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INTERVISTA a ROBERTO DE LELLIS - di Nicola Arrigoni

Roberto De Lellis Roberto De Lellis

«Con la denominazione Teatri nella rete Ater Fondazione propone fino al 24 gennaio una stagione di spettacoli per ovviare alla chiusura dei teatri a causa del Coronavirus – spiega il neodirettore di Ater Fondazione, Roberto De Lellis. Il cuore del progetto prevede la realizzazione in streaming di 11 appuntamenti tra dicembre e gennaio, oltre a un progetto per i giovanissimi espressamente pensato per il web che sarà online fino al 24 dicembre. Gli appuntamenti saranno tutti trasmessi gratuitamente in première su una piattaforma dedicata (www.teatrinellarete.it). Altri contenuti (webinar, backstage), complementari agli spettacoli, arricchiranno l’offerta e avranno il carattere dell’originalità e dell’unicità. Tutti i titoli scelti hanno la caratteristica di unire una parte teatrale e una musicale». 

Roberto De Lellis ha iniziato la sua carriera al Festival di Santarcangelo nel 1980. Dopo una breve esperienza come giornalista a Milano, si è stabilito a Reggio Emilia nel 1990 e ha lavorato per dieci anni al Teatro delle Briciole di Parma, dove ha rivestito la carica di presidente e di direttore artistico. Dal 2000 ha iniziato una lunga e intensa collaborazione con Teatro Gioco Vita di Piacenza per il quale è stato direttore di produzione. Appassionato ed esperto di danza, ha collaborato con Sosta Palmizi e, dal 2003, è stato responsabile del circuito AterDanza, embrione dell’attuale circuito multidisciplinare gestito da ATER. Dal 2003 e fino al 2018 ha anche diretto il Festival delle Nazioni di Città di Castello e dal 2010 è docente a contratto nel Master per l’imprenditoria dello spettacolo all’Università di Bologna.
«La mia nomina è arrivata in un periodo che è molto particolare, per certi versi drammatico per il nostro settore – afferma il neodirettore -. Non si tratta solo di capire come rendere l’azione di Ater sempre più incisiva e in sintonia con la sua nuova mission, ma, oggi più che mai, si tratta di capire come lavorare per il rilancio dell’intero settore, in una regione come l’Emilia Romagna che vanta una vivacità di produzione e realtà delle arti sceniche per certi versi unica».

E questo come si traduce?
«La mia nomina è arrivata nel cuore dell’estate, quando le attività dello spettacolo dal vivo sembravano poter riprendere con tutte le cautele del caso. Con questa fiducia si sono mossi teatri e compagnie pensando a che fosse possibile una stagione autunnale e invernale ed invece il nuovo blocco ha messo di nuovo in gioco tutto. Per questo abbiamo pensato di dare vita ad una stagione in streaming per fornire un segnale di resistenza e di attività che malgrado tutto continua e, in realtà, non si è mai fermata».

In una situazione così complicata una realtà come Ater Fondazione che ruolo può ricoprire?
«Credo che oggi a maggior ragione Ater Fondazione possa giocare un ruolo importante nell’elaborazione e nella rinascita di un sistema teatrale pesantemente colpito dalla crisi pandemica. La storia di Ater è una storia di respiro territoriale ma anche di sguardi prospettici che vanno oltre i confini e i generi estetici. Cedo che questa vocazione alla capacità di fare rete nel segno di un servizio da offrire allo spettacolo avrà un valore strategico».

E questo concretamente come si realizza?
«Da sempre i principali obiettivi di Ater Fondazione sono la promozione, la valorizzazione, lo sviluppo e la diffusione delle attività dello spettacolo dal vivo e delle iniziative educative-formative ad esso connesse, tramite una rete di teatri diffusi su tutto il territorio regionale. Inoltre Ater supporta la promozione internazionale delle produzioni di spettacolo della regione, in partnership con altri soggetti nazionali o internazionali. Questi aspetti saranno indispensabili nella ridefinizione e nel rilancio del sistema teatrale regionale».

Che si concretizza in una serie di Comuni e teatri che aderiscono ad Ater?
«Che si affidano ad Ater per la gestione delle stagioni. In media, in tempi pre-Covid- sono 600 gli spettacoli che vengono fatti circuitare nei vari teatri che fanno riferimento ad Ater. L’attenzione al territorio si intreccia con una nuova mission che è quella progettuale e di diffusione del teatro made in Italy al di fuori dei confini nazionali. Una realtà come Ater Fondazione deve da un lato lavorare per il territorio in cui è inserito e al tempo stesso offrire una prospettiva internazionale agli artisti che nel territorio si formano e vivono, tenendo conto dell’importante tessuto produttivo che caratterizza da almeno quattro decenni l’Emilia Romagna».

A tutto questo si affianca la necessità, oggi più che mai, di recuperare il pubblico, di rinverdire e tenere vivo il rapporto col pubblico…
«E’ questo un aspetto importante e su cui lavoreremo con sempre maggiore determinazione. La formazione del pubblico è importante quanto la formazione degli operatori e la promozione e diffusione delle arti performative. Teatro, musica, danza sono linguaggi che necessitano di essere conosciuti nella loro complessità. In questa direzione va infatti la rassegna di teatro in streaming di Tetri nella rete, un mix di proposte in cui musical danza e teatro sono condivisi in un intreccio di generi e di proposte che chiede al pubblico di lasciarsi conquistare. Per questo e dopo la pausa forzata imposta dal Covid lavorare sul pubblico, sulla consapevolezza dell’andare a teatro, sulla decodifica dei codici della scena è importante. Tutto ciò sta anche nella mission originaria di Ater Fondazione».

L’aspetto internazionale che spazio avrà?
«Uno spazio di primo piano. L’idea è quella di lavorare per promuovere i progetti realizzati dalle compagnie emiliane con respiro internazionale. Un esempio per tutti, il lavoro su Dante del Teatro delle Albe che toccherà ben cinque continenti. Ciò che accade in Emilia Romagna può parlare al mondo. Per questo daremo vita ad una piattaforma internazionale con cui promuovere i progetti del sistema Emilia Romagna. Ma l’obiettivo è ovviamente quello di lavorare in sinergia con altre realtà internazionali, di accorciare le distanza fra Paesi nel segno del linguaggio universale delle arti performative».

Dire tutto questo oggi in tempi di pandemia appare un po’ azzardato…
«Forse lo è, ma non c’è alternativa, anzi il Covid ci ha insegnato che siamo tutti nella stessa barca, che lo scenario è comune. Questo insegnamento può valere anche per i linguaggi dell’arte e della cultura, ampliare gli orizzonti con radici ben salde nel territorio è un’esigenza e una necessità che vengono in aiuto a un settore che molto ha sofferto e tanto sta soffrendo a causa dell’emergenza sanitaria. Dobbiamo credere nella forza delle nostre imprese teatrali e lavorare per farle conoscere all’estero, a maggior ragione oggi, per essere pronti alla sfida che interesserà ogni settore una volta che la crisi pandemica sarà conclusa. A questo bisogna lavorare con determinazione, tutti insieme e con forza. E la rete di Comuni, teatri artisti che è corpo di Ater Fondazione questo può fare con grande consapevolezza e grande forza, tutti insieme, per tornare a vedere dal vivo teatro, danza e musica».

Ultima modifica il Lunedì, 07 Dicembre 2020 12:43

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