giovedì, 28 marzo, 2024
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INTERVISTA a NINO GRAZIANO LUCA - di Michele Olivieri

Nino Graziano Luca. Foto Enrico Giorgetta Nino Graziano Luca. Foto Enrico Giorgetta

Nino Graziano Luca, studioso appassionato, cultore della materia, amante del bello, trova nell’armonia della danza la sua vocazione quando, affascinato da “Maratona d’Estate”, lo storico programma televisivo RAI condotto da Vittoria Ottolenghi, comincia a studiare Storia della Danza. All’età di diciotto anni esordisce come regista e conduttore del “Gala della Danza” con Vladimir Derevianko e l’English National Ballet; del “Festival Internazionale del Ballo” con Sharon Savoy; e dello spettacolo di Afro-Jazz e Teatro-Danza Jamalo. Durante un viaggio in Scozia, partecipa ad uno Stage dedicato alle “Scottish Country Dance” e alle “Danze Sociali” che costituirà l’inizio della sua attività. Nel 1989 si trasferisce a Bologna, per iscriversi alla Facoltà di Lettere e Filosofia, Corso di Laurea in “Discipline delle Arti Musica e Spettacolo” dove, nel 1990, la Professoressa di Storia dello Spettacolo Eugenia Casini Ropa “decise di tentare un esperimento: un seminario pratico/teorico sulle danze sociali dell’epoca col quale mettere in pratica e approfondire i risultati delle ricerche in atto”. Da quell’esperimento, sono iniziati i primi dieci anni di ricerca di Nino Graziano Luca, in cui allo studio approfondito dei manuali, alle affascinanti trascrizioni coreografiche, alla pratica, ha abbinato l’allestimento di spettacoli e performance, la collaborazione organizzativa di eventi conviviali a tema ottocentesco, la stesura della sua Tesi di Laurea, le prime collaborazioni all’Università di Bologna e ha soprattutto sviluppato la definizione di “danza storica” quando all’epoca gli studiosi preferivano parlare di “danza sociale”, “danza di società”, “danze di Corte”, “early dance” o, più nello specifico, “medieval dance”, “baroque dance”, “regency dance”. Nino Graziano Luca definisce in quegli anni la “Danza Storica”, come il sistema coreico (teorico-pratico) fondato sui Manuali reperiti prevalentemente in Europa a partire dallo scritto di Domenico da Piacenza “De Arte Saltandi et Choreas Ducendi” (databile 1445-1447) in poi. Nino Graziano Luca dal 2000 è Fondatore, Presidente e Direttore artistico della Compagnia Nazionale di Danza Storica. In questi anni ha messo in scena, con il Corpo di Ballo dei Danzatori professionisti, numerosi spettacoli e ha organizzato un’intensa attività associativa di Gran Balli in costume, Tè Danzanti, Corsi di Danza Storica, Stage di approfondimento, Conferenze, Mostre e Gran Balli delle Debuttanti finalizzata alla promozione della danza storica. È autore del libro “Gran Balli dell’800. Da Via Col Vento al Gattopardo (Armando Curcio Editore) nel quale propone il risultato dei suoi vent’anni di studio in tutta Europa sul tema della Moda, Danza, Bon Ton tra il tardo ‘700 e gli inizi del ‘900. Il libro ha ottenuto i patrocini della Presidenza del Consiglio dei Ministri e dell’Ambasciata d’Austria ed è stato presentato tra l’altro alla Camera dei Deputati e all’Ambasciata d’Austria. Nell’ottobre del 2017, giunto alla quinta ristampa, è stato pubblicato in versione economica. Nel 2019 è stato tradotto in inglese.

Gentile Nino, lo studioso di danza storica, secondo il Suo pensiero, deve sviluppare nella propria ricerca uno studio interdisciplinare tra le arti che gli consenta di capire meglio il dialogo che questa disciplina ha avuto nei secoli con la società di riferimento. Cosa ha scoperto di più interessante ed appassionante avvicinandosi alla ‘filosofia coreutica’?
Nella danza, nel ballo, la simbiosi tra la musica, il corpo e le emozioni che ne scaturiscono, genera armonia ed il naturale richiamo alla libertà di ciascuno di noi, si plasma amorevolmente in un insieme ordinato di passi e figure, grazie alla coreografia. Essa determina l’empatia tra ogni singolo danzatore all’interno di un Salone da Ballo, o tra un ballerino, la sua arte, ed il pubblico che ne fruisce, quando questa si esprime in scena; induce a condividere o comprendere gli stati d’animo altrui o quelli dei personaggi che vengono rappresentati, sia che si tratti di gioia, che di dolore. Tocca al danzatore, nel rispetto della coreografia, riportare in superficie i tratti profondi, veri, dell’essere umano, delle sue percezioni. La tecnica è fondamentale in tutto ciò, ma è il “come sei” che fa la differenza, che ti rende più o meno grande danzatore, dandoti la sensazione di essere parte integrante dell’ordine cosmico. Su queste considerazioni da “filosofia coreutica”, credo che oggi si possa essere tutti più o meno d’accordo. Ma, ovviamente, non è stato sempre così. L’arte coreica, centrale per la storia dell’uomo, ha contribuito a tramandare uno splendido rituale di tradizioni; ha sancito degli accordi taciti ma basilari per l’evoluzione della società, per il dialogo universale tra le genti ma è nel momento in cui si è voluto mettere ordine “all’esplosione emotiva del puro movimento” che le suddette riflessioni trovano il loro punto di partenza. Siamo all’incirca alla metà del ‘400 ed è all’interno del mondo della “danza di corte” che prende corpo questo cambiamento, documentato dai primi manuali di danza che sono in nostro possesso. In questi preziosi volumi troviamo la fase germinale della danza storica, la cui nascita ed il cui sviluppo, sono per me strettamente connessi alla società ed al dialogo che ne è emerso tra gli artisti delle più varie discipline al fine di raccontare/interpretare con la loro forma di espressione, una società di un dato tempo. Ed è per questo che secondo me, lo studioso, il ricercatore che si occupa di Danza Storica, è chiamato ad approfondire il dialogo che da sempre è intercorso tra la danza, la musica, il costume, l’architettura, l’arte pittorica e scultorea, le buone maniere. L’incremento del numero dei partecipanti borghesi ad un ballo ad esempio, ha inciso sulla riduzione dell’ampiezza degli abiti delle signore, poiché i saloni che ospitavano i balli erano gli stessi ma, aumentando il numero delle persone, il rischio di non riuscire a muoversi era certo. Questa esigenza sociale, ha dunque determinato un dialogo tra Società, Ballo, Moda che ha portato ad un cambiamento delle fogge, delle ampiezze ma anche ad una progressiva semplificazione nell’esecuzione delle danze.

Nel suo percorso universitario a Bologna ha studiato “Storia della Danza” e “Storia dello Spettacolo”, qual è stato l’incipit che l’ha fatta innamorare di tale arte tanto da trasformarla in parte nella sua professione?
Il mio innamoramento per la Danza risale alla prima metà degli anni Ottanta, guardando “Maratona d’Estate” e la grande Vittoria Ottolenghi, con la quale mai avrei immaginato di interagire professionalmente e culturalmente, come poi è invece accaduto. Da lì a poco, finito il Liceo, decisi d’iscrivermi all’Università di Bologna, frequentando in contemporanea dei Corsi di recitazione, dizione, regia, illuminotecnica, danza con l’obiettivo di avere una formazione all’americana finita la quale avrei potuto scegliere l’attività in cui mi sentissi più all’altezza. E così è andata. Finiti gli studi universitari, i corsi, gli Stage internazionali di approfondimento mi dissi: “questo mi viene male; questo non mi piace; no, qui non sono all’altezza […] ed alla fine scelsi le attività del cuore e, tra queste, la danza”.

