mettendo in discussione le mie convinzioni e le idee formulate sul teatro, sinora. La rivoluzione ha avuto inizio e da allora il mio motto è: "La tradizione della rivolta". Costruire, analizzare, mettere in discussione e partire da zero, costantemente!

Cosa ne è oggi della sua anima rivoluzionaria? Ma sopratutto cosa significa, oggi, "essere rivoluzionari"?
Appare una forma di controsenso ma oggi lavorare con rigore ti fa passare per un rivoluzionario. Buttare via mandare all'aria le regole è troppo facile. Per capire cosa dimenticare o conservare è necessario acquisire un livello di consapevolezza e maturazione tali da potersi permettere un alto livello di autonomia artistica.

Un breve bilancio della sua vita, formulato oggi?
Ho vissuto esperienze artistiche ed esistenziali: molto eterogenee: a partire dalla formazione scolastica sino agli studi a Roma, i progetti teatrali e il mio lavoro di doppiatore... Tante vite diverse che oggi si fondono insieme e che hanno condotto alla nascita dell'Accademia Arotron Il progetto di cooperazione fra strutture diverse e molto altro ancora

Nel corso dell'intervista sono già emersi numerosi riferimenti ad Arotron l'Accademia che lei e Chiara Colizzi avete fondato insieme. Come è nato il progetto e soprattutto a quale significato si collegano nome e logo?
E' presto detto, il nome deriva dal greco e significa aratro. Una chiaro riferimento alla mia formazione scolastica, che non rinnego affatto ma che cerco di integrare e valorizzare costantemente.

Si riferisce allo strumento fondamentale legato all'attività agricola?
La sua funzione si collega anche al lavoro formativo che svolgiamo in accademia: . Serve a preparare la terra a ricevere le nuove colture così come i ragazzi ricevono i nuovi insegnamenti e affrontano il percorso in modo serio e coerente.

In che modo?
A volte valorizzando i talenti; altre volte creando da zero le proprie competenze. Del resto, come ho anticipato nella presentazione di Arotron: "Il talento da solo non è mai bastato. Studiare e applicarsi con volontà e coerenza è sempre il modo migliore per trasformare una passione in una concreta realtà lavorativa". E' lo stesso principio che ho applicato nella mia vita professionale e personale e che trasmetto anche ai miei allievi.

Tradotto nei principi "Arotron"?
Per quanto riguarda l'Accademia è l'azione di cambiamento e di crescita.Mentre, per quello che riguarda la creazione e la promozione di progetti teatrali è un modo di lavorare collegandosi alla tradizione ai valori della zona in cui viviamo cooperando con le risorse presenti sul territorio.

E' giocoforza rivolgere alcune domande a Chiara Colizzi, co fondatrice e docente di doppiaggio dell'Accademia. La sua presenza si lega, in veste di voce ufficiale, al nome di attrici come Uma Thurman e Kate Winslet. Di recente, premiata col leggio d'oro, al Biennale di Venezia. E' una presenza elegante e vivace che spiega con chiarezza e passione i meccanismi e le iniziative che animano il vivace e fecondo gruppo Arotron.
Per questa estate 2017 Il nostro obbiettivo è stato quello di portare l'attività dell'Accademia anche al di fuori delle mura: imparare a conoscere un po' meglio il proprio pubblico.

Convivium inteso come scambio di beni?
Convivialità, sopratutto! ed altre sorprese ancora... Dal 4 al 6 agosto, per tre giorni interi Pianella si è prestata ad accogliere, nei vari punti del paese letture, workshop e laboratori artistici promossi da Arotron. Docenti e allievi hanno interagito con gli abitanti e le autorità in uno scambio concreto di beni e servizi. Ogni abitante ha contribuito portando con sé, merce di scambio gradita, una torta, un cibo preparato in casa, in pagamento dei servizi resi da noi attori... Come dire "quanto costa una poesia?" Discutiamone e barattiamo una merce di scambio. E' stata anche l'occasione per presentare e mettere alla prova alcuni dei nostri testi già collaudati o in rodaggio: come il reading dedicato a Celestino V o il musical reading Olea et labora; o il workshop incentrato sui"i principi del lavoro dell'attore" diretto da Franco Mannella. E' stata una chance importante per conoscersi e condividere un po' della nostra arte.

