«Il mondo intero non è interessante, e tutto il mondo non è certamente artista. Non ci siamo troppo giustificati, a botte di cifre e argomenti economici, invece di restare sul terreno del contenuto artistico? Non ci siamo ridotti a degli intrattenitori di gallerie che seguono saggiamente le regole dei manager, degli esperti in marketing e dei contabili, invece di essere rimasti gli elementi perturbatori e le fonti d’ispirazione che dovremmo essere? Non dovremmo, così come la balena, tornare al mare, alla ricerca di un biotopo più adatto per ritrovare la nostra forza combattiva?» questo si chiedeva Frie Leysen nel discorso pronunciato al Amsterdam per il conferimento del Premio Erasmus nel 2014 e tradotto da Luigi De Angelis. Quegli interrogativi e quella voglia di non arrendersi alla rilassatezza della politica e alle regole del business sono l’eredità di una figura di intellettuale che ha difeso la sacralità del teatro e delle arti performative, nonché il loro indiscutibile valore etico e sociale.
Frie Leysen è scomparsa mercoledì, intellettuale tenace, organizzatrice combattiva, donna con un senso alto del fare cultura, del ruolo etico oltre che estetico delle arti. Fondò il centro artistico deSingel ad Anversa, che pure diresse, dal 1980 al 1991. Fu inoltre la promotrice del festival Kunstenfestivaldesarts, che si tiene a maggio a Bruxelles: lo guidò fino al 2006, portandolo ad essere una delle manifestazioni di arte contemporanea più rilevanti d'Europa. Dopo essersi dedicata al Meeting Points, festival itinerante condotto in diverse città arabe del Medio Oriente, fu curatrice del Theater der Welt nel 2008-2010. Nel 2012 fu nominata direttrice artistica della nuova sezione di teatro e arti performative all'interno del Berliner Festspiele. Fu inoltre direttrice teatrale del Wiener Festwochen nel 2013 e 2014. Nel 2003 ricevette il Prijs voor Algemene Culturele Verdienste van de Vlaamse Gemeenschap (premio della comunità fiamminga per i meriti culturali) e nel 2007 il dottorato onorario dall'Università libera di Bruxelles (Université libre de Bruxelles - ULB). Nel 2014 vinse il Premio Erasmo e sempre nel 2014 ricevette il Premio Franco Quadri dall’Associazione Ubu per Franco Quadri.
Se queste brevi note danno conto sinteticamente dell’attività di teatrante, organizzatrice culturale di Frie Leysen, è oggi nel suo pensiero, nella sua militanza politica e poetica che sta la sua eredità spirituale. In tempi di arte/intrattenimento, in tempi bieca occupazione politica e partitica di spazi della cultura, in tempi in cui non si avverte la visione di chi amministra, ma solo il piccolo interesse di cortile di chi siede nelle stanze del comando, in tempi così inquieti e complessi il pensiero e le parole di Frie Leysen rappresentano un pungolo per chi ancora crede che fare arte sia impegno politico, ovvero l’impegno profuso per lo spirito della città e della comunità. «Nella mia vita, ho costruito qualche nuova struttura – il deSingel ad Anversa, il festival Kunstenfestivaldesarts a Bruxelles -, su misura, in vista di realizzare le mie idee e i miei valori. Ma mi è sembrato ugualmente cruciale abbandonare queste strutture al momento giusto, trasmetterle alla generazione successiva. C’è ancora del posto per delle nuove strutture oggi? Il paesaggio nel frattempo non è troppo denso? Non ne sono sicura. Il fatto è che intanto le strutture e le case delle arti rivendicano un valore d’eternità, che gli è stato d’altronde conferito. Si vedono raramente emergere delle iniziative di natura provvisoria. Ma ogni nuova vita è condannata a morire un giorno. Si fa molta fatica ad accettare la nostra finitezza. Ci vuole più spazio, mentale e politico, per cambiare le strutture dall’interno. Nuove generazioni devono potersi appropriare delle Istituzioni esistenti, ribaltare tutto, ripensare tutto e tutto rimodellare secondo le proprie concezioni».
E sta in questa visionarietà, nel senso etico del passaggio di consegne la lezione di Frie Leysen in cui lucidità di lettura si coniugava con incisività d’azione nella consapevolezza espressa nel discorso pronunciato per il Premio Erasmus che «Sul piano politico e economico, l’Europa non rappresenta più niente nel mondo globalizzato di oggi – disse -. Ma la nostra cultura e la nostra arte continuano ad avere un ruolo di primo piano sulla scena internazionale. È per questo che bisogna continuare a battersi, contro la tendenza a ridurre tutto a conservazione museale del nostro passato, occorre insistere e investire sul futuro, e questo in un clima artistico vivente, animato, aperto e innovativo». In questo senso Frie Leysen insignita del premio europeo delle arti intitolato al grande filosofo dell’Elogio della Follia leggeva il prestigioso riconoscimento come «la quintessenza del nostro lavoro, gli artisti e le opere, riguarda la messa in gioco, l’assunzione di rischi, la radicalità e il cambiamento. Riguarda la nostra missione di ripensare le strutture e i modi di lavoro e di adattarli ai bisogni attuali – sottolineò con forza - Questo Premio difende gli artisti e il loro lavoro, che sono minacciati di soffocare in un mondo meschino, borghese e artificiale, fatto di glamour, di soldi, di potere, di pettegolezzi, di prestigio, di mercificazione, di narcisismo, di compromesso, di carrierismo ad oltranza e di vanità. La Disneyland artistica del XXI secolo».
Ed ancora con andamento anaforico ebbe modo di dire: «Questo premio difende anche la circolazione degli artisti e delle loro opere al momento in cui l’Europa, e anche l’Olanda, minaccia di nuovo di chiudere le sue frontiere e dove l’autoreferenzialità regna sovrana. Ho nostalgia dei Ritsaert ten Cate di questo paese – si legge nel discorso riportato sulla pagina dell’Associazione Ubu per Franco Quadri - Questo Premio è anche una ricompensa per le nuove generazioni d’artisti e gli artisti dei quattro angoli del mondo che non conosciamo ancora ma che ci offrono una prospettiva totalmente differente sulla nostra epoca e sul nostro mondo. Ma solo se gliene diamo l’opportunità. Questo Premio è un omaggio al pubblico critico, curioso, esigente e avventuroso, il partner imprescindibile dell’artista. Delle persone che sentono il bisogno di confrontarsi ad altre visioni e opinioni, a caccia di nuovi linguaggi e espressioni artistiche, disdegnando il consumo commerciale e l’avanzata della cosiddetta industria culturale». E sono queste frasi, queste parole che rendono la figura di Frie Leysen quanto mai attuali, urgenti, scottanti e con esse pesante la sua partenza.
Frie Leysen, l’elogio delle arti oltre ogni gretto potere. Addio all’intellettuale belga Premio Erasmus e Premio Franco Quadri. -di Nicola Arrigoni
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