Ideatore e presentatore di tanti eventi, come il World of Fashion, il Premio Letterario Internazionale Viareggio Repaci, il Premio Puccini, come si prepara ad ogni evento e cosa la entusiasma maggiormente nella relazione tra moda, danza e costume?
La fase che prediligo maggiormente, quando lavoro ad un progetto da direttore artistico, è quella in cui, seduto al mio computer, costruisco ogni singolo passaggio di un evento: dalla scelta della location ideale, agli artisti da coinvolgere; dal repertorio musicale, coreico, teatrale ai costumi; dalla comunicazione alle personalità da invitare. Spesso capita però che io venga scelto nel mio ruolo di regista e presentatore di eventi organizzati da altri, e in questo caso miro prevalentemente all’armonizzazione dei vari momenti della messa in scena, al ritmo complessivo, alla costruzione di contenuti che possano emergere dalle interviste con i personaggi ospiti, al coordinamento coreografico. Nello specifico dei progetti artistici in cui si relazionano moda, costume e danza, l’entusiasmo è dovuto alla mia convinzione che queste tre arti, ciascuna a loro modo, sono espressione massima del “Bello”. Nello specifico dei tre eventi che ha appena citato Signor Olivieri: il “World Of Fashion”, giunto alla XXIV edizione, è un evento speciale da me organizzato per promuovere i talenti della moda internazionale che in ventiquattro edizioni ha proposto una sessantina di stilisti provenienti da trenta nazioni (Egitto, Libia, Dubai, Qatar, Libano, Arabia Saudita, Emirati Arabi Uniti, Giordania, Bahrain, Kuwait, Colombia, Paraguay, Argentina, Albania, Cipro, Bulgaria, Thailandia, Sudafrica, Tunisia, Cina, India, Palestina, Malta, Messico, Repubblica Ceca, Olanda, Spagna, Mali, Iran ed ovviamente Italia) con l’obiettivo di proporre una vetrina di come ci si veste in giro per il mondo facendo dialogare questi creativi con i linguaggi della Moda e delle Arti. Gli altri due sono stati da me presentati e la mia soddisfazione maggiore è scaturita dalla grande storia che li contraddistingue: il “Premio Letterario Internazionale Viareggio Repaci” risale al 1929 ed ha un palmares di partecipanti da far tremare i polsi: Luigi Pirandello, Massimo Bontempelli, Umberto Saba, Achille Campanile, Antonio Gramsci, Alberto Moravia, Elio Vittorini, Elsa Morante, Sibilla Aleramo, Carlo Levi, Italo Calvino, Pierpaolo Pasolini, Natalia Ginzburg, Salvatore Quasimodo, Eduardo De Filippo, Giorgio Bassani, Bernardo Bertolucci, Ignazio Buttitta, Mario Luzi, Oriana Fallaci, Alda Merini, Carlo Ginzburg, Sergio Zavoli, Riccardo Muti, Dacia Maraini, Natalia Aspesi; il “Premio Puccini” dal canto suo negli anni è stato conferito a stelle di prima grandezza come Renata Tebaldi, Maria Callas (alla memoria), Raina Kabaivanska, Mirella Freni, Katia Ricciarelli, Cecilia Gasdia, Montserrat Caballé, Franco Zeffirelli, Lorin Maazel, José Carreras, Riccardo Muti, Luciano Pavarotti, Riccardo Chailly, Woody Allen, Andrea Bocelli, Angela Gheorghiu. Nel mio ruolo di divulgatore culturale, per me sono state due grandi occasioni.


Dall’ottobre 2018 è il conduttore della “Rassegna Internazionale di Documentari Etnografici ‘Vittorio De Seta’”, organizzata dalla “Federazione Italiana Tradizioni Popolari”. A suo avviso come si possono conservare al meglio le tradizioni storiche intese come patrimonio fondato sulle radici identitarie territoriali, mediante i canti e i balli della consuetudine popolare?
Dopo anni in cui la tradizione popolare è stata tramandata oralmente di padre in figlio, l’antropologia visuale credo rappresenti la prospettiva di studio, di analisi e di produzione audiovisiva che meglio si inserisce nel quadro delle scienze demo-etno-antropologiche al fine di conservare la letteratura, i canti ed i balli di un tempo. Attraverso strumenti tradizionali come la fotografia, il cinema o più contemporanei come i social, il campo dei media usati nell’etnografia per salvaguardare questo “patrimonio artistico popolare” si è ampliato sempre più. La “Federazione Italiana delle Tradizioni Popolari” svolge in tal senso un lavoro esemplare già dalla fine degli anni Sessanta anche attraverso le molteplici forme di spettacolo dal vivo.

Il “Premio Tomasi di Lampedusa” al Palazzo Filangieri quali atmosfere riesce a far rivivere dei fasti gloriosi di un passato ormai lontano?
Questo Premio è organizzato magistralmente nella Città del Gattopardo, Santa Margherita di Belice, in cui la gran parte degli abitanti sembrano a tutt’oggi innamorati di Giuseppe Tomasi di Lampedusa e del romanzo probabilmente più importante del Novecento italiano. Un classico intramontabile i cui temi, gli umori, le ambientazioni, sono centrali anche nell’allestimento del Gala per il Conferimento che da un paio di anni ho l’onore di condurre. “Il Gattopardo” offre la più verosimile narrazione del Risorgimento in Sicilia vissuta dalla élite ottocentesca, proponendo un compendio dei costumi e della società dell’epoca, stretta nella morsa tra le istanze di libertà, di progresso e l’ancient régime che stava per tramontare. Il premio Tomasi di Lampedusa ne riflette le atmosfere pur avendo lo scopo primario di cogliere nella produzione letteraria i temi della pace e della convivenza dei popoli. Il messaggio etico-politico è palese in ogni edizione e l’intreccio tra diverse culture è evidenziato dai protagonisti delle diverse edizioni, dai premiati (Abraham B. Yehoshua per “La sposa liberata”; Tahar Ben Jelloun per “Amori stregati”; Edoardo Sanguineti per “Smorfie”; Kazuo Ishiguro per “Notturni”; Valeria Parrella per “Quale amore”; Amos Oz per “Il monte del cattivo consiglio”; Mario Vargas Llosa per “Il sogno del Celta”; Emmanuel Carrère per “Il regno”; Orhan Pamuk per “La donna dai capelli rossi”; Fernando Aramburu per “Patria”; Carlo Ginzburg per “Nondimanco”) agli ospiti: Claudia Cardinale, Nicola Piovani, Giuseppe Tornatore, Enzo Garinei, Luca Zingaretti, Michele Placido, Franco Battiato, Giancarlo Giannini, Angelo Branduardi e Francesco Scianna.

Dal 2009 conduce il “Premio Curcio per le attività creative” a Roma. Imprescindibile il valore culturale e artistico che il nostro Paese conserva, ma come fare per avvicinare maggiormente i giovani alla bellezza in senso lato?
Il “Premio Curcio per le Attività creative” prende le mosse dal “Premio Curcio per il Teatro e la Cultura” voluto dal fondatore della casa editrice, il giornalista Armando Curcio, intellettuale novecentesco e scrittore di numerose opere teatrali per Eduardo e Peppino de Filippo. Oggi è un’iniziativa di grande successo, alla quale sono invitati a partecipare tutti gli studenti (guidati dai loro docenti) delle scuole materne, elementari, medie e superiori con la presentazione di un elaborato scritto e illustrato, ispirato ad un tema di attualità. Per tutti i ragazzi partecipanti è un’occasione d’incontro con il Bello ma, da solo non basta. Da papà, io quotidianamente provo ad “educare al Bello” i miei due figli e vedo che molti altri genitori lo fanno. Molte sono anche le istituzioni e le associazioni che svolgono un meraviglioso lavoro didattico ludico di formazione al Bello: dalle cose semplici (come vivere le meraviglie della natura nel quotidiano), all’ascolto della musica (già nelle fasi prenatali). Il Bello è prima di tutto un sentimento, una sensazione innata, la capacità di riconoscere la verità pura delle cose, cogliendone l’emozione. Ma è necessario allenarsi a riconoscere il Bello, e per questo è molto importante aiutare i nostri bambini, i nostri ragazzi, a sviluppare ed educare questo “senso”. In Italia però, come in molti paesi europei (vedi Germania, Gran Bretagna, tra gli altri) le discipline artistiche, quando vengono insegnate, sono insegnate singolarmente e spesso ci si ferma alla musica ed alle arti visive. Uno dei primi limiti è l’esclusione del teatro e della danza o la loro inclusione nei programmi di lingua e letteratura per il teatro, e di educazione fisica per la danza, con la conseguente trascuratezza della dimensione espressiva ed estetica della danza a favore di programmi incentrati sull’esercizio fisico e la ricerca del record. Io credo invece che il Bello si alimenti nell’approfondimento interdisciplinare tra le arti e dunque penso che in Italia occorra ristrutturare i curricoli scolastici sulla base di quello che accade in Paesi come gli Stati Uniti, l’Australia, il Canada, la Nuova Zelanda, la Francia e i Paesi Bassi in cui tutte le arti convergono in un’unica area disciplinare che coinvolge arti visive, musica, teatro, danza, cinema. In questi paesi inoltre, l’approccio unitario dell’educazione alle arti e dunque al Bello è inserito in un percorso di apprendimento che copre l’intero ciclo di studi obbligatorio offrendo un’armonica conoscenza di tutte le arti, rimandando le scelte vocazionali di tipo artistico alla scuola superiore. Ciò indurrebbe alla formazione di Insegnanti generalisti d’Arte e Bello dalle elementari alle medie inferiori ed altri specialisti specifici in Musica, Danza, Teatro, Arte per le scuole superiori. Tanto gli Insegnanti generalisti quanto gli specialisti dovrebbero poi interagire con artisti esterni che darebbero il loro contributo emozionale a supporto dell’educazione al Bello. Questi percorsi scolastici, uniti al lavoro dei genitori che stimolano i figli al Bello, potrebbero dare risultati straordinari.

