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TEATRO STABILE DI TORINO - "SUMMER PLAYS". -di Roberto Canavesi e Francesca Maria Rizzotti

"Ruy Blas". Foto Alessandro Salvatore "Ruy Blas". Foto Alessandro Salvatore

A casa allo zoo di Roberto Canavesi
A casa allo zoo di Edward Albee è un collage di due distinti atti proposto dalla giovane compagnia torinese Amaranta Indoors: in “Vita casalinga" tutto ruota attorno a Peter ed Ann, editore di successo lui, adrenalinica virago lei capace di smontare fragili fondamenta famigliari con un semplice “dovremmo parlare”. Pur circondati da figli e animali domestici, Peter vive “un” presente fatto di piccoli e ripetuti gesti, mentre Ann vorrebbe vivere “nel” presente, attratta da pulsioni libertarie destinate a scontrarsi con l’esistenza monotona.
A seguire, in apertura de “La storia dello Zoo”, ritroviamo Peter sulla panchina di un parco in compagnia del suo inseparabile libro: perso nei suoi pensieri, l’uomo riceve la visita di Jerry, il suo alter ego all’incontrario. L’uno ha estrazione borghese, l’altro proviene dai bassifondi newyorchesi, l’uno è riflessivo e pacato, l’altro è irruento e sboccato. Tra i due uomini prende forma una conversazione all’apparenza assurda, il racconto di quanto vissuto poco prima allo zoo da Jerry, se non fosse che i volumi si alzano, dalle parole si passa ai fatti per un epilogo di inaspettata violenza. Mescolando amara ironia a palpabile tensione, i bravi Marcello Spinetta, Marta Cortellazzo Wiel e Christian Di Filippo, sono gli interpreti-registi di uno spettacolo che insinua scomode domande ad un’umanità incapace di relazionarsi e di confrontarsi, in un una parola sola di comunicare.

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Over the rainbow

Over the rainbow e Ruy Blas di Francesca Maria Rizzotti
Over the rainbow è uno spettacolo di teatro-canzone che l’Accademia dei Folli, in occasione del centenario della nascita di Beppe Fenoglio, ha tratto da Una questione privata, romanzo del noto autore albese e pubblicato nel 1963, due mesi dopo la sua morte. L’intento e l’espediente drammaturgico scelto da Emiliano Poddi è di restituirci la vicenda attraverso la lettura e lo sguardo di Calvino. Il testo si concentra sul primo capitolo del romanzo, scorrendo rapidamente sugli episodi successivi. Lecita e comprensibile la scelta di operare una selezione, trattandosi di un romanzo complesso e di difficile restituzione, ma manca la Resistenza, “la Resistenza proprio com’era, di dentro e di fuori, vera come mai era stata scritta” (secondo il celebre giudizio di Calvino), quella che per Fenoglio pur non essendo il fine è il mezzo della rappresentazione e in cui la vicenda d’amore tormentato è sì motore dell’azione, ma presupposto per riflettere sulla condizione umana, sull’uomo alle prese con se stesso. Manca inoltre il finale non finale, forse uno degli aspetti più enigmatici e interessanti del romanzo: cercare a tutti i costi una risposta e inseguirla non è forse un modo per fuggire dalla verità? Raffinati e ottimamente eseguiti gli arrangiamenti dei brani musicali, tra cui “Oltre il ponte” dello stesso Calvino e “Over the Rainbow”, il primo disco che il protagonista Milton regala a Fulvia.
Con Ruy Blas la compagnia Il Mulino di Amleto e Marco Lorenzi, regista degli spettacoli, confermano onestà e coerenza nella ricerca di un confronto con i classici per farli visceralmente propri, oltre alla progressiva definizione di un linguaggio originale, di uno stile proprio: centralità dell’attore, impiego diversificato della voce, varietà di registri, nessuna finzione nell’uso del corpo, la tendenza a definire lo spazio scenico in una forma geometrica precisa svuotata di ogni inutile orpello, con due file di sedie disposte sui lati del palco, così da moltiplicare lo sguardo sulla scena, la volontà di abbattere la quarta parete per interloquire con il pubblico fino a coinvolgerlo direttamente nell’azione scenica, la scelta di brani musicali raffinati e contemporanei. In Ruy Blas si aggiunge l’utilizzo di immagini elaborate e proiettate su un piano rettangolare verticale di fondo: i volti mossi e fluidi dei protagonisti, immersi nell’acqua (quasi a volerne sottolineare la precarietà o la sostanziale inafferrabilità), nel loro lento succedersi, introducono i quattro quadri di cui si compone lo spettacolo. Del melodramma ottocentesco di Victor Hugo, rappresentato per la prima volta nel 1838, cosa resta? La riflessione su un mondo in disfacimento, logorato dalla corruzione e da rapporti fondati sull’inganno, la storia di un amore impossibile, il vano tentativo da parte di pochi di far valere la lealtà e la fedeltà ai propri valori, a cui si aggiunge “una raffinata indagine sul senso dell’identità: chi sono io, sono il mio nome? Sono il mio ruolo sociale? Sono le mie azioni? Sono tutto questo contemporaneamente?” (Dalle note di regia).

Ultima modifica il Domenica, 18 Dicembre 2022 13:52

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