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Teatri di realtà/1. Cabaret des Artistes, lo spazio scenico come luogo di incontro. Fondazione Teatro Due fra formazione e invenzione dello spettacolo. -di Nicola Arrigoni

"Augustin", esito della scuola di Alta Formazione Casa degli Artisti. Foto Francesco Bianchi "Augustin", esito della scuola di Alta Formazione Casa degli Artisti. Foto Francesco Bianchi

Teatri di realtà/1.
Cabaret des Artistes, lo spazio scenico come luogo di incontro
Fondazione Teatro Due fra formazione e invenzione dello spettacolo
di Nicola Arrigoni

Per una premessa - Con 'teatri di realtà' si intende ricercare e raccontare esperienze, estetiche e percorsi volti a leggere e vivere il teatro come strumento e non fine, come ambiente e non luogo dello svago. Se il teatro con i suoi codici e linguaggi sempre meno è voce univoca di comunità, nel tempo delle mille aggregazioni social, anche il teatro - e più che mai il teatro - diventa ed è social. Il teatro è sempre e comunque sociale, lo è perché incoraggia relazioni, mette in contatto, è rito, è portatore sano di dialogo e confronto. E fin qui nulla di nuovo. Teatri di realtà ha intenzione e vorrebbe andare in cerca di quelle storie, di quei luoghi che fanno del teatro un ambiente, che fanno esplodere la semantica teatrale, ovvero trascendono lo spettacolo e vanno oltre, recuperano attraverso l'estetica della scena l'etica della socialità, nel segno di un riappropriarsi di contatti reali e non mediati. Teatri di realtà va in cerca anche di quelle esperienze in cui la realtà trascende, scombussola, sovverte i linguaggi della scena. Questo è il tentativo: capire come e dove la forma teatro si fa sostanza, si fa ambiente per invitare a ri-edificare un contratto sociale. Per dirla con Carlo Goldoni si va in cerca dove nel libro del teatro si possano trovare spiegazioni per orientarci nel gran libro del mondo.
L'esplosione dello spazio scenico – La prima storia dei Teatri di realtà riguarda l'azione poetica e politica di Fondazione Teatro Due di Parma, istituzione teatrale nata nel fecondo clima degli anni Settanta come collettivo e che nel corso di quasi cinquant'anni di storia ha saputo fare del 'teatro' non solo una proposta culturale, ma lo specchio e il luogo di elaborazione del presente e di riflessione sulla propria identità dell'intera Città. E allora può accadere che la trasformazione di uno spazio scenico, nata come necessità strutturale ed estetico-formale per la creazione di uno spettacolo, stimoli nuovi desideri ed idee, e si faccia così condizione permanente per invitare i cittadini a frequentare il teatro come spazio di incontro e non solo di visioni.

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Tutto ciò accade con Girotondo Kabarett, lo spettacolo diretto da Walter Le Moli che ha trasformato lo spazio scenico tradizionale in un vero e proprio cabaret anni Venti in cui gli spettatori si siedono ai tavolini, possono cenare mentre va in scena lo spettacolo: Girotondo di Arthur Schnitzler. Le dieci scene che racchiudono le storie dei vari personaggi, legate fra loro da relazioni amorose ed erotiche, sono inframmezzate dai song eseguiti dalla fascinosa Fiorella Ceccacci Rubino e accompagnata dalla musica eseguita dal vivo dall'orchestra femminile Kleine Kabarett Orchestra.
«Lo spazio inventato per Girotondo Kabarett, la centralità, la partecipazione, il divertimento e il gusto degli spettatori per questo insolito modo, oggi, di vivere il teatro, ci hanno instillato il desiderio di mantenere questo spazio vivo e aperto; la voglia di riproporre un modo dimenticato di fruire il teatro, non come semplice spazio in cui partecipare a una visione nel buio della sala, ma come luogo dove rimanere, incontrarsi con grande libertà, proprio come in un cabaret – spiega Paola Donati, direttrice di Fondazione Teatro Due -. Su modello dei cabaret inglesi, francesi e tedeschi degli inizi del novecento la trasformazione dello Spazio Bignardi ha portato gli attori a voler proseguire la ricerca di un confronto con il pubblico attuando drammaturgie, poetiche, teatro musicale, sketch comici, in una sorta di nuovo spazio politico che con serietà e leggerezza possa condividere un inaspettato respiro intellettuale ed emotivo con gli spettatori».
Il Cabaret des Artistes apre da fine gennaio a metà marzo per cinque settimane durante le quali gli attori dell'Ensemble Stabile di Teatro Due, accompagnato da un'orchestra di sole donne, propongono ogni week end (per un totale di quasi trenta serate) dei pastiche a sorpresa. Il gatto nero, La formica nuda, L'asino che ride, Il pappagallo morto, Il bue sul tetto sono i titoli delle puntate che si rifanno ai nomi dei più importanti locali europei e racchiudono temi come lavoro, politica, filosofia, salute, morte, amore e sarà possibile anche ballare tra le diverse scene, canzoni, sketch, poesia, musica dal vivo, in un modo diverso di vivere il teatro e i suoi spazi, le sue relazioni, la sua anima. Serate tutte diverse che sono quasi un kolossal che va di pari passo con tutte le altre attività del teatro e che testimonia una vocazione plurale e complessa.