“Modamovie” è un progetto che celebra la relazione tra il mondo della moda, del cinema e delle arti, attraverso l’estro di talenti creativi emergenti. Come si riconosce a suo avviso il talento e cosa vuol dire oggi essere creativi in un mondo così tecnologico e per certi versi omologato a dei cliché (soprattutto estetici) imposti dalla Società?
“Moda Movie” è un grande progetto culturale (voluto da Sante Orrico e Creazione e Immagine) che si fonda sulla collaborazione con le Università, le Accademie e realizza eventi, mostre, workshop, iniziative in cui sono protagonisti i giovani. Circa la tecnologia, è vero che fornisce ai creativi degli strumenti in più che, sicuramente oggi più di allora, possono affermare o affossare un talento emergente. In generale però, il talento e la creatività, oggi come in passato, si manifestano o si nutrono allo stesso modo. Le persone creative sognano ad occhi aperti e credono che sognare non sia una perdita di tempo, intravedono possibilità e occasioni dietro ad ogni angolo, definiscono orari di lavoro su misura, sanno trarre vantaggio dagli eventi della vita (anche da quelli negativi come quelli che stiamo vivendo da molti mesi oramai), cercano nuove esperienze, cadono ma sanno rialzarsi, utilizzano la solitudine in maniera costruttiva, sono attratti dai cambi radicali, trovano il tempo per la meditazione ma, soprattutto, si circondano di bellezza.

La danza storica dal Rinascimento al XIX secolo, cosa le ha fatto scoprire di così importante da divulgare?
Il mio approccio con la danza storica, trentadue anni addietro, fu contraddistinto dal divertimento e dall’eleganza di molte coreografie che mi colpirono. Poi, con lo studio, aver capito quanto fosse centrale la danza storica, di corte, per tutta la Storia della Danza, mi ha portato a volermi impegnare al massimo per dare il mio contributo nel ridarle quella dignità di cui era stata privata nella contemporaneità. Quando poi ho scoperto la centralità dei Maestri e dei Manuali italiani dalla metà del ‘400 in poi, il mio desiderio di divulgare quanto apprendevo giorno dopo giorno sui Manuali del tempo, si è accresciuto a dismisura.

Come si articola il Festival Internazionale di Danza Storica organizzato a Mosca da Elana Anosova ed Egor Anasov?
Nelle condizioni normali, Elana Anosova ed Egor Anasov organizzano una settimana teorica pratica a Mosca con il coinvolgimento di uno o più principal teacher internazionali. Nell’agosto del 2020 sarei dovuto andare io a Mosca con questo ruolo, avevo già pensato al repertorio da insegnare ma, a causa del Covid, ho dovuto ripiegare nella formula del Webinar teorico in cui però ho riscontrato un grande interesse, viste anche la quantità di domande successive al mio intervento nel quale ho analizzato prevalentemente tre argomenti: 1) La mia definizione di “Danza Storica”, oggi condivisa da molti colleghi a livello internazionale; 2) la centralità dell’Italia dalla metà del ‘400 e dei Maestri Italiani (ad oggi considerabili i “Padri della Danza”) per la nascita e lo sviluppo di un sistema coreico organizzato e condivisibile che, non a caso, ha determinato in quegli anni l’affermazione della figura del “Maestro di Danza” (omaggiando Domenico da Piacenza, Guglielmo Ebreo da Pesaro, Antonio Cornazzano, Cesare Negri, Fabrizio Caroso ed i loro trattati); 3) in ultimo, su richiesta degli organizzatori, ho fatto un ritratto del mondo dei “Gran Balli Ottocenteschi”, citando molti Maestri e Manuali dell’epoca, e puntando sulla necessità fondamentale (ieri come oggi) della Medietas sia per chi organizza che per chi vi partecipa, dello studio attento delle coreografie e dell’etichetta, della gioia vera che il mondo della Danza Storica può trasmettere anche in un momento così duro come quello che stiamo vivendo a causa del Coronavirus.

Lei ha anche insegnato all’Università di Roma La Sapienza, per il Corso di Alta Formazione “Galatei e buone maniere – percorsi nel Costume”. Come siamo messi in termini di bon ton nella società odierna?
Me la potrei cavare, rispondendo con un diplomatico: “potremmo stare meglio”. E invece, no. Premetto che il Corso di Alta Formazione, così come le mie lezioni di “Business Etiquette” tenute per la Confcommercio oppure il “Master del Garbo” da me sviluppato tra le attività didattiche della “Compagnia Nazionale di Danza Storica”, sono tutti frutto delle mie frequenti considerazioni sulla necessità di una migliore qualità nelle relazioni tra le persone. Io parto dal presupposto che la società contemporanea sia attraversata da profonde trasformazioni e processi di innovazione che incidono a livello politico, economico, culturale e sociale riscrivendo continuamente la vita quotidiana di ciascuno di noi nello spazio delle relazioni e dei flussi della cosiddetta networked society. In particolare, la straordinaria intensificazione della connettività viene costantemente sperimentata nelle pratiche quotidiane degli individui fino a rendere oggi quasi indistinguibile il dominio delle interazioni comunicative dalle altre attività della vita professionale, familiare, personale. Di fatto, come individui, siamo immersi nel flusso della comunicazione, abilitata da tecnologie digitali sempre più immersive/pervasive, trasparenti, la cui eccezionale utilità pare stiamo cogliendo a più ampio raggio sempre più in tempi di Covid. Tuttavia, queste innegabili potenzialità espressive e connettive “alla nostra portata” non sempre procedono di pari passo con una effettiva capacità nell’abitare con competenza all’interno di una realtà globalizzata, sempre più multilingue e multiculturale. La capacità di gestire e riorganizzare la relazione con l’alterità, di costruire e decostruire la differenza culturale, di definire gli spazi sociali, le appartenenze e i flussi, sembra costituire oggi, in particolare per le nuove generazioni, una competenza fondamentale nell’aprire o chiudere opportunità sia a livello professionale che personale. In questo senso l’etichetta e il galateo tornano ad essere oggi uno strumento strategico, fortemente valorizzato nei più diversi contesti sociali: la riscoperta delle buone maniere, della gentilezza, da adottare nei contesti relazionali rappresentano infatti una risorsa preziosa che consente all’individuo di adattarsi al cambiamento e di anticipare e prevenire le incomprensioni comunicative e di individuare percorsi di negoziazione dotati di senso. I partecipanti alle mie lezioni acquisiscono le competenze necessarie per approcciarsi correttamente al mondo del lavoro attraverso lo studio e l’acquisizione di un’ampia gamma di conoscenze che includono il linguaggio del corpo, le buone maniere, l’aspetto, le abilità interpersonali, il protocollo ufficiale e il galateo internazionale. Questa tipologia di competenze è particolarmente richiesta nelle aziende che operano a livello internazionale, nella filiera della moda, nella gestione degli eventi, nell’ambito della consulenza di immagine e del personal coaching anche solo perché, “chi sa come vanno le cose del mondo”, si aspetta da un proprio interlocutore il rispetto di certi codici comportamentali che, qualora non vengano rispettati, tagliano fuori da certi meccanismi chi li sconosce.

