martedì, 23 aprile, 2024
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Uno spunto di ricordo per Roberto Calasso. -di Piero Mioli

Roberto Calasso Roberto Calasso

Uno spunto di ricordo per
Roberto Calasso
di Piero Mioli

Unanime, per dirla più o meno con l'Adelchi del Manzoni, è sorto il compianto per la scomparsa di Roberto Calasso (Firenze, 30 maggio 1941 - Roma, 28 luglio 2021), dal passaparola di tutti coloro che vivono nel mondo della cultura alla stampa quotidiana o più largamente periodica. Fra le varie riviste le più coinvolte, le più costernate sono senza dubbio quelle di carattere bibliografico, letterario, spettacolare, interdisciplinare, quelle più vicine a una mente e una penna, una cultura, una scrittura, una comunicazione di portata impossibile a circoscriversi se non, appunto, attorno al fenomeno del libro, del libro tout-court. Si fa presto a dire “libro”, fra persone che leggono soprattutto nell'ambito del loro orticello librario e persone che scrivono libri di tanto peso settoriale da escludere parecchi altri settori. E si fa presto a capire dove vada a parare questa pagina di cordoglio: cosa Calasso abbia scritto è sotto gli occhi di tutti, ed è moltissimo; cosa abbia letto non lo si saprà mai, trattandosi di una “moltitudine” nonostante tutto incontrollata. Non multum sed multa, dicevano gli antichi, ma anche nulla dies sine linea: nella fattispecie, invece, multum e multa coincidono, e la linea, la riga, la frase, l'appunto, il pensiero che uno scrittore serio sa di dover scrivere senza lasciar passare un solo giorno della sua vita, assume un significato doppio, di qualcosa, purchessia addirittura, che vada scritto e anche vada letto, lo scrittore essendo anche (ma non è poi sempre detto) un lettore. Al caso, il lettore-scrittore è anche editore (come Adelphi); e anche bibliofilo (per la bruta quantità, più che per la qualità collezionistica del libro raro da vantare come un gioiello da cassaforte).
Un libro, di regola, spetta a un genere, uno stile, una forma. Ma la buona regola eccepisce, e il monte-libri di Calasso sembra fatto apposta per confondere le idee. Racconto? filosofia? letteratura? storiografia? trattato? mitografia? prosa pura? teologia? prosa poetica? saggistica della più bell'acqua? Tutto, al meglio forse saggistica ma in un'accezione talmente elevata e comprensiva da conoscere ben poca colleganza. Cominciando dalla scrittura stessa: a parte l'avversione o la poca simpatia per la parentesi, il punto e virgola, il periodo lungo, la pagina senza un daccapo che sia uno, è mirabile in Calasso la capacità di argomentare non per sistema ma, come dire? per aumentazione, in modo che l'assunto da esporre o dimostrare proceda e prolifichi, germogliando come un fiore e una pianta petalo dopo petalo, corolla dopo corolla (musicalmente, più alla Mozart che alla Bach, cioè sempre muovendo e mai fermando il discorso). Sicché il lettore capisce pian piano, e magari torna indietro a cercare una prima definizione lapidaria e non subito memorabile. Alcuni particolari: molti i virgolettati e pochi i corsivi; esemplare la traslitterazione, ovvio in corsivo, del greco (con lunghe-brevi e accenti, senza inutili spiriti); e formidabile l'attitudine etimologica, dove non sai chi, nell'agone fra intelligenza e fantasia, abbia la meglio questa o quest'altra volta.
Quanto ai temi, mai l'abusata parola “tematica” che raccoglie, tempera e discerne, è stata più opportuna: nell'opera di Calasso c'è tutto; e tutto appare e dispare, parla e tace, viene e va e riviene. È la civiltà letteraria del mondo intero, con una probabile predilezione per la lunga fascia indoeuropea che ai Veda non sacrifica affatto la Bibbia (o i Bibbia, “i libri”?), né sacrifica il monumento della tragedia greca ai più remoti, eletti, sconosciuti scrittoroni e scrittorini tedeschi o francesi. Tutto scorre, si diceva, liscio come nella prosa più densa e più liquida insieme (un plauso ai tanti, eroici traduttori in tante lingue), ma alla fine del libro non manca certo il resoconto. Note? Esclusivamente noterelline bibliografiche che fanno perdere la testa per l'infinita, alessandrina, fors'anche levantina erudizione. E la meraviglia è tale da sospingere la malizia: mancherà qualcosa? sta a vedere che Ovidio è prediletto a Virgilio, che gli italiani sono meno auscultati degli inglesi e degli americani, che la pittura è più eloquente di qualche altra, arcana forma d'arte. Ma ne vale la pena?

Ultima modifica il Venerdì, 12 Novembre 2021 09:55

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