venerdì, 29 marzo, 2024
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INTERVISTA a LUC BOUY - di Michele Olivieri

Luc Bouy. Foto Stefano Di Luca Luc Bouy. Foto Stefano Di Luca

Luc Bouy danzatore e coreografo belga, ha iniziato la sua carriera allo Scapino Ballet di Amsterdam, dove dal 1968 al 1971, è stato solista, incominciando a creare le proprie coreografie. È passato poi, sempre come solista, nelle file del “Ballet du Xxème Siècle” di Maurice Béjart (1971-1976) per poi trovare nel Cullberg Ballet di Stoccolma la compagnia che più a lungo ha valorizzato le sue doti interpretative e potenziato il suo talento coreografico. Danzatore principale nel celebre gruppo fondato da Birgit Cullberg, ha creato il ruolo di Albrecht nella “Giselle” di Mats Ek (1982) e sino al 1988 è stato coreografo e assistente al Cullberg Ballet; molte sue coreografie sono state incluse nel repertorio della compagnia svedese. Nel 1989 ha accettato l’incarico di maître de ballet al Teatro Comunale di Firenze e dal 1991 al 1993 quello di vicedirettore del Ballo dell’Arena di Verona e del Balletto di Venezia. In seguito ha ricoperto la stessa carica al Teatro dell’Opera di Roma. Insegnante presso le maggiori compagnie di balletto europee, è stato, tra l’altro, coreografo ospite del Balletto Nazionale di Cuba e del Balletto Reale delle Fiandre. Ha creato diverse coreografie per Carla Fracci con la regia di Beppe Menegatti (“Filumena Marturano”, “Antonio e Cleopatra”, “Il lutto s’addice ad Elettra”, “La signorina maestra e il teppista”, “Zelda, riservami un valzer”, “Images d’Ida Rubinstein”, “Gerusalemme”, “Triottodix”, “Tango classicamente tango”, “Amleto principe del sogno” rappresentato per due stagioni al Teatro Nazionale di Roma e portato in tournée al Teatro Municipale di Piacenza). È stato Alban Berg nello spettacolo “Wozzeck, Lulu, La Morte” ed altri al Teatro Nazionale. Tra i numerosi riconoscimenti il Premio Positano per la Danza. Tra le sue ultime creazioni “I tuoi occhi”, musica di P. Glass (Spoleto 2003), Shakespeare in danza andato in scena per la prima volta durante il Festival Abanodanza, e portato poi in tournée al Teatro Municipale di Piacenza con la compagnia dell’Opera di Roma. Nell’ottobre 2004 Carla Fracci e Mario Marozzi hanno danzato la sua coreografia “Lady Macbeth sonnambula” al Festival internazionale di Cuba. Nell’aprile 2005 ha realizzato la coreografia di “Nozze di sangue” con Carla Fracci e i danzatori dell’Opera di Roma. In agosto ha realizzato le coreografie sullo “Stabat mater” di Luigi Boccherini. Nello scorso ottobre ha realizzato le coreografie per la produzione di “Aida”, firmata Franco Zeffirelli, andata in scena a Mosca. Nel gennaio 2006 ha coreografato “Re Lear il suo matto e le sue tre figlie”, interpretando anche il ruolo di Gloucester. Dal 2000 al 2007 è stato vicedirettore di Carla Fracci al teatro dell’Opera. Dal 2007 crea coreografie per i maggiori teatri e compagnie internazionali. Nel 2017 presso l’Auditorium Giovanni Arvedi di Cremona nel cartellone dello “StradivariFestival” organizzato dalla “Fondazione Museo del Violino Antonio Stradivari” Luc Bouy ha curato la coreografia dello spettacolo “Omaggio a Stradivari” con Carla Fracci, Alessandro Macario, Anbeta Toronami per la regia e ideazione di Beppe Menegatti.

Carissimo Maestro Bouy, la tua carriera è così ricca di eventi, esibizioni e collaborazioni. Da bambino ti saresti mai aspettato un futuro ricco di soddisfazioni artistiche?
Fino all’età di sette anni ho vissuto in Africa, precisamente in Congo Belga, con i miei genitori senza avere alcuna idea di cosa fosse una professione, né un mestiere. Neppure esisteva un teatro o un luogo dove poter assistere a spettacoli, concerti o rappresentazioni di Balletto!