Come si articola il “Corso di Danza Storica”?
Con la “Compagnia Nazionale di Danza Storica”, proponiamo “Corsi di Danza Storica” finalizzati al divertimento ed allo stare bene insieme, mirando a creare le condizioni per condividere la gioia di una piccola comunità coesa sulla base di una passione comune ed agevolando forme di benessere psico-fisico. Questa è da sempre la priorità dei nostri “Corsi di Danza dell’800”, quelli tradizionali, ricchi di danze divertentissime. I Corsi si strutturano secondo 3 livelli – principianti, intermedi, avanzati – in moduli annuali, con incontri settimanali. Il 1° livello, quello per i principianti, accoglie ed introduce i primi fondamenti pratici e teorici delle Danze di Società (quadriglie, contraddanze, valzer, polche, polonaise, marce, galop), con richiami alla moda, ai costumi, alle abitudini e all’etichetta propri del periodo Romantico. Il 2° livello, l’intermedio, tende ad approfondire lo stile di quanto imparato e propone lo studio di mazurche, polche e danze tratte dai grandi film in costume storico: “Il Gattopardo”, “Guerra e Pace”, “Sissi”, “Via col vento”, film e sceneggiati ispirati ai romanzi di Jane Austin. Il 3° livello, di pratica avanzata, è volto all’ampliamento del repertorio, al perfezionamento posturale, coreografico, musicale e scenico del Danzatore, grazie ad uno studio più puntuale e capillare delle Danze già apprese nel corso dei primi due Livelli. Per la stagione 2020-2021 sarà diviso in Advanced 1 e Advanced 2 (per allievi con un’esperienza pluriennale di livello avanzato, un buon livello tecnico e la conoscenza di un congruo numero di danze del repertorio). L’offerta formativa della “Compagnia Nazionale di Danza Storica”, vuole però soddisfare anche le richieste di alcuni appassionati che vogliono specializzarsi. Ed è per questo che abbiamo avviato il “Corso di Alta Formazione” curato dal M° Debora Bianco. Il lavoro del Corso si concentra sulla conoscenza del proprio corpo (curandone la postura) e della sua meccanica, al fine di acquisire maggiore padronanza del movimento e dell’espressività artistica, grazie ad esercizi (études) specifici; vengono inoltre proposti études per il miglioramento di passi e figure (alcuni già conosciuti, altri nuovi) che costituiscono gli elementi delle coreografie che verranno studiate nel workshop. Alla fine del primo mese gli allievi partecipanti sostengono una Verifica delle Attitudini all’Alta Formazione con un M° di danza esterno alla CNDS che valuta l’ammissione alla seconda fase del Corso. Gli allievi ammessi, studiano passi e figure propedeutici allo studio di una o più coreografie complesse del repertorio di Danza Storica. Oltre al “Corso di Alta Formazione” organizziamo Stage di Approfondimento sulle Danze Rinascimentali, Barocche, Scottish, eccetera.

Cosa significa secondo il suo punto di vista oggi fare “comunicazione”?
Nell’epoca in cui si parla sempre più di Fake News, “fare comunicazione” oggi, si basa sempre più sulla necessità di essere totalmente sinceri. Solo così un comunicatore o uno strumento di comunicazione, costruisce o consolida la sua reputazione. Fare comunicazione, oggi come in passato, implica trasmettere ad altri delle notizie, condividere dei contenuti, rendere partecipi di un messaggio ma per essere efficace la comunicazione deve essere vera. La condivisione di una notizia secondo tutti i crismi delle strategie comunicative può andare a buon fine ma se è profondamente sincera, se il comunicatore che la dice è credibile, risulterà perfetta. Oggi come ieri dunque, il mix tra comunicazione sincera e comunicatore credibile è un’endiadi imprescindibile.

Un tema a lei molto caro è quello dei “Gran Balli dell’800” di cui ha scritto anche un interessante libro per le edizioni Curcio. È possibile ai nostri tempi restaurare (se non gli usi e i costumi) almeno le atmosfere di quel tempo?
Con grande gioia sì, e tutte le iniziative della “Compagnia Nazionale di Danza Storica” lo confermano. Da Carla Fracci a Roberto Bolle, da Lucia Lacarra a Miguel Angel Zotto, da Vittoria Ottolenghi ad Eugenia Casini Ropa, da Claudia Cardinale ad Alberto Testa, dalla Famiglia Lombardo (produttori del film “Il Gattopardo”) a Beppe Menegatti, ai direttori artistici di molti Festival Internazionali, tutti hanno sempre posto l’accento sulla meravigliosa atmosfera dei nostri eventi o dei nostri spettacoli. La ricerca filologica delle coreografie tratte dai Manuali del tempo, la trascrizione delle danze eseguite nei capolavori cinematografici a tema storico, la realizzazione di coreografie su grandi composizioni musicali usando il linguaggio della danza storica, il lavoro di recupero e valorizzazione del patrimonio culturale italiano e più largamente europeo (materiale e immateriale), la cura del dettaglio nella realizzazione dei costumi spesso ispirati ai più celebri dipinti, la grandiosità dei luoghi in cui realizziamo i progetti, la scelta attenta del repertorio, l’armonia maniacale tra ogni singola parte, credo che tutto ciò contribuisca a ricreare la migliore atmosfera di un tempo.

Cosa trovano di prezioso ed istruttivo i lettori nel suo libro dal significativo sottotitolo “Da Via col Vento al Gattopardo”?
Il Prof. Sergio Sciacca, forse il primo recensore del mio libro, sul quotidiano “La Sicilia” ebbe a scrivere: “Ecco il libro dei sogni meravigliosi: contiene il fascino, l’eleganza, l’armonia, in una parola, la felicità della nostra civiltà [...] La mostra attraverso bellissime immagini, ne fa cogliere il senso con una narrazione documentata, affabile ma incisiva sulla realtà storica del passato e su quella del presente. Non ne dà interpretazioni, lasciando al lettore, dopo tanta bellezza del passato, di argomentare a suo piacimento sulla sciatteria del presente”. Da quella recensione, grazie al Cielo, ne sono seguite moltissime altre, italiane ed internazionali, dello stesso tenore e a tutti loro sono profondamente grato e mi auguro di meritarmi almeno una parte delle cose che sono state scritte. Per me, questo libro è piuttosto un’introduzione ad un mondo, quello dei Balli di Società del XIX secolo che erano il centro della vita sociale, il luogo del divertimento ma anche della manifestazione di uno status secolare per alcune famiglie o del raggiungimento di un nuovo status per altre. Il libro “Gran Balli dell’800”, pubblicato per la prima volta dall’Armando Curcio Editore nel 2009, giunto alla quinta ristampa, presentato alla Presidenza del Consiglio dei Ministri, alla Camera dei Deputati e all’Ambasciata d’Austria e tradotto in inglese nel 2019 è anche il racconto della Società europea tra tardo settecento ed inizio novecento attraverso la Danza, la Moda, il Costume, la Politica e più in generale la Cultura.

Le lezioni sulle “Danze Storiche”, che Lei ha tenuto all’Università di Bologna per il Corso di Metodologia della Critica delle Arti come erano strutturate?
Nelle mie collaborazioni Universitarie di questi anni, da cultore della Materia, le mie lezioni sono sempre state teorico-pratiche con la sola eccezione di quelle per il “Corso di Metodologia della Critica delle Arti” tenuto dal Prof. Alfredo De Paz, che mi chiese un ciclo di lezioni esclusivamente teoriche, in cui analizzavo l’interdisciplinarità artistica centrale nella realizzazione di un Gran Ballo, approfondendone gli aspetti di maggior interesse semiologico.

La televisione per sua diretta esperienza come veicola l’arte del bello e della danza in particolare ai tempi nostri?
La televisione, abbandonando la propria dimensione prevalentemente generalista che ha avuto in Italia ed in molti Paesi europei fino all’alba del nuovo millennio, ha sicuramente margini importanti di crescita nella produzione e condivisione di contenuti legati al Bello trasmesso dalle più varie forme d’arte. In Italia, RAI5, Sky Arte, Art’è, Classica Hd, Amazon Prime (per la moda) rappresentano al momento le migliori possibilità per i telespettatori di poter vedere un buon programma di arte, teatro, danza, musica, moda. Altri canali generalisti o mono tematici hanno in palinsesto dei programmi in cui è talvolta protagonista una delle suddette arti ma, francamente, il format da reality che viene spesso scelto, tranne rare eccezioni (come ad esempio X Factor che trovo essere ben fatto), per il resto ben poco incontra il mio interesse. Un esperimento interessante degli ultimi anni è stata però la serie per adolescenti prodotta dalla ZDF e Cottonwood Media intitolata “Cercami a Parigi”. Girata in luoghi come il Palais Garnier (sede dell’Opéra National de Paris), si narrano le vicende di Lena, una principessa russa del 1905 che studia presso la scuola di danza dell’Opéra di Parigi. Un giorno, il suo fidanzato Henri, le regala una collana in grado di viaggiare nel tempo. Lena, accidentalmente, passa attraverso un portale temporale e finisce per ritrovarsi nel 2018. Bloccata in quell’anno, Lena farà la conoscenza di altri allievi della scuola di danza ed anche di altri generi coreici. Nei salti temporali tra passato e presente, la struttura narrativa racconta alla perfezione il quotidiano dei giovani ballerini dentro una Scuola di Danza, tra magia, fiaba e realtà. Io negli ultimi due anni, ho visto tutte le puntate insieme a mia figlia (che oggi ha sette anni) e ne sono stato molto coinvolto. “Cercami a Parigi” è dunque un bel modo, secondo me, di veicolare l’arte della danza tra i bambini e gli adolescenti.