La classica prova del fuoco al quale sottoporre gli allievi?
E' stata un'esperienza importante per noi quanto per loro. I successi e il consenso ricevuto sono stati la conferma dell'ottimo lavoro svolto nel corso dell'anno. Per un attore, conquistare l'attenzione di un pubblico difficile è sempre una immensa soddisfazione. Ai traguardi i artistici si è aggiunto anche il piacere di aver ripristinato, con "Convivium arts" l'antica istituzione del baratto.

Qual è stato per lei, Chiara, l'evento memorabile dei tre giorni di Convivium Arts?
Senza nulla togliere agli altri eventi il momento clou è stata la presenza attiva di un gruppo di ragazzi, capitati per caso. E' stato bello vederli tornare, in numero sempre maggiore, i due giorni seguenti. I primi hanno convinto gli amici che a loro volta hanno portato altri ragazzi così, una sera dopo l'altra, si è formato un pubblico curioso e ricettivo. Nel corso dell'ultima serata i più audaci si sono buttati e, sotto la guida dei nostri docenti, hanno preso parte in forma attiva allo spettacolo. Gli allievi hanno predisposto un repertorio guidando i ragazzi da testi più leggeri ai drammi di Shakespeare, Dante a Ovidio. Insomma, considerato il successo riscosso da convivium Arts è La manifestazione entrerà senz'altro a far parte degli appuntamenti preferiti in Arotron.

Un progetto ambizioso, se consideriamo la natura "eternamente precaria del lavoro dell'attore, cosa ne pensa, Chiara Colizzi?
La vita è paradossale, oggi che c'è crisi in ogni settore e non esistono certezze la nostra professione è quasi diventata una delle più sicure. Non parlo di posto fisso né di comodi orari impiegatizi, bisogna impegnarsi molto ed essere disposti a studiare e aggiornarsi, questa è la condizione fondamentale per ottenere risultati.

Interviene e risponde anche Franco Mannella.
Quando ho cominciato ad intraprendere io la carriera di attore fra studi ed esperienze teatrali e di doppiaggio, dedicarsi a questo lavoro era considerato' un salto nel vuoto.Il mio progetto, a lunga distanza, è quello di riuscire a creare un circuito virtuoso. Attraverso le regia teatrale, gli allestimenti e il doppiaggio i nostri diplomati dispongono di molti mezzi per creare una carriera ma sopratutto contribuire ad alimentare un circuito di lavoro solido. Non a caso i nostri ragazzi non si limitano a studiare devono anche lavorare e maturare esperienze professionali valide. Tra le attività è inclusa anche la realizzazione di nuovi spettacoli. Non si tratta dei soliti saggi "da accademia" riservati agli addetti ai lavori. Bensì eventi concreti da promuovere e vendere. L'ultima creazione è Olea et labora, un "musical reading" legato all'olivo (pianta antichissima) fin dalle origini sino ai nostri tempi, Un poema che vive nelle parole e nelle musiche della sua terra.

Un viaggio attraverso la storia ?
Non solo anche immagini e miti noti e meno celebri, si parla dell'Odissea, ma anche dei canti Benedettini, di D'Annunzio ed altri ancora. I ragazzi hanno realizzato un lavoro di ricerca davvero notevole. La concretezza dello spettacolo si traduce anche nei suoi legami con le risorse del territorio. Si parla di olivo ma si degustano anche i prodotti della territorio pescarese.. Tutti i sensi del pubblico, sono sollecitati per rendere unico e memorabile l'evento.

Parlando dell'attvità didattica I corsi proposti in Accademia comprendono varie discipline, incluso il doppiaggio, in cosa si differenzia da altri corsi e strutture già esistenti?
Il doppiaggio "lingua madre", curato da Chiara Colizzi, è molto importante ma è una parte del tutto. A differenza dei corsi specifici, in accademia formiamo i ragazzi a tutto tondo.