Ma la danza, il balletto, la coreografia e il mondo del teatro sono sempre stati il tuo sogno o da ragazzo desideravi intraprendere un altra professione?
Ho iniziato a ballare quando ho imparato a camminare! In maniera spontanea, naturale, seguivo l’istinto... Era una necessità, una maniera di comunicare con l’ambiente circostante: non pensavo a nessun futuro artistico. Era una esigenza primordiale, come bere, mangiare e respirare! Il mio sogno è sempre stato quello della Danza. Se non mi fosse stato permesso danzare, probabilmente avrei scelto di disegnare abiti d’alta moda, o creare costumi per il mondo del teatro. L’incontro con il mio primo Maestro, Raymond Heux (Primo Ballerino del Teatro de La Monnaye di Bruxelles) ha influenzato notevolmente sulla personale crescita professionale. Con lui, che insegnava il metodo Cecchetti, prendevo quattro classi al giorno ed ha forgiato sicuramente la mia preparazione al palcoscenico!


Quali sono stati i momenti più importanti nella tua formazione e a quali maestri sei più grato?
Tutti i Maestri con i quali ho studiato hanno lasciato delle impronte indelebili nella mia crescita e formazione artistica. Viktor Gzovsky al “Ballet du XXe siècle” di Maurice Béjart. E poi Leonid Woitzikowsky, ex danzatore di Sergej Diaghilev al Balletto di Anversa. Madame Nora Kiss a Parigi. José Pares e Menia Martinez sempre al “Ballet du XXe siècle” (negli anni ottanta). Bijorn Holmgreen a Stoccolma per la tecnica Bournonville, e ultima, non in ordine di importanza Olga Lepeshinskaya, allo “Swedish Royal Ballett”.

Sei nato in Belgio, una nazione ricca di cultura, storia e di arte. Com’era vissuta ai tuoi tempi la danza nel tuo Paese?
Ai miei tempi, a Bruxelles, le “Ballet du XXe siècle” diretto da Maurice Béjart, era considerato come si considera oggi una squadra di calcio, cioè eravamo idolatrati da un pubblico numeroso, appassionato, caloroso. Gli ammiratori ci attendevano in aeroporto al ritorno dalle tournée, con fiori, regali, all’inizio ed alla fine di ogni spettacolo ci accoglievano con ovazioni, anche a scena aperta.


I ricordi più belli legati al tuo arrivo ad Amsterdam presso lo “Scapino Ballet” a cosa sono legati?
Lo “Scapino Ballet” di Amsterdam è stato il mio primo contatto con una Compagnia di balletto, diretta all’epoca dalla signora Hans Snoek e Armando Navarro, quindi sono legato affettivamente a doppio filo!

Un tuo ricordo particolare per Maurice Béjart, lavorare al suo fianco quanto e come ti ha arricchito?
Maurice Béjart... è grazie a lui se dopo aver visto la sua “Sacre du Printemps” che ho trovato la forza, il coraggio e la grinta di iniziare a studiare danza a livello professionale, lottando contro tutti e tutto. Lavorare con lui è stata un’esperienza magica, particolarmente quando creava un ruolo su di te. Gli devo la vita, come la si deve ad un padre!

In seguito sei entrato a far parte della compagnia fondata da Birgit Cullberg, altro nome iconico della danza internazionale. A quali produzioni di quei tempi sei più legato e perché?
Dopo una tournée in Svezia, con il “Ballet du XXe siècle” ho incontrato Birgit Cullberg e mi sono proposto come coreografo della Compagnia da lei diretta e fondata, però mi rispose che avrei potuto coreografare solo se fossi diventato un componente della sua Compagnia. Fu così che decisi di entrare a far parte del Cullberg e lasciare Bruxelles, il Belgio, il “Ballet du XXe siècle” e Maurice Béjart... Il mio primo balletto, come interprete al “Cullberg Ballet” fu “San Giorgio e il Drago” di Mats Ek, mentre di Birgit Cullberg ho amato danzare il ruolo principale, Jean, in “Miss Julie”, ruolo danzato anche da Erik Bruhn e Rudolf Nureyev.

Il ruolo di Albrecht nella “Giselle” di Mats Ek cosa ha significato per il tuo essere artista ed esecutore e come ti sei accostato al personaggio?
Creare il ruolo di Albrecht nella “Giselle” di Ek, insieme ad Ana Laguna, è stata una emozione indimenticabile ed indimenticata tutt’ora. Premetto che creare una nuova versione di “Giselle”, capolavoro del repertorio romantico era una enorme responsabilità e la grandissima interiorità dei due ruoli principali ci faceva commuovere e piangere ad ogni prova e ad ogni rappresentazione.

Un tuo pensiero per Birgit Cullberg?
Ritengo che Birgit Cullberg sia stata una grande donna, con una enorme personalità, è lei che ha portato la danza contemporanea in Svezia, creando una autorevole Compagnia. Conservo per lei enorme affetto!