Nel 1995 ha danzato il Valzer dell’Imperatore nel programma “Una festa per l’Europa” trasmesso in Eurovisione da Rai Uno. Tra gli ospiti Carla Fracci, Milva, l’Aterballetto e l’Orchestra del Comunale di Bologna. Qual è il suo ballo preferito e perché?
Prediligo almeno tre tipologie di danze sociali: il Valzer, la Quadriglia e la Contraddanza. Il “Valzer” perché coniuga momenti di straordinaria vivacità ad altri dal profondo romanticismo e, come spesso accade nei balli di coppia, per ballarlo bene, implica una grande sintonia tra i due danzatori. Tranne rare eccezioni, “saper ballare il valzer” è un fatto culturale, frutto di un lungo apprendimento, di una lenta progressione. Nella mia carriera ricordo di aver ballato dei valzer grandiosi con Lucia Lacarra, Maria Ermachkova, Natalia Titova, Samanta Togni, Anastasia Kuzmina, Matilde Brandi, Veronica Maya, Annalisa Minetti, Ekaterina Vaganova ... ma sicuramente anche con mia moglie, Cristina Giorgetta. Tra le danze corali, preferisco le “Quadriglie”, per via dell’elegante intreccio coreografico che stimola l’interazione costante degli otto danzatori che la costituiscono. Complesse, eseguite su musiche dal grande appeal teatrale, hanno una notevole forza scenica ed un enorme fascino sia per chi le balla, sia per chi le osserva. En avant et en arriere, chaine anglaise, droite et gauche, chaine des dames, demi rond, tour de main, promenade sono alcune delle figurazioni fondamentali per ballare al meglio capolavori del genere come: la Quadriglia Francese, i Lancieri, Prince Imperial, Victoria Quadrille, Varieté Parisienne, l’Americana, la Quadriglie delle Dame, Caledonians, Carmen Quadrille, Orfeo Quadrille. Tra le danze da me amate anche le “Contraddanze”, soprattutto quelle di origine scozzese, emblema del più puro divertimento all’interno di un Gran Ballo. Per chi non le conoscesse, ricordo che sono quelle danze stile “Sette spose per Sette Fratelli”, briose, veloci.

Ha presentato e diretto numerose sfilate di noti stilisti. Cosa l’attrae maggiormente di questo mondo?
La moda, soprattutto quella italiana, sartoriale, vive di Bello, lo promuove, ne è l’espressione. A me piace molto non solo lavorare agli atti finali della produzione dei capi, alla loro presentazione in una sfilata, alla realizzazione di un lookbook, ma ad ogni singola fase di preparazione di una collezione. Seguire uno stilista dal momento in cui ha l’insight per le nuove creazioni, disegnando i bozzetti, le illustrazioni, cercando i tessuti, gli accessori più adatti o producendoli ex novo qualora non esistessero in commercio, interagendo con quegli artigiani che danno un forte contributo al miglior “Made in Italy”. La “moda” è inoltre equazione di “costume” e tra le mie passioni culturali, c’è anche quella per l’analisi del progresso che la civiltà ha fatto nella società occidentale. In tal senso la moda mi attrae sia nella sua veste di “specchio” della società di un tempo, che nel ruolo di “anticipatore” di una tendenza comportamentale e di gusto.

Nell’agosto 2020 ha ideato e diretto il “Gran Ballo degli Auguri a Carla Fracci” per il “Festival Internazionale della Danza e delle Danze” tenuto al Castello di Nepi nel giorno del compleanno e del conferimento della Cittadinanza Onoraria all’étoile scaligera ed internazionale. Che emozioni ha provato al fianco della “Signora della danza”?
Questo evento è stato un modo per ringraziare la Signora Fracci di quello che ha fin qui fatto per il mondo della danza e per tutto quello che ancora farà per quest’arte, dentro e fuori dal palcoscenico. La “Compagnia Nazionale di Danza Storica” ed io abbiamo avuto molte fortunate opportunità d’incontro con la divina Carla Fracci prima di questa occasione: ricordo un programma in Eurovisione su RaiUno, registrato al Teatro Arena del Sole di Bologna, intitolato “Una Festa per l’Europa” in cui la Signora Fracci ballò un passo a due, mentre io ebbi l’occasione di danzare il “Valzer dell’Imperatore” facendo interagire il linguaggio della danza storica con quello della classica e della moderna grazie alla Coreografia di Amedeo Amodio ed i danzatori dell’Aterballetto; un “Gran Ballo di Beneficenza” da noi organizzato al Palazzo Brancaccio di Roma; le due precedenti edizioni del “Festival Internazionale della Danza e delle Danze”; o ancora il conferimento dello “Schiaccianoci d’Oro” al Teatro Quirino andato sia a lei che a noi. L’onore però di celebrarla nel giorno del suo compleanno, ed in occasione del Conferimento della Cittadinanza Onoraria di Nepi, sarà per me indimenticabile per moltissimi motivi: prima di tutto per l’entusiasmo e la gioia che la Signora Fracci e Beppe Menegatti ci hanno dimostrato in ogni momento del nostro spettacolo, applaudendoci a scena aperta; per la difficoltà dell’allestimento da noi proposto in tempo di Covid ed in ultimo per il commento che la Signora Fracci ha fatto in pubblico su di noi, definendoci: “un fiore all’occhiello della cultura italiana per la qualità della proposta artistica messa in scena, la cura della ricerca coreica, l’attenzione al dettaglio. [...] Quanto mi sono divertita!!! Grazie per questa piacevolissima serata. Bravi, bravi, bravi. Continuate così, con la vostra grazia”. Queste parole saranno uno stimolo a credere sempre più nella bontà del nostro progetto.

Nel maggio 2019 ha diretto lo spettacolo Gran Ballo con Roberto Bolle e la Compagnia Nazionale di Danza Storica alla Pinacoteca Ambrosiana di Milano, nel programma ufficiale di OnDance ideato dall’étoile dei due mondi. Sicuramente una grande soddisfazione?
Molto di più, emozione allo stato puro. Con la “Compagnia Nazionale di Danza Storica” venivamo dall’essere stati in cartellone allo Sferisterio di Macerata, al Taormina Arte ed eravamo appena stati contattati dal Puccini Festival quando arriva questa telefonata in cui la grande étoile internazionale Roberto Bolle ci sceglie per il suo “Festival On Dance”, per ballare con lui e Beatrice Carbone immersi tra le opere di Tiziano, Botticelli, Caravaggio, Raffaello custodite alla “Pinacoteca Ambrosiana” di Milano. Oltre le due ore dello spettacolo, sono stati giorni di autentica adrenalina anche per la piacevole concomitanza del “Mak Π 100” che il giorno prima avrei diretto alla “Scuola Militare Teulié” di Milano.

Lei è legato particolarmente all’Austria, un paese che anch’io prediligo per la bellezza delle architetture, dei paesaggi, dell’arte e per uno stile di vita ricco di tradizioni, di colori, di cultura e di sfumature storiche. Cosa la rende particolarmente vicino alle loro istituzioni?
Sono tra i soci fondatori dell’“Associazione Italia Austria” ed oltre alle ragioni da lei elencate Signor Olivieri, il mio legame con l’Austria è dovuto a motivi culturali: la grande musica di Joseph e Michael Haydn, Wolfgang Amadeus Mozart, Franz Schubert, gli Strauss, Karl Michael Ziehrer, Arnold Schönberg, Anton Webern e Alban Berg; l’arte della Secessione viennese di cui Gustav Klimt fu tra i maggiori esponenti; le raffinate letture dei capolavori di scrittori come Hugo von Hofmannsthal, Joseph Roth, Arthur Schnitzler, Robert Musil, Karl Kraus, Peter Handke; gli studi sui saggi di Sigmund Freud, Edmund Husserl, Karl Popper, Ludwig Wittgenstein. La vicinanza poi con le istituzioni austriache la devo a colui che per diversi anni è stato l’Ambasciatore d’Austria in Italia, Sua Eccellenza Christian Berlakovits, oggi mio carissimo amico ed alla mia direzione del “Gran Ballo del Bicentenario del Congresso di Vienna” a Schonbrunn.

