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Sabato, 18 Marzo 2017
Pubblicato in Interviste

La poesia di Moccia diventa "Io sono fortunato di essere napoletano" per Gigi D'Alessio durante un monologo personalizzato a "Made in sud", senza però citarne le fonti.

Su Rai Due è partita la nuova stagione televisiva del programma "comico" Made in Sud che per la prima volta vede alla conduzione non più Gigi e Ross ma il cantante Gigi D'Alessio assieme a Fatima Trotta ed Elisabetta Gregoraci. Tralasciando ogni eventuale critica allo spettacolo in sé, perché ci sarebbero diverse osservazioni da fare, vogliamo soffermarci però su un monologo che D'Alessio ha pronunciato durante il programma e che sottolineava la fortuna di essere napoletani. Niente da dire su questo in quanto un buon napoletano ha in sé la fierezza di appartenere ad un popolo che ha una storia millenaria intrisa di cultura e umanità; va però detto che l"Io sono fortunato di essere napoletano" di Gigi D'Alessio somigliava un po' troppo ad una poesia di uno sconosciuto, ai più, Raffaele Moccia dal titolo "Io sono Napoletano". Il contenuto è quello, e chi conosceva la poesia subito ha fatto un collegamento tra essi anche se il testo è stato rimaneggiato! E va detto che l'opera originale ne ha perso d' intensità. Peccato però che la fonte originale non sia stata menzionata! Forse però avranno chiesto il permesso di recitarla? O magari hanno contattato l'autore? Abbiamo voluto così interpellare proprio Raffale Moccia per sapere da lui come sono andate le cose e se esiste un dietro le quinte della questione. Ecco cosa ci ha detto:

Sig. Moccia innanzitutto complimenti per la sua poesia! Prima però di entrare nel vivo della questione vorremmo conoscerla un po' meglio:

Ci dica. Chi è Raffaele Moccia?
«Raffaele Moccia è un ex ferroviere, ora in pensione, dopo 38 anni di servizio e dopo aver girato mezza Italia, ma che non ha ancora perso la curiosità per il mondo».

Come le è venuta la vena poetica?
«Vede, non la chiamerei precisamente vena poetica, farei torto ai veri poeti che solo a pronunciarne il nome mi fanno venire i brividi. Il mio è stato uno sgorgare spontaneo di parole che, evidentemente, covavo dento da sempre».

Questa poesia ha avuto un'ispiratrice: la città di Napoli! Come è nata e perché?
«Sì Napoli, assolutamente Napoli e la civiltà che rappresenta. Una civiltà millenaria che inconsapevolmente riverberiamo in molte cose che facciamo e in molto del nostro "stile di vita" uno stile che molti avveduti conoscitori della nostra città ci riconoscono».

Qual è il messaggio che voleva dare?
«Bill Wilder, geniale e caustico regista amava dire: "se cercate il messaggio andate all'ufficio postale". No, in effetti non c'era nessun intento didattico, piuttosto una rivendicazione del mio essere napoletano e il riconoscimento di quello che sono, che siamo aldilà di ogni contingenza».

Ha fatto delle ricerche dunque. Dove si è documentato?
«No, nessuna ricerca. Vede, non vorrei rischiare di imbrodarmi, ma la poesia per come la legge è stata scritta di getto, in un'unica stesura, errori grammaticali a parte. È stato un moto spontaneo, l'elenco di quello che rivendico nel dichiarare di essere napoletano, ad una attenta lettura, ha un interlocutore. Quello che senza conoscerti, solo perché sente il tuo accento, si pone sulla difensiva o ti valuta inferiore a lui, nelle capacità e nelle aspirazioni, senza alcuna considerazione di quanto vali esattamente. Quell'interlocutore che non valuta mai chi sei, singolarmente, ma trova comodo e rassicurante descriverti solo con i pronomi plurali. Quindi non sarai mai, tu Raffaele, ma sempre voi napoletani, nella migliore delle ipotesi, fino al voi terroni per farla breve. L'interlocutore al quale sono rivolte quelle rivendicazioni è quello che pensa che tutto il male sia concentrato e stabile a Napoli e che siamo una popolazione senza alcuna possibilità di riscatto. Queste considerazioni, badi bene, non appartengono solo al popolino nordico, ma sono state esternate anche da fior di intellettuali, fiore all'occhiello della intellighenzia radical-chic».