Una preparazione articolata forgia professionisti completi. Non scordiamoci che prima di interpretare Shakespeare al leggio, va provato e vissuto in scena. Solo così si può risultare credibili e trasmettere le emozioni giuste.

Come è strutturato il programma didattico?
Tutte le discipline sono correlate fra loro e coinvolgono corpo e mente.Oltre alle basilari storia del teatro e fonetica. Curiamo l'aspetto della gestione del corpo sulla scena: con danza contemporanea (Miriam di Maio) e consapevolezza corporea (di Massimiliano Fusella) mimesica, secondo gli insegnamenti del Maestro Orazio Costa Giovangigli ed altri. Tutti insieme creano una base solida e un riferimento costante per ogni allievo.

L'obbiettivo principale proposto in Accademia qual è?
Noi vogliamo che i ragazzi apprendano le basi del mestiere, certo! Più importante ancora è dare loro l'opportunità di metabolizzare le nozioni apprese. Il percorso che stanno compiendo in "Arotron" li renderà più consapevoli e saldi nelle proprie competenze e li porterà a realizzare allestimenti e performance, capaci di fare la differenza..

Insegnamenti mirati alla resa in teatro?
Non solo. Fra i corsi abbiamo incluso anche il laboratorio di recitazione cinematografica di Emilio Coltorti e "sguardo della macchina e recitazione cinematografica: Discipline dedicate ad un corretto approccio al lavoro cinematografico.

La descrizione appena fornita, richiama alla mente la bottega di un maestro, sbaglio?
Se pensiamo all'atmosfera che si respira in Accademia può anche essere vero. Un attore non vive solo in scena e la sua formazione di persona conta quanto le sue competenze tecniche. In bottega si imparava il mestiere? Bene, è così anche in Accademia! Insegnanti e allievi svolgono ogni tipo di attività e condividono ogni tipo di esperienza artistica: dalla creazione di elementi scenografici alla cura degli ambienti. E' anche una questione di rigore ed un segno del loro amore per il mestiere che hanno scelto di svolgere.

Un tempo ogni attore era responsabile del proprio trucco e "corredo artistico", si può considerare, questa cura per i materiali, come un'estensione di significato o una distrazione dall'attività didattica?
Nessuna distrazione, anzi! Educare in questo senso è parte stessa della formazione dell'attore-persona. Si tratta di un discorso molto più ampio che include: oltre a valori di umiltà, anche aspetti concreti di versatilità, perfetta gestione dello spazio scenico e delle risorse di budget disponibili.

Contribuire alla costruzione della scenografia, nella quale si reciterà, può rivelarsi un vantaggio a favore dell'attore. Una risorsa preziosa che si riflette in una perfetta presenza in scena. Infine non scordiamoci che acquisire una maggiore familiarità con gli elementi strutturali a disposizione: non solo amplia la gamma di idee ma anche le risorse a disposizione!. Non a caso una delle materie del corso è "Scenografia e arti plastiche". Il docente è Gianni Colangelo un artista scenografo!. Il suo lavoro è creare allestimenti ma anche insegnare agli allievi a realizzare oggetti di scena, maschere, ed elementi e praticabili.

A che tipo di scena si ispira nelle sue produzioni?
Il teatro greco, la scena elisabettiana sono due validi esempi per me. Come vede non sono un patito del teatro da grandi allestimenti in stile "abbonamento". Scena e performance sono un unicum: fuse insieme creano, dal nulla, una realtà alternativa. Il teatro si può fare con pochi elementi scenici, purché siano quelli giusti.