Nel febbraio 2019 Danzainfiera a Firenze, ha festeggiato i suoi trent’anni di attività con le Danze Storiche, invitandola ad allestire la Suite dal Gran Ballo dell’800 con la Compagnia Nazionale di Danza Storica. Mi parli di questa sua compagnia, da lei fondata, diretta e presieduta?
La “Compagnia Nazionale di Danza Storica. Accademia di Alta Società” è un’associazione culturale che si occupa prevalentemente dello studio e della diffusione della Danza Storica dal Rinascimento all’inizio del Novecento. Svolge un lavoro artistico con il “Corpo di Ballo dei Danzatori professionisti”. Organizza un ricco programma di “Attività Associative” indirizzate ad appassionati di tutte le età, finalizzate a produrre numerose forme di socializzazione culturale con lo strumento principale delle danze storiche ma anche attraverso altre forme di espressione artistica. Sviluppa progetti didattici di alto profilo con la “Scuola della Cnds”, rivolta ai professionisti della danza ma anche a chi, tra gli appassionati, voglia perfezionarsi. La CNDS è membro ufficiale del CID UNESCO (Consiglio Internazionale per la Danza). Tutte le nostre attività hanno il patrocinio non oneroso dell’ENIT (Agenzia Nazionale del Turismo). Negli anni abbiamo collaborato con il Ministero per i Beni e le Attività Culturali, l’Università di Bologna, l’Università “La Sapienza” di Roma, l’Università degli Studi di Roma “Tor Vergata”, il Conservatorio Giuseppe Verdi di Milano, lo IED Istituto Europeo di Design di Roma, l’HARIM Accademia Euromediterranea Moda di Catania, l’Accademia del Lusso di Roma, la Rome Business of School, l’American University di Beirut, la Camera della Moda di Malta, ma anche con Licei, Istituti Superiori, Scuole Medie ed elementari in tutto il territorio italiano. Tra i progetti di grande successo organizzati anche con gli allievi dell’Associazione nel ruolo dei “Nobili e delle Dame”: CNDS incontra la Grande Opera, CNDS Contemporanea e CNDS Solidale.

Nell’occasione fiorentina ha ballato un valzer con l’étoile Lucia Lacarra, cosa ha provato a relazionarsi artisticamente con una eccellenza dell’arte tersicorea?
Per me è stata una grande sorpresa, non sapevo nulla e quando mi sono trovato tra le braccia Lucia Lacarra ho solo pensato a divertirmi nel ballare il “Valzer del Gattopardo” con lei che, a sua volta, mi ha detto di essersi sentita trasportata al 1995, quando aveva interpretato il ruolo di Angelica nel “Gattopardo” di Roland Petit.

Danza e Opera da sempre convivono nei ballabili scritti dai grandi compositori, quali sono i titoli da Lei prediletti e perché?
“La Traviata” di Giuseppe Verdi, “Manon Lescaut” di Giacomo Puccini, “Il Pistrello” di Johann Strauss e potrei continuare con moltissimi altri titoli. Con la “Compagnia Nazionale di Danza Storica” ho d’altronde sempre privilegiato il dialogo tra la Danza, il Ballo, e l’Opera, mettendo in scena Spettacoli con il proprio Corpo di Ballo (ma anche organizzando Gran Balli per gli appassionati) in cui le coreografie tratte dai Manuali dei grandi Maestri del tempo, si sono alternate alle arie dei melodrammi più celebri interpretate da grandi tenori e soprani. Un format questo, che rimanda all’inizio del XVI secolo, alle origini del melodramma, agli “intermedi” eseguiti fra un atto e l’altro di una commedia recitata, di una “pastorale drammatica” (o tragicommedia), durante la quale alcuni personaggi intervenivano nell’azione drammatica, esprimendosi sia cantando che suonando strumenti. Con il progetto denominato la “Compagnia Nazionale di Danza Storica incontra la Grande Opera”, il rapporto tra Ballo e Opera in questi anni si è sviluppato sempre più. Il Ballo entra in scena da protagonista insieme al Melodramma, sullo stesso palco, con la medesima scenografia. L’azione coreica si sviluppa prima o dopo l’Opera e, in alcuni casi, durante, tra un atto e l’altro, secondo la logica degli entr’acte. Il Ballo virtualmente riconquista la scena che gli era propria all’epoca del balletto di corte, quando i Signori italiani lo elevarono al rango di alta espressione artistica quanto un affresco di un palazzo o un edificio architettonico rinascimentale. Per le loro feste, come per tutto il resto, vollero il contributo dei massimi artisti: Ludovico il Moro si rivolse a Leonardo per i costumi e le macchine sceniche dei balli alla corte milanese; Lorenzo il Magnifico al Brunelleschi per i suoi Trionfi fiorentini di carri, per i Canti e per i carnevali; e più tardi, in epoca manierista, i Gonzaga avrebbero fatto comporre la musica al loro Maestro di fiducia, Monteverdi. In quell’epoca il Ballo aveva un prestigio indiscusso nel mondo sociale e culturale e con il progetto denominato la “Compagnia Nazionale di Danza Storica incontra la Grande Opera” abbiamo lavorato e continueremo a farlo con l’obiettivo di fargli riconquistare quella centralità, anche nella nostra realtà contemporanea. Gli esempi più eclatanti dei passi avanti fatti con questo progetto dalla CNDS sono stati: nell’agosto 2018, “La Traviata e Gran Ballo dell’800” (ideato da me e Barbara Minghetti) allo Sferisterio di Macerata nel Cartellone ufficiale del “Macerata Opera Festival 2018”, sullo sfondo della famosa scenografia degli specchi di Josef Svoboda, alla fine de “La Traviata” diretta da Henning Brockhaus; nell’agosto 2019, “La Bohème e Gran Ballo dell’800” (ideato da me e Franco Moretti) al Gran Teatro Puccini di Torre del Lago, nel Cartellone Ufficiale del 65° Festival Puccini, prima de “La Bohème” diretta da Alfonso Signorini con Angela Gheorghiu; nell’agosto 2020, “Madama Butterfly e Gran Ballo dell’800” (ideato sempre da me e Franco Moretti) al Gran Teatro Puccini di Torre del Lago, nel Cartellone Ufficiale del 66° Festival Puccini, prima della “Madama Butterfly” diretta da Manu Lalli con Shoko Okada.

Mi parli del celebre “Gran Ballo del Regno delle Due Sicilie” portato in scena alla Reggia di Caserta con trecento danzatori in costume dell’800 per celebrare il primo compleanno dal Bicentenario della Costituzione del Regno delle Due Sicilie?
Il “Gran Ballo del Regno delle Due Sicilie”, è stato un grande evento, preannunciato dal “tutto esaurito” dopo solo due settimane dalla comunicazione della data. Ideato ed organizzato dalla “Compagnia Nazionale di Danza Storica” da me diretta all’interno dei maestosi saloni della splendida Reggia di Caserta ha accolto trecento ospiti provenienti da molte città italiane e da alcune capitali europee, che hanno celebrato il primo compleanno dal Bicentenario della Costituzione del Regno delle Due Sicilie ricostruendo uno degli eventi di Festa tipici del tempo, con Danze tratte dai Manuali dei Maestri dell’epoca, performance teatrali e momenti di convivio che hanno fatto dialogare la Reggia con la Città di Caserta. Il “Gran Ballo del Regno delle Due Sicilie”, è stato aperto da un Corteo per le vie del Centro Storico con la Fanfara del 10° Rgt Carabinieri Campania e la Pattuglia a Cavallo della Polizia di Stato, per poi proseguire con l’esecuzione dell’Inno di Paisiello di fronte alla Reggia e la meraviglia degli straordinari ballerini in eleganti frac e preziosi abiti crinolina che hanno eseguito Valzer, Quadriglie, Contraddanze, Mazurche all’interno della Sala del Trono, la Sala Astrea, la Sala di Marte, la Sala Alessandro e la Sala degli Alabardieri. Molto apprezzati anche la pièce teatrale “L’Intervista” di Vincenzo Mazzarella che ha reso omaggio all’ultima Regina di Napoli, Maria Sofia di Baviera ed il Valzer a Lume di Candela nell’area antistante la Reggia. Il tema del “Gran Ballo del Regno delle Due Sicilie” è stato anche al centro l’indomani dell’Estemporanea d’arte alla Reggia di Caserta e negli angoli più suggestivi del Centro Storico con decine di persone in costume dell’800 disposte ad offrirsi come modelli in costume d’epoca; del fiabesco “Déjeuner sur l’herbe” nei giardini della Reggia e del secondo momento di “Gran Ballo alla Reggia”.