Lei ha anche partecipato all'evento "Innamorati di Napoli" con un singolare percorso sulla pasticceria. Ha avuto successo?
«Sì, ho condotto un nutrito gruppo di turisti in quella attività del "flanare" che esalto nella poesia, ossia il passeggiare per il gusto di passeggiare, accompagnato dal racconto della ricchezza, della varietà e della immensa cultura che è nascosta nella pasticceria napoletana. Ci siamo soffermati su Scaturchio, Gay Odin, Poppella e Pintauro. Ho raccontato i fasti della Bella Epoque e il fu Caffè Caflish. Sì, è stata una esperienza che ha arricchito tutti, un bellissimo scambio. Ho avuto un bel riscontro dall' associazione Guide Turistiche Campania che ha organizzato l'evento insieme all'assessorato al Turismo e alla Cultura, ma soprattutto dai partecipanti che hanno condiviso foto, video e commenti sulla mia pagina Facebook (con lo pseudonimo Raffaele Isidro Parodi) e sulla pagina Facebook di "Io sono napoletano". Sì, mi sento di dire che è stato un successo, anche perché ci siamo divertiti molto, complici la bellissima giornata di sole, l'atmosfera di festa, il rifornimento di dolci, le sfilate per via Toledo dei bambini in costume per il carnevale. Sul sito iosononapoletano.eu c'è una photogallery con le foto dell'evento».
La poesia in questione sarà presentata ufficialmente il prossimo 8 Aprile all'auditorium della Reggia di Capodimonte al 1° "Congresso Culturale Meridionalista". Perché ha scelto questo evento?
«È indubbiamente un'occasione preziosa con la possibilità di presentare la poesia in una cornice prestigiosa e alla presenza di relatori di assoluto valore».

Ha altri progetti poetici in cantiere?
«Progetti ce ne sono tanti, soprattutto quello di portare il testo nelle situazioni di disagio sociale e mostrare ai ragazzi il valore della cultura e l'eredità che devono raccogliere e tramandare. Essere napoletani è una condizione dello spirito prima ancora che un dato geografico. Credo che raccontare ai ragazzi da quale storia sono stati partoriti sia un buon modo per mostrar loro un'alternativa alle scelte facili e pericolose».

Bene adesso l'abbiamo conosciuta. Passiamo dunque al fatto di attualità:

Lei ha visto la puntata di Made in Sud? Ha avuto comunque modo di sentire il monologo?
«Non ho guardato la trasmissione, ma nel momento che andava in onda il monologo sono stato tempestato di messaggi da parenti, amici e fans che mi chiedevano se avessi autorizzato la lettura in Rai. Il giorno dopo ho visto l'estratto della trasmissione. Da quando è andato in onda il monologo, la mia pagina Facebook e la pagina Io sono napoletano, dedicata alla poesia, sono letteralmente prese d'assalto. Sto rispondendo a decine e decine di richieste di amicizia e di messaggi. In molti sono andati a cercarla e l'hanno fatta propria, perché si sono sentiti perfettamente rappresentati dalla parole della poesia. Mi arrivano messaggi da oltreoceano Australia, Sudamerica, Stati Uniti, di napoletani emigrati da anni e profondamente commossi da quello che leggono».

Cosa ne pensa?
«Cosa dire, sono amareggiato perché ritengo che non sia stato reso un buon servizio alla poesia. Il monologo di Gigi D'Alessio non è la mia poesia. Ne riprende la struttura ed intere strofe, certamente, ma non è Io sono napoletano. La mia amarezza nasce dalla convinzione che gli autori del programma fossero a conoscenza della paternità dell'opera, in considerazione della grande eco che ha avuto negli ultimi anni. A Febbraio scorso, ad esempio, il famoso regista Ferzan Ozpetek mi ha onorato con la condivisione della poesia sul suo profilo Facebook, che ha avuto oltre 160mila visualizzazioni. Gli era arrivata in occasione del suo compleanno e lui ha omaggiato Napoli con il suo apprezzamento e la sua condivisione. Eppure gli autori di Made in Sud hanno pensato bene di utilizzare l'opera senza chiedere alcuna autorizzazione e senza citarne l'autore. Ma ciò che più mi dispiace è che sia stata violata l'integrità della poesia, che ne è uscita stravolta, svilita, privata del suo significato originario».

Lei dunque non era stato contattato dallo staff del cantante o dagli autori del programma?
«No, mai, in nessun modo».

Ma la sua poesia è depositata alla Siae?
«Si certo. Quando cominciò la diffusione virale, notai che molti la condividevano apponendo la loro firma e in ogni caso cancellando la mia. Ho faticato non poco per combattere questa deriva. Poi con le interviste sulla stampa on-line e su cartaceo, la verità si è stabilizzata».

Come si sente? Quali sono le sue considerazioni?
«Rispetto a quello che è andato in scena a "Made in Sud "mi sono sentito come il passante che viene urtato mentre cammina e si accorge all'improvviso di essere stato derubato. Sì mi sono sentito scippato non solo dell'opera, che è stata massacrata, ma anche della considerazione come autore».

Cosa pensa di fare?
«Il mio staff, l'agenzia di comunicazione Mokos insieme al mio legale, si stanno occupando degli aspetti burocratici della questione. Io, dal canto mio, continuerò a difendere la paternità e l'integrità di Io sono napoletano, a diffonderne il significato profondo, lo spirito identitario e di orgoglio di una civiltà millenaria, affinché nessuno possa guardarci dall'alto in basso, affinché ogni napoletano possa essere fiero delle sue origini e della sua identità».

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