Mentre per Mats Ek?
Mats Ek mi ha dato splendide opportunità regalandomi due ruoli fondamentali per la mia carriera: Bernarda in “La casa di Bernarda Alba” e Albrecht nella sua “Giselle”. Durante i dodici anni che sono stato nella Compagnia Cullberg abbiamo avuto una bella complicità. Per me è stato, e lo è tuttora, un coreografo ma anche un amico fraterno, ho provato sempre particolare soddisfazione ad interpretare le sue coreografie e al contempo sono stato felice di averlo avuto come interprete di alcune mie creazioni coreografiche.

Sei stato vicedirettore di Carla Fracci al teatro dell’Opera, quali sono state le soddisfazioni più singolari in questa nomina?
Essere assistente di un personaggio come Carla Fracci non è facile, ovvio! Posso dire che da lei ho imparato tanto: il senso della fedeltà al lavoro e ad un teatro. Con lei ho pensato molto di più ai danzatori che a me stesso... Insieme, al Teatro dell’Opera di Roma abbiamo creato tantissimi lavori, lavorando intensamente per ottenere grandiosi risultati e successi: sia come creatore di nuove coreografie ma anche come assistente nei balletti di repertorio.

Cosa ti ha colpito in particolare nel lavorare per tanti anni al fianco di Carla Fracci e di Beppe Menegatti con i quali hai realizzato splendidi lavori coreografici?
Mi ha sempre colpito la grande cultura del teatro di Beppe Menegatti, che può spaziare dalla prosa alla lirica, al balletto, alla musica. Ho ascoltato con piacevole interesse i suoi ricordi su Eduardo, sulla Callas, Visconti, Zeffirelli. È un uomo di instancabile energia e forza creativa. Il talento di Carla, la sua capacità e la sua voglia di trasformarsi ogni volta nel personaggio richiesto (Filumena, Cleopatra, Elettra... ruoli che ho creato per lei) mi ha costantemente meravigliato e stupefatto.

Hai avuto l’onore di collaborare per alcuni tra i più bei nomi della danza mondiale. Uno spirito d’unione alla ricerca dell’interprete totale ed ideale per ogni tua creazione?
I piu grandi nomi della danza mondiale non li ho scelti ma sono state le circostanze artistiche che mi hanno portato sulla loro strada. Vassiliev, Savignano, Viengsay Valdes, Jorma Uotinen, Massimo Murru, Anbeta Toromani, Alessandro Macario sono stati incontri bellissimi e con ognuno di loro ho avuto un forte piacere a creare. E molto umilmente ho cercato di cucire su di loro il personaggio e il giusto ruolo.

Tra tutti i teatri del mondo in cui hai lavorato dove ti sei sentito più a casa? E qual è a tuo avviso il pubblico maggiormente competente nei confronti dell’arte coreutica?
Come danzatore il teatro dove mi sono sentito a casa, ovviamente, è il Teatro de la Monnaye di Bruxelles, ai tempi di Maurice Béjart. Come coreografo al Teatro dell’Opera di Roma con Fracci e Menegatti. E non posso dimenticare il teatro Comunale di Nocera Inferiore, la cittadina campana dove vivo, che mi permette di portare avanti le mie sperimentazioni. Il pubblico più entusiasta l’ho trovato in America Latina (Colombia), a Cuba, a Parigi, a Vienna e nei Paesi dell’Est (Tallin, Praga, Pietroburgo, Budapest), luoghi dove il Balletto rappresenta parte attiva della cultura e motivo di orgoglio nazionale.

Decidendo di tirare una sorta di bilancio sulla tua encomiabile carriera ancora oggi in piena attività, qual è il primo pensiero?
Sono sempre più convinto che ho avuto una grande fortuna a poter fare questa meravigliosa professione. E sono oltremodo felice e fortunato ad aver potuto far parte di un periodo epocale per la danza, con compagnie internazionali di un’epoca passata.

Qual è il tuo primo ricordo legato alla professione di coreografo e qual è stato il tuo primo lavoro?
Il mio lavoro come coreografo è stato per lo “Scapino Ballett”, un passo a due dal titolo “À la Recherche” su musica di Edgar Varese, per una carissima collega, Gonnie Sanders e per me stesso.

Quando hai calcato da danzatore il palcoscenico per la prima volta, in quale occasione?
Il mio primo lavoro come danzatore è stato un contratto stagionale per il “Ballet du XXe siècle”, in una grande produzione dal titolo “Le 4 fils Aymon” di Maurice Béjart.

Qual è, tra tutte le tue creazioni, quella che più hai amato?
Le creazioni che ho amato maggiormente sono: Albrecht, come danzatore, in “Giselle” di Mats Ek e “Filumena Marturano” come coreografo. Ma è difficile scegliere... come un genitore che deve scegliere quale figlio ama maggiormente!