A seguire altri eventi di sicuro fascino come “Il Ballo Italiano a Budapest” oppure “Il Ballo Italiano a Malta”, come sono stati accolti?
Il “Ballo italiano a Budapest” diretto da me insieme a Zsuzsi Dingsdale, è stato da noi organizzato nel 2017 nel Palazzo Storico maggiormente amato tra il tardo XIX secolo e la prima metà del XX dalle più prestigiose famiglie nobiliari ungheresi -Esterházy, Andrássy, Festetics, Károlyi e Széchenyi: lo Stefania Palace, ubicato in una delle zone storicamente più prestigiose della capitale ungherese, Stefánia út, proprio di fronte all’Ambasciata Italiana in Ungheria. S.E. l’Ambasciatore d’Italia in Ungheria Massimo Rustico ci ha tra l’altro ricevuti con tutti gli onori in Ambasciata, mettendo in evidenza il nostro straordinario lavoro di dialogo culturale tra l’Italia e altre nazioni del mondo. Al “Ballo italiano a Malta” oltre cento ballerini in costume d’epoca hanno aperto le danze nei saloni della splendida Casa del Commun Tesoro, edificio d’inestimabile valore culturale, costruito dai Cavalieri di Malta per custodire il tesoro dell’Ordine. Un vero e proprio debutto, sulle note di un repertorio volutamente misto di musiche italiane e inglesi, e all’insegna di figure memorabili per la storia dell’isola maltese, come l’intellettuale Michelangelo Refalo e i compositori Charles Camilleri e Paolino Vassallo del quale sono stati ricordati i 160 anni dalla nascita. Nel “Carnet de Bal” abbiamo proposto valzer, mazurche, quadriglie e contraddanze tratte dal film “Il Gattopardo”, alternandole con coreografie inglesi del periodo regency e ad altre eseguite su musiche composte dai più celebri compositori maltesi, proprio allo scopo di simboleggiare l’incontro tra le due culture. La Polonaise d’apertura è stata “The Knights of Malta” di Charles Camilleri. Attraverso la commistione di coreografie abbiamo rievocato il fermento culturale degli anni in cui la vita politica maltese fu caratterizzata dalla convivenza della corrente inglese con il filone irredentista a favore del Regno delle Due Sicilie. Una contrapposizione che trovò soluzione anche grazie alla diplomazia di sir Michelangelo Refalo, professore universitario, avvocato della Corona e presidente della Corte Suprema a Malta. Suggestivo anche il momento in cui la “Compagnia Nazionale di Danza Storica”, lasciando per pochi minuti i saloni della Casa del Commun Tesoro, ha danzato intorno alla spettacolare fontana di Piazza San Giorgio la “Mazurka dal Gattopardo” di fronte alle telecamere della Rai e della Tv Maltese, al cospetto del Ministro della Cultura Owen Bonnici, del Sindaco de La Valletta Alexii Dingli, del Presidente della Camera della Moda di Malta Juliana Scerri Ferrante, su invito del Direttore dell’Istituto Italiano di Cultura Salvatore Schirmo, nel corso del Gran Gala della Moda e Cultura.

Nel 2017 è stato ospite di Milly Carlucci con la CNDS a “Ballando con le Stelle”, che esperienza ne ha tratto e quale visibilità ne è seguita?
Avendo da sempre l’obiettivo di promuovere la danza storica, è stata per me una grande soddisfazione, in quanto per la prima volta il format di “Dancing with The Stars” ospitava la danza storica. Si trattava della puntata semifinale di “Ballando con le Stelle” di quell’anno in cui Milly Carlucci invitò Morgan. Nell’arco della puntata, Morgan fece tre interventi in cui parlava della storia del Valzer, di come si è arrivati al successo popolare di questa forma di danza e dunque scelsero di coinvolgerci con il nostro Corpo di Ballo per danzare tre coreografie storiche: la quadriglia “Il Pipistrello” di Strauss, “Voci di Primavera” (insieme a Morgan ed Ekaterina Vaganova), “Sul Bel Danubio Blu”. L’esperienza è stata piacevolissima per l’accoglienza straordinaria che ci ha riservato Milly Carlucci e gran parte del cast dei Maestri del programma, con i quali c’è un forte rapporto di stima reciproca da molti anni ed anche talvolta di collaborazione, con Carolyn Smith, Samuel Peron, Natalia Titova, Anastasia Kuzmina, Maria Ermachkova, Raimondo Todaro, Samanta Togni, Ekaterina Vaganova, Simone De Pasquale, Ornella Boccafoschi, Stefano Oradei.

Nel 2015 ha diretto il Gala Imperial Grand Ball, allo Shangri – La Hotel di Kuala Lumpur, per il Re e la Regina della Malesia. Cosa l’ha colpita in particolare del Paese e delle loro secolari tradizioni?
Avendo messo in scena uno spettacolo per il Re e la Regina della Malesia (destinato a raccogliere proventi per le cinquanta famiglie malesi più indigenti), abbiamo avuto pochissimo tempo per visitare la Malesia. Noi siamo stati prevalentemente accompagnati in luoghi splendidi e dal grande fascino, anche per la loro contemporaneità. Non potrò mai dimenticare quando, in visita con il nostro Corpo di Ballo in cima alle loro Twin Towers a Kuala Lumpur dissi, quasi scherzando, che mi sarebbe piaciuto poter ballare lì un giorno la “Mazurka del Gattopardo” composta dal Maestro Alberto Testa per il film diretto da Luchino Visconti sulla musica di Nino Rota. Dopo dieci minuti, si avvicina il direttore delle Twin Towers, dicendo che aveva ricevuto una telefonata dall’Ufficio del Re e dunque, se avessimo voluto, avremmo potuto ballare anche subito, lì, la “Mazurka del Gattopardo” ... e cosi andò. Un’altra cosa che non potrò mai dimenticare del nostro viaggio in Malesia è legata al momento immediatamente successivo alla fine del nostro spettacolo. Dopo una serie di complimenti da parte di tutti, il capo di gabinetto del Ministro per la Cultura viene da me per dirmi che la Regina era talmente felice di come fosse andato lo spettacolo che voleva dare un ricevimento privato, che non era programmato, in cui voleva che partecipasse la “Compagnia Nazionale di Danza Storica”. Ci informa sul protocollo che avremmo dovuto osservare e ci dà l’arrivederci a dopo 45 minuti. Ci presentiamo puntualmente, rispettiamo le più rigide regole di protocollo e quando arriva la Regina, oltre a complimentarsi con noi, ci dice che ci saremmo dovuti sentire a casa, rilassati e per testimoniarlo chiede un microfono e comincia a cantare lei. Sapendo che fosse un’appassionata del Belcanto italiano (tant’è che l’anno prima che andassimo noi, aveva invitato Andrea Bocelli con l’Orchestra) pensavamo che intonasse una Romanza ed invece dopo un paio di canzoni malesi disse: “essendo questa una Festa voglio omaggiare i nostri amici italiani di una canzone che piace anche ai bambini: il “Ballo del qua qua”. Abbiamo fatto due uscite da soli ed in quei casi ho potuto notare che la Malesia è un miscuglio di etnie e di culture: malesi, cinesi, orang asli, indiani tamil ed altre etnie minoritarie. I malesi sono oggi i soli ad avere pieni diritti politici e civili. I cinesi, spiccano nelle attività commerciali. Nel Sarawak, il gruppo più numeroso è quello dei Dayak, un tempo considerati tagliatori di teste. Di più recente immigrazione sono i gruppi pakistani, bengalesi e nepalesi, che svolgono mansioni prevalentemente artigiane e manuali. Si tratta dunque di un vero e proprio “melting pot” che dà vita, come mi hanno raccontato, ad un gran numero di feste e manifestazioni religiose (l’Hari Raya musulmano, il Deepavali induista, il capodanno cinese, il nostro Natale cristiano) alle quali si adeguano anche le attività commerciali, decorandosi con i colori ed i simboli della festa protagonista in un dato periodo dell’anno, con tanto di specialità culinarie e artigianali. Nonostante questo segno di evidente volontà d’inclusione esistono però tensioni etniche mai sopite.

