L'ASTICE AL VELENO «L’astice al veleno è una commedia che ho scritto nell'autunno del 2010. Protagonisti sono Barbara e Gustavo. Lei è un’attricetta amante addolorata e delusa del regista dello spettacolo che sta provando, Gustavo è un pony express che porta in giro pacchi dono per il Natale imminente. La vicenda nasce infatti, e finisce, nella giornata del 23 dicembre, e si svolge nel teatro dove Barbara debutterà tra pochi giorni. In scena con i protagonisti ci sono quattro statue facenti parte della scenografia: una lavandaia del Cinquecento, uno scugnizzo di Gemito, un poeta rivoluzionario tratto dal Regno delle Due Sicilie e un ‘munaciello’, figura mitologica dell’iconografia popolare napoletana che si esprime come un primitivo. Barbara parla con con queste figure inanimate che nella sua fantasia prendono vita, e solo lei (con il pubblico in sala) le vede “vivere”, come gli amici immaginari dei bambini... ma quando in teatro arriva Gustavo vestito da Babbo Natale, e anche lui vede le statue che si muovono, è il segno che tra i due c’è molto in comune…». Vincenzo Salemme |
IN QUESTE STAGIONI FURIOSE L’opera di Raymond Carver, uno dei più grandi romanzieri americani, considerato erede di Hemingway, in realtà artista dall’originalità spiccata e capace di raccontare l’animo umano fin dentro le estreme sue pieghe, ben si presta ad essere narrata e posta sul palcoscenico. Maddalena Crippa e Andrea Nicolini propongono in questo recital alcuni dei racconti più forti e coinvolgenti della vasta opera dell’autore americano, storie di uomini nel quotidiano scontro con le miserie dell’esistenza, storie di coppie che vedono morire impotenti la loro storia d’amore nel caldo pomeriggio di un motel (Gazebo), o terremotate dalla semplice e terribile scoperta di antichi e mai confessati tradimenti (Vuoi star zitta, per favore?). I testi di Carver si alternano alle musiche originali per pianoforte solo di Andrea Nicolini eseguite dal vivo da Caterina Picasso. |
AMLETO Studio su Amleto - atto primo è la prima tappa di un percorso di approfondimento sul testo di Shakespeare iniziato nel gennaio 2010. |
RUMORE DI ACQUA Il primo racconto di traversata che ho ascoltato a Mazara, nella sede della San Vito Onlus, è stato quello di una minuta, coraggiosa donna tunisina: timida, col suo italiano spezzettato tra i denti, faceva fatica ad alzare gli occhi. Ho cambiato il suo nome in Jasmine, ho trasfigurato la sua storia mantenendone gli aspetti essenziali. E’ la prima che ho ascoltato ed è anche l’unica storia, tra quelle evocate dal generale, che riguarda non un annegato o uno scomparso, una morte, ma una vita che si salva. Si salva davvero? Siamo innocenti noi? Sono innocente io? Di tutte quelle tragedie che avvengono altrove, lontano dalla mia casetta, posso ritenermi non responsabile? Che c’entro io con la morte di mio fratello? Rumore di acque è come un oratorio per i sacrificati ei Fratelli Mancuso lo hanno arricchito con le loro potenti voci di satiri antichi, che sembrano gridare il dolore dell’umanità dal fondo di un abisso. Rumore di acque è la seconda tappa del trittico del Teatro delle Albe Ravenna-Mazara 2010 - a cura di Marco Martinelli, Ermanna Montanari e Alessandro Renda - ovvero tre opere che in maniera differente prendono Mazara del Vallo come simbolico luogo di frontiera e punto di partenza per un affresco sull'oggi. |
IL MISTERO BUFFA NELLA VERSIONE POP 2.0 Se Gesù Cristo tornasse oggi chi sarebbe? Cosa potrebbe fare? Saremmo in grado di riconoscerlo e seguire la sua rivoluzione, i suoi dogmi, i suoi miracoli? Clandestino allora come tanti oggi nel nostro paese fu accolto, ammirato, perseguitato e poi giustiziato. Un Gesù raccontato da un giullare, da Giuda, da Maria e dal popolo. Oggi, per paradosso, ognuno di noi è un povero cristo, ognuno di noi è “in fila alla biglietteria del cinema Italia”. Il Mistero Buffo nella versione pop di Paolo Rossi è un omaggio al maestro Dario Fo, ed è anche un’avventura, uno spettacolo che si allontana il più possibile dalla versione originale diventando un contenitore unico, dove i misteri originali e quelli nuovi si uniscono e si miscelano, come accade nel teatro popolare. Ogni sera diverso, recitato con il pubblico e non per il pubblico, è uno spettacolo ricco di cambi di registro, è un’allegoria che confonde i generi, la finzione con la realtà, i sogni del popolo con la cronaca. Un viaggio corale in cui la musica di Emanuele Dell’Aquila si fa personaggio e drammaturgia, in continua interazione con l’azione scenica. |