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(LONDRA). "A Kind of People" di Gurpreet Kaur Bhatti, regia di Michael Buffong. Razzismo: una tragedia moderna. -di Beatrice Tavecchio

Richie Campbell, Claire - Louise Cordwell in "A Kind of People"  di Gurpreet Kaur Bhatti. Foto Manuel Harlan Richie Campbell, Claire - Louise Cordwell in "A Kind of People" di Gurpreet Kaur Bhatti. Foto Manuel Harlan

Razzismo: una tragedia moderna
di Beatrice Tavecchio

A Kind of People
di Gurpreet Kaur Bhatti
Regia di Michael Buffong, scene di Anna Fleischle
Con Richie Campbell (Gary), Claire-Louise Cordwell (Nicky), Petra Letang (Karen), Amy Morgan (Victoria)
Royal Court Theatre, dal 5 dicembre al 18 gennaio 2020.

Dario Fo, dopo le sue lezioni di teatro al Riverside Studios nel 1983 e la sua intervista-spettacolo al National Theatre, aveva fatto notare sulla scena britannica la notevole presenza di temi attuali, sociali e politici, diversamente da quanto allora avveniva in Italia.
La vivacità del teatro londinese, cioè la capacità di attrarre un pubblico non solo borghese, bianco, di una certa età e consistenza economica, ma giovane, non ricco e multietnico, che si riconosce nei temi trattati e ama le novità sceniche, è attestata dagli spettacoli in cartellone al Young Vic Theatre, all’Almeida Theatre, al Royal National Theatre, al Theatre Royal Stratford East, al Bush Theatre. Ma la palma d’oro in questo, come è sempre stato dagli anni Cinquanta, va al Royal Court Theatre ora sotto la direzione artistica di Vicky Featherstone.
Che cosa appassiona i giovani? Qual è la vita, la realtà sociale, che messa in scena può parlare loro? Chi è il drammaturgo che può trovare non solo i temi, ma può tradurli in dialoghi e azioni capaci di interessare, e come misura definitiva mantenere l’attenzione del pubblico?
Quando un pubblico respira, emette sospiri di incredula disapprovazione per le battute di un personaggio, si muove a disagio sulla sua poltrona, emette parole di incoraggiamento e grida non troppo sussurrate di costernazione verso la scena, quando si nota che quel pubblico è in misura strepitosa composto da giovani ventenni e trentenni, allora si capisce che il teatro è per loro una cosa vivente. E come ho sentito dire l’altra sera al Royal Court theatre: “This is real stuff...it is thought provoking” (Questa è roba vera...che fa pensare). 

People 162

Questi sono i commenti a A Kind of People di Gurpreet Kaur Bhatti.
In scena una coppia pachistana; una coppia mista, lei Nicky bianca, lui, Gary, nero di discendenza caraibica; Karen sua sorella; Mark un inquilino bianco; Victoria una manager bianca. Nicki e Gary vivono con tre figli in un appartamentino di due stanze sussidiato dal comune. Le due coppie hanno figli di età scolare. Dopo un inizio in cui tutti vivono in armonia, l’arrivo inaspettato della direttrice della ditta dove lavorano Mark e Gary, fa scoppiare temi di conflitto razziale che si ramificano, con la perdita del lavoro per Gary, in argomenti sulla difficoltà di fare carriera se sei di nero, sulla povertà che ne deriva, sulla montante disperazione e sul disaccordo che porta alla separazione. Nicky quasi impazzisce e riversa la sua disperazione con violenza sui figli che come conseguenza le saranno tolti.
Parlare apertamente di razza è un argomento scottante, anche nella Londra multirazziale di oggi. Fa fuoriuscire i problemi di fermi proporzionati da parte della polizia, di difficoltà di fare carriera, di invisibilità, di povertà, di difficile accesso al sistema educativo privato e statale, di problematica convivenza con altre razze, qui la bianca e la pachistana, con le loro diverse culture e atteggiamenti verso la cultura bianca dominante.
Bhatti scrive con verismo. Il linguaggio ed i temi sono quelli del pubblico. Prende di petto il tema razziale, lo eviscera in dialoghi aperti e non solo accennati. Mostra iI risentimento, l’umiliazione, la rabbia, l’incomprensione ancora esistente nonostante il negarlo, toglie a poco a poco il velo del perbenismo e del non detto all’interno dei tre gruppi etnici e rivela abiti mentali irrispettosi della razza altrui, costruendo personaggi complessi in situazioni adatte a rivelare una realtà  sfaccettata.
L’interpretazione onora il testo, gli attori incarnano con bravura ineccepibile  personaggi riconoscibili. Il ritmo è veloce.
Ma alla fine il pugno nello stomaco dello spettatore rimane. Questa non è Medea che uccide i propri figli, ma Bhatti vi si avvicina parecchio. Perché anche questa è una tragedia, moderna.

Ultima modifica il Sabato, 28 Dicembre 2019 19:36

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