Sempre nel 2015 ha diretto il Gran Ballo del Bicentenario del Congresso di Vienna all’Hotel Schönbrunn di Vienna, e nel 2014 ha diretto la parte danza dello spettacolo Gran Ballo del Governatore al Teatro dell’Opera di Astrakhan in Russia. Che tipo di pubblico partecipa a questi eventi e come ci si prepara e pone all’evento?
Questi due eventi avevano due diversi tipi di partecipanti. Al “Gran Ballo del Bicentenario del Congresso di Vienna” gli ospiti provenivano da molte città europee e da moltissime città italiane ed avevano partecipato alle lezioni da me tenute oppure a delle Masterclass intensive da me tenute e finalizzate a preparare il repertorio del Gran Ballo. Al “Gran Ballo del Governatore” abbiamo allestito lo spettacolo “Da Venezia a Vienna” all’Astrakhan State Opera and Ballet Theatre proponendo un repertorio coreico settecentesco ed ottocentesco con l’Orchestra del Teatro dell’Opera di Astrakhan che suonava dal vivo e dunque il pubblico non era partecipe, ma solamente spettatore dello spettacolo.

Il progredire della civiltà nelle relazioni interpersonali attraverso i balli e le feste di società con i loro riti affascinanti: costumi, trucchi, parrucche, gioielli... è ancora così o ad oggi rimane una chimera ad appannaggio di pochi eletti?
Noi dentro “Compagnia Nazionale di Danza Storica” abbiamo l’obiettivo primario di fondare tutte le iniziative sul garbo, l’amore per il Bello, il rispetto interpersonale, la lealtà. Anzi, mi spingo oltre, ed affermo che chiunque oggi non segua questa linea, non so con quanta credibilità possa occuparsi di queste tematiche. Negli ultimi anni abbiamo assistito in alcuni Gran Balli organizzati all’estero, durante dei valzer liberi, a scene di Dame lanciate in aria come sacchi di patate oppure al fenomeno per me inaccettabile di trasformare la Danza Storica in Gara: no comment! Tutti i Manuali del tempo (ma già lo faceva Domenico da Piacenza nella metà del 400) parlavano di “Misura”, “Medietas”, “Mexura” e poi, la danza non è sport. Ecco per chi vuole occuparsi oggi seriamente di Danza Storica, occorre ripartire da lì: dallo studio attento delle coreografie e dall’etichetta. Trentadue anni fa, quando iniziai il mio lavoro di ricerca, studio e divulgazione della Danza Storica, c’erano alcuni grandi studiosi che già molti anni prima di me avevano iniziato il loro percorso accademico, didattico o legato alla scena (penso ad esempio a Barbara Sparti, Alessandro Pontremoli, Andrea Francalanci), io oltre a questo tipo di lavoro ho creduto ed investito molto anche nella condivisione sociale di quello che studiavo e studio contribuendo ad ampliare la platea degli appassionati che oggi conta decine di migliaia di persone in tutto il mondo e migliaia di persone in Italia. La gran parte di loro, sono anche portavoci di relazioni che si fondano sulla qualità umana.

Qual è il suo rapporto con la danza classica? Qual è il titolo del grande repertorio accademico a Lei più gradito?
La Danza Classica, il balletto, sono per me l’amore a prima vista, la più alta espressione dell’ineffabile, la ricerca della perfezione, la cura dei dettagli, il rispetto delle regole, la meraviglia della leggerezza. La Danza rappresenta per me: “anni di studio della sua storia, anni d’impegno da divulgatore, anni di gioia da spettatore”. La storia del balletto nello specifico mi ha portato ad interessarmi di avvenimenti, capolavori, che dal Rinascimento ad oggi hanno contribuito alla sua trasformazione da spettacolo di corte a spettacolo per tutti. Una storia la cui nascita segna la divisione tra danza sociale (con le sue funzioni comunitarie, religiose, spirituali ma anche d’intrattenimento, divertimento) e danza teatrale (appannaggio esclusivo di danzatori professionisti che ne fanno oggetto di rappresentazioni). Una storia che io non amo iniziare dal 15 ottobre del 1581 quando nella Salle du Petit Bourbon di Parigi debuttò il “Ballet Comique de la Royne” le cui coreografie furono del Maestro Italiano Baldassarre di Belgioioso ma amo farla cominciare da prototipi ballettistici come: il “Ballo d’Ercole” del “Trionfo Romano di Eleonora d’Aragona” voluto a Roma nel 1473 dal Cardinale Pietro Riario; oppure dal convivio coreografico del nobile lombardo Bergonzio Botta per le nozze di Gian Galeazzo Sforza a Tortona nel 1489, in cui molti studiosi hanno ritrovato gli elementi tipici di quello che poi potrà essere chiamato “balletto”. Tra i titoli del repertorio a me graditi ci sono: “Giselle” e la sua struggente storia d’amore; “Schiaccianoci”, il balletto dell’infanzia; l’italiano “Ballo Excelsior”, antesignano della Rivista.

Tanti i riconoscimenti ricevuti per la Sua carriera, tra cui Ambasciatore per la Pace nel mondo conferitogli da Maria Pia Fanfani e numerosi altri, tra cui lo Schiaccianoci d’Oro a Roma per il suo lavoro con la CNDS. Quali obiettivi si è prefissato per il futuro (emergenza sanitaria permettendo) con la sua Compagnia di danza storica?
Il desiderio maggiore è quello di proseguire con la divulgazione della Danza Storica ai più vari livelli attraverso lo sviluppo sia delle nostre attività tradizionali (dagli spettacoli con il Corpo di Ballo ai Gran Balli, dalle iniziative didattiche alle Masterclass) che di quelle più recenti che mi hanno portato ad avviare i concept: la “Compagnia Nazionale di Danza Storica incontra la Grande Opera”, “CNDS Contemporanea” e “CNDS Solidale”.

Mi dia una definizione o una spiegazione di “danze storiche” per chi non le conoscesse?
Io con il termine “Danza Storica”, intendo il sistema coreico (teorico-pratico) fondato sui Manuali di Ballo reperiti prevalentemente in Europa a partire dallo scritto di Domenico da Piacenza “De Arte Saltandi et Choreas Ducendi” (databile 1445-1447) ed i trattati di altri Maestri italiani come Guglielmo Ebreo da Pesaro, Antonio Cornazzano, Cesare Negri, Fabrizio Caroso. Il primo Manuale non italiano arriva circa centocinquanta anni dopo quello di Domenico da Piacenza, ed è l’Orchésographie, pubblicato nel 1589 da Thoinot Arbeau. Questa considerazione, unitamente all’impegno nella creazione della figura del Maestro di Danza, la dice lunga sul rilevante ruolo italiano per la Storia della Danza in generale.

Personalmente nel mio ruolo ultradecennale di divulgatore culturale ho profuso le forze e risorse per promuovere l’arte, soprattutto rivolta ai giovani, come forma di educazione. In fondo l’arte è capace di rendere l’uomo eterno. Si riconosce in questa celebre citazione?
Questa citazione ci riconduce al I secolo a. C. quando il poeta latino Orazio Flacco celebrò tra i primi “la potenza dell’arte capace di rendere l’uomo immortale”. Idea che nei secoli è stata ripresa da un’infinità di altri intellettuali, filosofi ed artisti. Io credo che l’arte renda immortali così come le grandi scoperte scientifiche, i gesti eroici e di grande bontà. L’arte – sia essa frutto della gioia o del dolore, dello stupore o del senso di indignazione – e gli artisti hanno però dei compiti ulteriori: devono tener vivo il senso di meraviglia nel mondo, risvegliare ed alimentare l’amore per il Bello, condividere le emozioni che riempiono di senso la vita, stimolare comportamenti virtuosi, esaltare l’alternanza tra profondità e leggerezza nelle relazioni. Per dirla con Hermann Hesse: “Arte significa: dentro a ogni cosa mostrare Dio”. In questo forse sta l’autentica immortalità dell’Arte e l’impareggiabile eternità dell’Artista.

Michele Olivieri

Ultima modifica il Martedì, 27 Ottobre 2020 14:14

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