Hai goduto di un’infinità di incontri, chi ha lasciato un segno particolare e perché?
Maurice Béjart ha segnato in maniera indelebile tutta la mia esistenza, per sempre!

Com’è stato lavorare con Franco Zeffirelli?
Zeffirelli è stato un genio del teatro d’opera, oltre che del cinema mondiale, incontrarlo e lavorare per lui è stato entusiasmante, bellissimo ed esaltante creare la coreografia della sua “Aida” per il Teatro Verdi di Busseto che ha girato il mondo.

Hai ricoperto per anni il ruolo di maître de ballet e di insegnante presso le maggiori compagnie di balletto, cosa non deve mai mancare nella figura professionale del Maestro?
In un Maestro non deve mai mancare la conoscenza, il rispetto per il lavoro e per i danzatori, e una continua ricerca!

Che esperienza è stata quella presso il celebre Balletto Nazionale di Cuba, istituzione che ha dato i natali a grandi nomi della danza, e che gode di una singolare metodologia di studio, in particolare per la tecnica maschile?
La prima volta che ho avuto la possibilità di lavorare per il “Balletto Nazionale Cubano” è stato negli anni novanta quando sono stato chiamato per creare una coreografia per il Festival del balletto dal titolo “Primavera”; è durante quel periodo che ho imparato moltissimo assistendo a tutte le classi della Compagnia Cubana e della scuola. In seguito sono ritornato per festeggiare i novant’anni di Alicia Alonso, ed ho creato il passo a due “Profumo”, su musica di Chopin e Dulce Pontes, per Viengsay Valdes, attuale Direttrice del Balletto Nazionale, ed anche in quell’occasione ho potuto ammirare tantissimi artisti talentuosi.

Come ti prepari e da dove trai ispirazione per una nuova creazione coreografica?
Quasi sempre la mia ispirazione coreografica parte dall’ascolto della musica e dagli stessi interpreti.

C’è in particolare un danzatore, danzatrice o coreografo della “storia” con cui ti sarebbe piaciuto lavorare anche solo idealmente?
Mi sarebbe piaciuto coreografare per Vaslav Nijinsky e lavorare, io stesso come interprete, per coreografi quali Jerome Robbins e Hans van Manen.


Da ragazzo avevi qualche mito tersicoreo a cui ispirarti?
Da giovane allievo avevo una immensa ammirazione per Germinal Casado, il primo interprete della “Sagra” di Béjart e per Yuri Soloviev, danzatore sovietico che vidi danzare a Bruxelles, al Teatro de la Monnaye nel 1962, in Sigfrido e Uccello Azzurro, con il Kirov.


Il teatro è un lavoro artigianale, come ti relazioni nella preparazione di un allestimento, da cosa parti inizialmente?
In genere, come ho detto prima Michele, parto dalla musica e dai danzatori, ma a volte anche da un testo letterario, da una storia, argomenti che mi ispirano a mettere “in Danza”.

Opera e danza come convivono nella tua visione?
Adoro l’opera lirica, e la danza nelle opere è sempre considerata un contorno, ma meno male che esiste! Ma non è abbastanza valorizzata, oggi. Ho un bellissimo ricordo di un minuetto nelle “Nozze di Figaro” che danzai sempre al Teatro de la Monnaye, da allievo della scuola... ancora oggi mi emoziono quando ascolto l’ouverture!

Che esperienza hai avuto con il Teatro alla Scala?
La mia prima esperienza al Teatro alla Scala risale a quando danzavo per il “Ballet du XXe siècle”, in seguito, dopo venticinque anni vi sono ritornato come Maestro per dare la classe alla Compagnia e poi come Coreografo per “Mi Vida” creato per la meravigliosa Luciana Savignano, e un giovanissimo Massimo Murru e un bravo artista come Stefano Benedini. Ho creato, successivamente, un passo a due per Michele Villanova e Anita Magyari, Primi ballerini del Teatro alla Scala, “Anniversario di matrimonio”, danzato in un gala dedicato a Carla Fracci. In un’altra occasione ho lavorato con i Solisti ed i Primi Ballerini della Compagnia Scaligera ma al Piccolo Teatro per “Immagine di Ida Rubistein”.

Oggi le emozioni sono sempre le stesse o nel tempo la passione “cede il passo”?
Ancora oggi ho lo stesso entusiasmo sia nel dare una classe che nel creare un balletto.

Per concludere carissimo Luc, come nutri il tuo quotidiano alla ricerca della bellezza e dell’arte in senso lato?
Cerco di trovare la bellezza in un sorriso, nella vita stessa, in una mano tesa, in un quadro esposto al museo, in un tramonto sul mare, un fiore che cresce sul mio terrazzo...

Michele Olivieri

Ultima modifica il Lunedì, 03 Agosto 2020 11:15

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