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Ugly Lies the Bone (Brutto è l'osso), regia di Indhu Rubasingham - Londra, Lyttelton Theatre, 1 Marzo - 6 June 2017. -di Beatrice Tavecchio

Kate Fleetwood in "Ugly Lies the Bone" al The National Theatre, regia di Indhu Rubasingham. Foto Mark Douet Kate Fleetwood in "Ugly Lies the Bone" al The National Theatre, regia di Indhu Rubasingham. Foto Mark Douet

Ugly Lies the Bone (Brutto è l'osso)
prima di Lindsey Ferrentino

Regia di Indhu Rubasingham
Scenografie di Es Devlin
Ingegnere video, Luke Halls
Con Kate Fleetwood, Olivia Darnley, Ralf Little, Kris Marshall
Londra, Lyttelton Theatre, 1 Marzo - 6 June 2017

Nuove frontiere di drammaturgia e scenografia teatrali.

Prendete nota dell'americana Lindsey Ferrentino. La sua scrittura teatrale sa esprimere le sottili variazioni dei sentimenti, le profondità recondite della psiche, con una maestria di caratterizzazione ed una comprensione umana per i personaggi, che la mettono tra i grandi della drammaturgia nord americana, con Tennessee Williams per esempio.
Premiata in patria da vari riconoscimenti, Lindsey Ferrentino scrive Ugly lies the bone nel 2015 che è prodotto a New York con grande plauso. È la storia di una donna soldato, Jess, l'attrice Kate Fleetwood, che dopo tre missioni in Afganistan, ritorna menomata in Florida, a casa, nella cittadina vicino a Cap Canaveral da dove partono i missili di esplorazione spaziale. Tre filoni si dipanano e si intrecciano nel lavoro. Quello principale del suo corpo martoriato e dolorante, sfigurato dalla operazioni che l'hanno ricostruito al 30 per cento. II secondo, quello di una nuova terapia psicologica. È stato scoperto infatti che immettendo il paziente in una realtà virtuale, il dolore può essere ridotto del trenta per cento, molto meglio del venticinque per cento di riduzione del dolore che si ottiene somministrando morfina. Il terzo è quello della difficoltà sia per il reduce che per chi gli sta vicino, di venire a termini con la nuova realtà di handicappato di guerra. Il tutto sullo sfondo di una cittadina e di una comunità messa in ginocchio dalla mancanza di posti di lavoro, perchê la NASA sta per lanciare Atlantis, il suo ultimo, per mancanza di fondi, satellite spaziale.
Teatralmente il lavoro ha due anime: quella psicologica e quella visiva che si giustappongono ad intervalli regolari.
Quella psicologica ha una delicatezza ed una destrezza di scrittura insolite. Jess, l'eroina, risponde con coraggio, fierezza e sarcasmo alla pena fisica e alla paralizzante difficoltà di muovere tutto il corpo e di camminare in particolare. La sorella Kacie, l'attrice Olivia Darnley, le è vicina, così come l'ex boyfriend Stevie, impersonato da Ralf Little, ma la conversazione si arena sulla difficoltà di trovare modo di esprimere l'orrore dello stato fisico, della difficoltà di superare l'enorme varco tra quello che era la persona prima e quella che è tornata dalla guerra. La costante lotta per rimanere positiva di Kacie, gli sforzi del suo stupido, ma innocuo fidanzato Kelvin, l'attore Kris Marshall, che vorrebbe aiutare Jess e non si rende conto di essere lui stesso uno scarto della società, i dubbi di Stevie che ancora le vuole bene ma non ha la forza di superare l'orrore della realtà con cui dovrebbe vivere se si rimettesse con lei, sono temi aperti e dibattuti.
Nonostante il peso degli argomenti, il tono è ironico, il ritmo celere, le frasi corte, spezzettati da lunghi silenzi quando le parole mancano per esprimere quello che si sente. Ed è proprio questa capacità, quella di saper usare il silenzio, che è caratteristica di questa drammaturga. Nel testo molte frasi sono lasciate in sospeso, solo accennate da parole che fanno intuire uno stato d'animo. Per questo magistrale è l'interpretazione di Fleetwood, già vista in una furiosa ma mono tonale Medea, ma qui, diretta con ritmo sicuro attraverso la moltitudine dei sentimenti dalla regista Indhu Rubasingham. Il momento di intimità quando Jess, che è con Stevie sul tetto della casa mentre aspettano il lancio dell'Apollo, scopre la testa e la svela ricoperta di cicatrici e con mazzetti di capelli, ha la delicatezza e trasmette tutto l'amore che per esempio il dialogo al balcone tra Giulietta e Romeo comunica.
Ma non è tutto: la scenografia impera ed avvolge lo spazio ed i personaggi. Infatti è giunto il momento di dare conto di questo fenomeno del Secondo Millennio: dell'evoluzione della scenografia. Se la grande scoperta del Novecento in campo scenografico è stata quella avanzata dagli studi sulla capacità della luce di costruire scenografie e quinte dello svizzero Appia, dal dopoguerra in poi, abbiamo assistito ad un progressivo denudarsi della scena come attraverso l'equivalente dell''arte povera per il teatro, con una scenografia minimalista o quasi mancante, per sottrazione degli oggetti come in Grotowski per esempio. Si è vista una scenografia che dava più risalto ed impatto agli attori, al loro corpo,come nell'ultimo lavoro Bestie di scena di Emma Dante ma anche scenografie costruite da movimenti domestici e movimenti di oggetti come nell'uso di drappi e lenzuola di Strehler. Ora nel Nuovo Millennio il teatro sta adottando la cyber realtà, la Realtà Virtuale. Non stiamo più assistendo a sporadici tentativi. Tutti gli spettacoli visti in questi ultimi anni hanno via via introdotto immagini proiettate sul palcoscenico, ma ora quest'evoluzione è completa. Il mondo virtuale viene ricreato sulla scena e crea situazioni, le svolge e produce reazioni sia sulle situazioni che sui personaggi. E questo spettacolo ne è un esempio primario. Come in un videogioco la protagonista è immersa in una realtà ricreata, virtuale che costruendo montagne e foreste di pini innevati le fanno dimenticare il dolore. Più si immerge e più riacquista mobilità. Alla fine vorrebbe che 'la cura' continuasse, ma il programma è stato completato e può solo essere ripetuto. Jess rimane a fronteggiare la sua realtà che ha bisogno di altro, per essere affrontata.
Quindi un uso della scenografia che diventa personaggio, parete di riscontro e non sola illustrazione. È un unicum di cui la protagonista fa parte e con cui dialoga.
Nuove frontiere dunque per la scenografia, superbamente realizzata in uno spazio concavo, intriso di suoni e di effetti visivi. L'effetto è ancora più pregnante che nella scenografia cyber di The Incident of the Dog in the Night-time, dove le proiezioni virtuali erano su pareti rettangolari sul fondo e sui lati del palcoscenico. Qui Jess ed anche noi del pubblico ne siamo avviluppati, in 3D, come con una grande stola che ci include nello spettacolo.

Beatrice Tavecchio

Ultima modifica il Martedì, 07 Marzo 2017 11:04

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