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La Redazione

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Lunedì, 14 Novembre 2011
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ENRICO VIII

Spazio scenico polidimensionale in cui il pubblico interagisce, scene a forte impatto spettacolare per quello che è l’ultimo dramma scritto da William Shakespeare. Trionfo di un’illuminata monarchia, il dramma ha il suo punto di forza nei temi, nelle vicende e nel poetico tratteggio dei suoi numerosi personaggi, tra cui spiccano il passionale Enrico, l’intrigante Wosley e Caterina, la regina abbandonata che conclude la serie delle figure femminili dei “romances”.

“Questa volta” dice l’autore “non vengo a farvi ridere; abbiamo da presentarvi cose gravi accigliate e tristi per alti travagli: scene di dolore d'una tale maestà e nobiltà da strapparvi dagli occhi fiumi di pianto. Quelli d'animo tenero e pietoso potranno ora, se vogliono, versare una lacrima; la vicenda la merita. Chi ha speso il suo denaro con la viva speranza di veder cose credibili, questa volta vedrà cose vere”.

Lunedì, 14 Novembre 2011
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ODIN TEATRET NORDISK TEATERLABORATORIUM

ORME SULLA NEVE

Ogni spettacolo racconta una storia. I personaggi che appartengono al mondo della finzione diventano realtà credibile per lo spettatore grazie alla tecnica dell'attore. In ORME SULLA NEVE é la tecnica stessa che diventa protagonista. L'attrice, in prima persona dialoga, esponendoli, con i segreti che precedono e seguono la costruzione di un personaggio e la creazione di uno spettacolo. La tensione che caratterizza ogni dramma appare in questo spettacolo/dimostrazione di lavoro attraverso un confronto tra il comportamento quotidiano dell'attrice e la sua trasformazione in comportamento scenico.

“Chi viaggia incontra qualcosa di nuovo. Ma non dimentica mai ciò da cui si sta allontanando. L’orizzonte delle conoscenze si dilata, ma non si tratta di vere scoperte. La vera scoperta è quando lentamente affiora ciò da cui il viaggio sembra liberarlo: “le ferite”. Si aprono gli occhi nel momento in cui lo sguardo è concentrato altrove” Eugenio Barba

Lunedì, 14 Novembre 2011
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ODIN TEATRET NORDISK TEATERLABORATORIUM

SALE

Un'odissea al femminile. Una donna viaggia da un'isola all'altra del Mediterraneo alla ricerca di un amato scomparso. Un fantasma la accompagna e la dirige in una danza sempre più vicina alla consapevolezza di una definitiva lontananza. SALE prende spunto da un testo non teatrale, LETTERA AL VENTO l'ultima lettera del romanzo epistolare di Antonio Tabucchi “Si sta facendo sempre più tardi”, per entrare nelle pieghe dell' animo umano, «fotografando» la voce di un amore, la voce di una vita in un sovrapporsi di ricordi amari come il sale delle lacrime. La novella di Tabucchi viene distillata in un crescendo di emozioni, segni, parole, gesti, musiche che rinnovano il sapore di un amore invecchiato nei ricordi. Un amore forse mai nato, ma sicuramente vissuto e sicuramente morto, un amore che ha lasciato nella vita della donna che l' ha coltivato una lunga traccia di sale.

“C’è un battello all’orizzonte che lascia nell’azzurro una striscia di spuma bianca. Sarai tu anche quella? Forse. Potrei metterla nella mia tasca” Antonio Tabucchi

Lunedì, 14 Novembre 2011
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ODIN TEATRET NORDISK TEATERLABORATORIUM

LETTERA AL VENTO
Spettacolo/dimostrazione

In LETTERA AL VENTO Roberta Carreri e Ian Ferslev presentano il processo di genesi di SALE, spettacolo basato su “Si sta facendo sempre più tardi” di Antonio Tabucchi con la regia di Eugenio Barba. Ripercorrono praticamente la loro esplorazione del tema della “nostalgia” durata cinque anni: dalla primissima fase in cui il musicista apprende a suonare nuovi strumenti e compone la musica, mentre l’attrice raccoglie testi ed oggetti con cui si confronta per creare sequenze di azioni; fino all’incontro con il regista, con le tensioni, difficoltà ed equivoci attraverso i quali si arriva allo spettacolo.

Lunedì, 14 Novembre 2011
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IL RACCONTO D'INVERNO

Talmente eterogeneo nella trama da sembrare quasi due drammi in uno, il Racconto d’Inverno è dedicato al tema della Morte e della Rinascita. Una grande favola in cui il Tempo crea e svela l’errore, mette tutti alla prova e dà senso ad eventi lontani. Racconto o Favola che dir si voglia, qui si intende alludere alla natura del Mito, non solo perché nel testo c’è riferimento esplicito ad uno dei miti più antichi legati ai misteri eleusini, quello delle stagioni di Demetra e sua figlia Persefone, ma anche a livello drammaturgico e strutturale: se abbiamo a che fare con un mito, tutto può succedere in un mito, in esso la successione degli avvenimenti non è subordinata a nessuna regola di logica o continuità. Un mito non cerca di dipingere il reale, ma di oltrepassare la soluzione di compromesso in cui esso consiste, implica l’ammissione (ma nel linguaggio dissimulato del mito) che la realtà, in esso approfondita, sia contaminata dal mondo della contraddizione. E la contraddizione diventa palese quando usiamo il linguaggio per raccontarla: il mito è simultaneamente nel linguaggio e al di là del linguaggio. Una storia che genera al suo interno altre storie, come un sasso gettato in uno stagno: i cerchi che si allargano all’infinito. Storie che non accaddero mai anche se accadono sempre. Elementi della trama esteriore eterogenei, ma anche un gioco dialettico che prende vita nei corpi degli attori e che trapassa di tema in tema formando una struttura fortemente unitaria che tesse il lavoro attoriale, nutre i corpi degli attori, dischiude l’orizzonte dei significati in cui il pubblico viene sapientemente guidato dalla grande scrittura shakespeariana. Ancora una volta un percorso di conoscenza, dunque, che avvicina il protagonista del Racconto, Leonte, ad Otello e in un certo senso ad Amleto. La regia sceglie ampi spazi e atmosfere fortemente in contrasto, evocate principalmente dal gioco scenico e dalla presenza degli attori. Lo spettacolo si avvale della scelta di una compagnia giovane che lavora in ensemble e si scambia i ruoli di sera in sera, non separa la platea dall’azione scenica, invita spesso lo spettatore ad entrare nel gioco, non sacrificando la poesia di Shakespeare a vivere di pura rappresentazione.

“Kohlhaas, tu che ti spacci per inviato a brandire la spada della giustizia, che cosa mai ardisci, temerario, nel delirio di una cieca passione, tu che di ingiustizia sei colmo dalla punta dei capelli alle piante?” Heinrich Von Kleist

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