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NUOVE DRAMMATURGIE IN UK. PUNCH di JAMES GRAHAM. -di Beatrice Tavecchio

David Shields (Jacob Dunne) in "Punch", regia Adam Penford. Foto Marc Brenner David Shields (Jacob Dunne) in "Punch", regia Adam Penford. Foto Marc Brenner

Punch (Pugno)
di James Graham, dal libro di Jacob Dunne Right from Wrong (Bene dal Male). 
Regia di Adam Penford
direttore artistico della Nottingham Playhouse dove il dramma  è originato nel 2024;
scenografie di Anna Fleischle, luci di Robbie Butler,
progettista suono Alexandra Faye Braithwaite, coreografia di Leanne Pinder.
Con David Shields (Jacob), premio UK Theatre Award 2024 per Punch;
Julie Hesmondhalgh (Joan), nominata migliore attrice non protagonista; 
Tony Hirst (David), Alec Boaden, Shalisha James-Davis e Emma Pallant
Londra, Young Vic Theatre, 01/03 - 26/04/2025

Una storia attuale, un contenuto sociale in un contesto di gang di piccoli criminali violenti, un tema, quello della riabilitazione a cui molti non vogliono pensare.

Non facile farne una rappresentazione teatrale. È il nuovo lavoro di James Graham, il drammaturgo lodato da tutti come il migliore drammaturgo dell’attuale scena anglosassone (Best of Enemies, Dear England, Sherwood). Dopo l’enorme successo di Dear England sulla nazionale di calcio britannica di Gareth Southgate (sipario.it 01/09/2023), che è ora ripresa dal National Theatre fino al 24 maggio per poi girare nel Regno Unito da settembre, si può prevedere che Punch ne seguirà le orme dato che James Graham ha ricevuto la Kevin Pakenham Award 2024 (Longford Trust) per questa drammaturgia e per la bravura degli attori.

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David Shields, (al centro), e il cast of Punch. Foto Marc Brenner

Tratto dal libro di Jacob Dunne è la storia autobiografica dell’autore. Cresciuto a Nottingham in un complesso alienante di case costruite male, con solo la madre, il padre lontano e un fratello di sette anni minore, lascia la scuola che lo ha certificato autistico, si associa a bande di ragazzi che per mancanza d’altro fanno a pugni tra di loro in un crescendo di violenze. Con un solo pugno una sera colpisce James che ne muore. Condannato per omicidio colposo, fa quasi tre anni di carcere, ne esce  e aiutato dai servizi sociali riprende gli studi e ha un lavoro. I genitori del ragazzo morto, Joan e David, dapprima si appellano per fargli aumentare la pena e in un secondo tempo, non sapendo come alleviare il loro dolore, accettano di incontrare l’assassino involontario. A poco a poco si instaura una comunicazione e una comprensione  che se non porta al perdono, aiuta il colpevole a costruire una vita: si laurea, si sposa, ha un figlio.

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Shalisha James-Davis, David Shields e Alec Boaden in Punch. Foto Marc Brenner

Le passioni  e la pena dei personaggi a contrasto aprono un dibattito sul costo umano di decadi di abbandono di certe comunità, e suggeriscono un modo di riconciliazione tra offendente e offeso, un modo per sopravvivere all’enorme tragedia di un figlio/a ucciso. Il tema della riabilitazione è agito, lo spettatore vede come e con quanta attenzione e delicatezza i servizi sociali tentano la strada della riconciliazione. Il protagonista, nel secondo tempo, dice della sua storia e il percorso che lo redime appare possibile.

Temi sociali quindi, attuali, non risolti, portati coraggiosamente a teatro per dar loro risonanza e possibilmente far su loro convergere una nuova attenzione su come la riabilitazione, la rappacificazione porti benefici.

Il pubblico attanagliato dalla scena ha risposto con applausi e ovazione finale.

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Tony Hirst (al centro) e il cast of Punch. Foto Marc Brenner

Perché? Perché funziona come spettacolo. I temi di tragedia, perdono, redenzione e riforma sono presentati non solo verbalmente , ma agiti in un ritmo esuberante, intenso specie nell’azione delle gang che precede la tragedia. Solo sei personaggi in scena, ma ricoprono numerosi ruoli così da popolare la scena di attività e risonanza del vero. La scena contribuisce all’azione compatta e veloce: si eleva in due rampe di scale poste ad emiciclo che servono a volte da tunnel, a volte a dar l’idea di un ponte sul fiume Trent, ma maggiormente per creare uno spazio doppio su cui fare agire l’energia, la rabbia, il desiderio di vita dei ragazzi. L’illuminazione ha un ruolo importante. È dinamica, precisa, e usa  con perizia infinite combinazioni di luce e di colore: dagli spot su un personaggio, a multiple combinazioni di luci, a circoli luminosi che delineano l’area performativa, a chiaro-scuri nel perforare il fondale con silhouette di finestre illuminate come di sera, o a volte colorate per ideare fuochi d’artificio. La musica sottolinea l’atmosfera pericolosa delle gang, contrastata dal dolce suono delle campane della chiesa di Saint George. Il tutto sottolinea l’azione che è corale, anche se Jacob, il bravissimo David Shields col forte accento del Nord, specie nel primo atto domina la scena, aggressivo nella incessante ricerca di farsi valere all’interno delle bande. Un circolo vizioso, dice, che porta sempre più alla temerarietà. La madre dell’ucciso, Joan - l’attrice Julie Hesmondhalgh - e il padre David - l’attore  Tony Hirst - sono totalmente credibili nella naturalezza della loro pena differentemente agita.

Il vero Jacob Dunne, l’autore del libro Right from Wrong (Bene dal Male) su cui si fonda il dramma, alla fine dello spettacolo ha preso parola sul palco per dirci del suo impegno nei centri sociali e nelle prigioni per aiutare a capire attraverso la sua storia “con più profondità”, e ha invitato a prendere atto di come il teatro può, come in questo spettacolo, illuminare e influenzare.

Beatrice Tavecchio

Ultima modifica il Venerdì, 14 Marzo 2025 04:00

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