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«Con Cabaret des Artistes, Fondazione Teatro Due prosegue la sua azione estetica e politica di proposta teatrale – afferma con convinzione Paola Donati -. L'obiettivo è quello di coniugare la necessaria e tradizionale attività che ha nel fare produzione il suo cuore, una serie di esperimenti non accessori, ma che possano ipotizzare fruizioni diverse dello spazio, del tempo teatrale, intendendo per spazio teatrale non solo il contenitore, ma anche il contenuto. Credo che oggi più che mai il teatro possa essere il luogo in cui recuperare un senso di comunità e di incontro. La relazione con l'altro è incontro con l'alterità, e presuppone quindi un allenamento al dialogo e al contraddittorio. Sono questi aspetti che vanno scomparendo pian piano, che necessitano di essere recuperati, oggi attaccati ai nostri cellulari e computer rischiamo di confermare le nostre convinzioni, sotto la parvenza di un'attività social rischiamo di far crescere un solipsismo disperato e indifferente al mondo. Crediamo fermamente che il teatro sia uno spazio di democrazia in cui le forme del confronto possano essere reinventate. Su questo puntiamo con la sfida del Cabaret des Artistes in cui i nostri attori saranno affiancati da artisti ospiti per dar vita a una programmazione insolita e continuativa che ponga gli spettatori in modo visibile al centro di un rituale». Nella formula del cabaret come espressione iconoclasta della cultura codificata, Fondazione Teatro Due va in cerca di una nuova eppure antichissima codifica del ruolo del teatro come spazio di incontro, luogo in cui trasformarsi, ovvero usare la formazione come mezzo per cambiare se stessi e perché no il mondo.
Trasformare... quando la formazione passa attraverso l'anima. Trasformare è in sé il significato del formare passando attraverso e questo attraversamento per Teatro Due sono i linguaggi della scena e la formazione allo spettacolo dal vivo. «In questa direzione è andata anche la seconda edizione del corso di Alta Formazione la Casa degli Artisti che quest'anno ha coinvolto attori, assistenti alla regia, alla drammaturgia e alla composizione musicale offrendo loro un percorso formativo a tutto tondo che ha portato, tra le altre, alla realizzazione della pantomima di Il Caro Augustin di Hermann Bahr, affidando la formazione e l'esito di fine corso a Monique Arnaud, unica donna maestra di Teatro No, e al compositore Orazio Sciortino. Anche in questo caso si è scelto un materiale drammaturgico mai affrontato in Italia e una forma di spettacolo insolita per consentire agli allievi di studiare e confrontarsi con una scrittura scenica potente e dimenticata, in dialogo continuo con la musica – continua Paola Donati -. Se con La Casa degli Artisti ci concentriamo sulla formazione di giovani professionisti, proseguono anche i progetti legati alla formazione degli spettatori. I Classroom Play, spettacoli pensati per essere realizzati nelle classi delle scuole superiori, i focus teatrali dedicati ad alcuni aspetti della storia e delle estetiche della scena, oltre che i laboratori dedicati agli studenti degli istituti superiori e delle università, costituiscono il progetto formativo che abbiamo messo in atto per ' far scoprire il teatro' e avvicinare studenti e insegnanti a una lingua complessa. Succede spesso che siano proprio i ragazzi che partecipano ai nostri laboratori o appuntamenti formativi a trasmettere il desiderio di frequentare il teatro ai propri genitori».
«Con il progetto Così vicino, così lontano saranno coinvolte le generazioni più lontane, i vecchi e i bambini, le loro storie verranno rielaborate da un gruppo di studenti universitari per costruire una drammaturgia sui racconti di vita invisibile, per un racconto della Città fatta da vecchie e nuove storie individuali – conclude Paola Donati -. In questo senso credo si possa dire che lo spazio scenico esplode, il teatro si apre e invade la città, ne fa la sua scena e chiede ai cittadini di esserne i protagonisti. Forse è un modo di agire utopico, il nostro, ma il teatro vive e si nutre di utopie, di sogni, di possibilità altre, di assunzione del principio di realtà, quando non vuole ridursi a semplice spettacolo. Sono oltre 1.200 i ragazzi che ogni anno coinvolgiamo e formiamo, un investimento di competenze e di necessità di trasmissione che viene restituito dall'avere un pubblico consapevole e critico. L'avvicinamento al teatro sul campo, avvenuto ai tempi della scuola, ha fortemente contribuito a creare la comunità di spettatori adulti del Teatro Due».

Ultima modifica il Mercoledì, 30 Gennaio 2019 01:05

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