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61° FESTIVAL PIANISTICO INTERNAZIONALE DI BRESCIA E BERGAMO. -di Federica Fanizza

61° Festival pianistico internazionale di Brescia e Bergamo 61° Festival pianistico internazionale di Brescia e Bergamo

61° Festival pianistico internazionale di Brescia e Bergamo
Vienna Skyline
Mozart: Concerto in re minore K466
Mozart: Requiem in re minore per soli, coro e orchestra K626
I Virtuosi Italiani
Pier Carlo Orizio direttore
Filippo Gorini pianista
Ensemble Vocale Continuum
Luigi Azzolini maestro del coro
Valentina Farcas soprano
Anke Vondung mezzosoprano
Moritz Kallenberg tenore
Benjamin Appl basso
Il concerto é stato dedicato alla memoria del dott. Roberto Sestini
Bergamo, Teatro Donizetti, 27 maggio 2024

Il Festival pianistico di Bergamo e Brescia prosegue nel suo programma tra solisti del pianoforte e complessi musicali, con l'alternarsi di date tra le due città. Lunedì 27 maggio a Bergamo, al Teatro Donizetti (replicato a Brescia il 28 maggio presso la chiesa di San Francesco), il programma ha voluto dedicare un concerto monografico al genio musicale di Mozart, e lo fa con un programma che tiene fede al tema che in questa 61a dizione costituisce la linea di pensiero: pianoforte e Vienna. Infatti qui entra in campo il concerto mozartiano per pianoforte e orchestra K 466 e il Requiem K 626, non terminato per la morte di Mozart del dicembre del 1789: i due brani infatti hanno in comune il luogo di composizione, quella Vienna che accolse Mozart nel 1781 dopo la rottura con Salisburgo e rappresentativi dell'evoluzione stilistica de Mozart stesso. 

Proprio in questa prospettiva il Concerto K. 466, eseguito e diretto dall'autore l'11 febbraio 1785, apre nuove frontiere, facendo diventare il concerto per pianoforte, da pura esibizione virtuosistica, in una composizione con una precisa "drammatizzazione" di percorso compositivo che tende a un coinvolgimento emotivo dell'ascoltatore (e non è certo un caso se questo Concerto fu l'unico fra quelli di Mozart a rimanere in repertorio durante il secolo scorso). “I concerti - egli scrive a suo padre - sono una via di mezzo tra il troppo difficile e il troppo facile, sono molto brillanti e piacevoli all'udito, naturalmente senza cadere nello stravagante e nella vuotaggine. Qua e là anche gli intenditori possono ricevere una soddisfazione, ma in modo che i non intenditori devono rimanere soddisfatti, senza sapere perché”. Negli anni successivi egli approfondì e arricchì la struttura tecnica del concerto, conferendo all'orchestra una personalità timbrica più spiccata, pur lasciando intatte allo strumento solista le fioriture, le variazioni e le cadenze tipiche della parte pianistica. In tal modo l'antico concerto da salotto cambia non tanto nella forma, quanto nello spirito della musica in esso racchiuso. Nei Concerti di Mozart assistiamo ad una sconvolgente evoluzione non solo delle dimensioni dell'orchestra, ma anche nei timbri, nel rapporto tra le varie parti dell'orchestra e nel carattere dell'opera, che da intrattenimento virtuosistico si teatralizza divenendo discorso, narrazione, azione drammatica. E proprio questo concerto appartiene a quel gruppo di componimenti classificati come "sinfonie dialoganti" per lo stretto rapporto contrappuntistico esistente tra l'orchestra e la voce solista, non confinata soltanto nel ruolo virtuosistico e brillante di questo strumento a tastiera. L'averlo affidato al giovane talento italiano Filippo Gorio (28 anni), a suo tempo formatosi al conservatorio di Bergamo è stato quindi una scelta anche di stile, per quel rigore interpretativo tecnico che caratterizza lo stile pianistico del giovane interprete italiano. Lineare, come puntigliosa la sua lettura che non si esime dalle difficoltà determinate dalle variabili di tempo, come quelle organizzative che lo mette con una orchestra in costante dialogo, cercando di non sovrapporsi proprio alla caratteristica musicale di questo concerto senza cercare artifici di effetto. In questo, assecondato ottimamente dalla complesso strumentale de I Virtuosi Italiani, diretti proprio dal direttore artistico della rassegna Pier Carlo Orizio, che procede con una gestione molto lieve della parte d'assieme, visto anche le caratteristiche del gruppo musicale da camera, definendo il tutto in quello che fu la caratteristica originaria della composizione, una esercitazione accademica. Tante le chiamate in palco da parte del pubblico entusiasta nei confronti all'artista che ha ringranziato con la concessine di un bis, la cantata di Bach "Schafe können sicher weiden".

La compagine orchestrale diventa protagonista assoluta nell'esecuzione del Requiem K626, assieme al coro trentino Ensemble Vocale Continuum diretto dal maestro Luigi Azzolini, con voci soliste Valentina Farcas soprano, Anke Vondung mezzosoprano, Moritz Kallenberg tenore, Benjamin Appl basso, quale omaggio ad uno dei principali sostenitori del festival Roberto Sestini, scomparso di recente.

Anche in questa situazione la gestione di Orizio è stata quella di definire un ambito di sospensione  e di mistero, come lo fu la composizione del Requiem mozartiano, mai terminato, lasciando spazio alla riflessione anche nei momenti certamente più altisonanti con il Tuba mirum, con la voce profonda del basso Benjamin Appl, o del rarefatto Lacrimosa, con l'assieme corale che si teneva sempre in sospensione senza sovrastare la parte strumentale, che sosteneva il vario flusso di contrappunti e di fugati che definiscono l'essenza del testamento mozartiano Alla conclusione tanta riconoscenza  al complesso degli esecutori, in particolar modo nei confronti dell'apporto della corale trentina all'esito dell'esibizione. Anche qui il commiato al pubblico con il mozartiano Ave verum che ha sancito il felice esito della serata 

Ultima modifica il Sabato, 01 Giugno 2024 11:44

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