Che affermazione rigorosa! Ci riporta alle origini e alle antiche dichiarazioni d'intenti del teatro vivo e rivoluzionario.
Forse lo è o forse è il riflesso della mia formazione di attore ed estimatore degli scritti di Antonin Artaud ed Eugene Barba. Personalmente, credo che il teatro sia un gioco e proprio per questo vada vissuto con serietà. Penso alla mia passione per Pirandello vissuta in Accademia a Roma. Studiare e provare in "sei personaggi in cerca d'autore" mi ha portato a riflettere sulla cosiddetta "magia del teatro" Nella pièce si definisce in modo magistrale l'essenza stessa di teatro. Memorabile l'arrivo di Madama Pace: nominata dalla figliastra ed evocata nella disposizione dei pochi elementi di scena. Una scena notevole che condensa elementi teorici e concreti. Per citare una massima di Colin Firth, interprete che apprezzo per il talento e il rigore: "Noi siamo quello che c'è prima, fra le parole". Una massima che riassume il ruolo e la funzione dell'attore nella costruzione della finzione teatrale.

Al di là dei luoghi comuni e delle esortazioni alla positività ha ancora senso parlare oggi di teatro?
Il teatro vive periodiche fasi di caduta e rinascita. Penso che la cosa più giusta che si possa fare per risolvere la crisi sia quella di smitizzare quell'alone di seriosità che si è creato nel corso degli anni .Il teatro è vivo e bisogna farlo entrare nella vita di tutti giorni, in ogni momento. La visione di un evento formale ed "elevato" impone un distacco che intimidisce o annoia il pubblico svuotando di significato anche la performance e la resa degli attori in scena

Il nostro incontro non può considerarsi completo senza le testimonianze degli allievi che hanno affrontato con successo il corso di studi in Accademia nel corso 2016-17. Volti giovani e accesi che hanno già vissuto l'emozione di dare vita all'evento "Olea et Labora" e leggere il proprio nome in cartellone. Si tratta Alessandro Rapattoni, Chiara Colangelo Valerio Lanutti e Francesco Di Censo.

Un'esperienza completa come l'avete vissuta e come è stato il primo impatto con l'Accademia?
Chiara Colangelo inizia, con piglio pragmatico, ad elencare le proprie motivazioni:"Quando ho sentito di parlare di Arotron mi sono detta, questa è la scuola che fa per me! Finalmente non avevo bisogno di trasferirmi a Roma per trovare la struttura ideale; quella in grado di offrirmi una preparazione a 360° gradi. E' stato l'anno più importante della mia vita: ho imparato molto e ho acquisito, sul mestiere dell'attore, una visione più adulta e consapevole.

Francesco Di Censo interviene: "Il mio approccio con il lavoro e lo studio della recitazione ha cambiato anche il mio modo di vedere e vivere i rapporto interpersonali e in famiglia . Ho scoperto una vena di creatività: la foto usata per Convivium Arts è una parte di me. Le mani sono le mie e la maschera è una mia creazione, realizzata nel corso di arti plastiche. Sento di aver compiuto passi considerevoli nel corso di questo ultimo anno.

La parola passa alle altre due giovani leve: Valerio Lanutti e Alessandro Rapattoni.
Valerio Lanutti. La mia visione è fondamentalmente basata sul paradosso. Frequentando il corso ho imparato a trasporre alcuni insegnamenti targati Arotron al di fuori della scena e viceversa. A volte la realtà supera la fantasia e questi spunti che,vivo e al di fuori della scena, li sublimo nel mio lavoro teatrale. Ma spesso mi capita anche il contrario: vivere la realtà come se fossi su un palco. In tutto questo ho potuto acquisire, ex novo, una visione più concreta del mestiere dell'attore.

Con la testimonianza di Alessandro Rapattoni si conclude la nostra chiacchierata sul teatro e sulle nuove realtà formative, sorte per ridare vigore, a un settore da sempre forte e longevo.ll mio arrivo in Accademia e la scoperta di un modo diverso di essere attore, distante dagli stereotipi che avevo in mente sugli attori e la recitazione. Franco e gli altri insegnanti mi hanno guidato in questo percorso. E' vero, hanno preteso molto da me, però sono stati anche pronti ad aiutarmi e chiarire i miei dubbi. Sono soddisfatto del tempo trascorso in Arotron. L'esperienza con lo spettacolo Olea è stata la conclusione perfetta per un anno vissuto al massimo.

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