La morte di Paolo Pillitteri, ex Assessore alla Cultura e poi Sindaco di Milano, mi ha risvegliato nella memoria ricordi di ciò che Pillitteri fece per la Compagnia “La Contemporanea” di cui ero impresario, attore e regista. Era il periodo in cui bazzicavo il mondo dei socialisti, anni 70/80, essendo io socialista umanitario sebbene mai iscritto al Partito Socialista. Frequentavo Osvaldo Bevilacqua, funzionario del Partito a Roma, l’On. Pietro Nenni che era Presidente del Comitato Internazionale per la riabilitazione “Sacco e Vanzetti”, e io vice presidente dal momento che ero il promotore della sua costituzione, Sandro Pertini che mi aveva ricevuto per lungo tempo al Quirinale per aver scritto “SottoUomo, sui Diritti dell’Uomo”, pubblicato dalla Sperling e Kupfer, Carlo Tognoli, Ministro del Turismo e Spettacolo, Claudio Martelli politico a Milano, Bettino Craxi, incontrato a Milano quando era assessore al Comune di Milano, poi intervistato per il documentario “Sacco e Vanzetti, a cinquant’anni dalla morte”, realizzato per Rai Due, diretto da Massimo Fichera. Insomma, avevo un giro buono di ottimi socialisti e quando fui accolto da Paolo Pillitteri al Comune di Milano, ero ben visto. Andavo a chiedergli la gestione del Teatro dell’Arte di Milano in stato di abbandono, avendo diretto tanti teatri: dal tendone il Globo insieme a Roberto Ciulli, il Teatro Litta di corso Magenta, Teatro Quartiere 7 di via Pavoni, Teatro Club di piazza Medaglie D’Oro, ex Dancing dell’Atm, Teatro Club d’Essai di via dei Chiostri in Brera.
Mi sentivo pronto per il Teatro dell’Arte, con 800 posti in sala. Pillitteri, dopo un colloquio improntato all’umiltà umana di cui era ricchissimo, chiamò il rag. Martinengo e mi affidò a lui perché prendessi la direzione del Teatro dell’Arte sia per i nostri spettacoli sia per ospitalità. Il Comune metteva a disposizione del teatro il personale: dall’accoglienza, maschere, botteghino, alla falegnameria per la scenografia e tecnici di palcoscenico. Io dovevo mettere gli spettacoli. L’avventura prendeva il via. Il Teatro dell’Arte, per chi non lo sapesse, sorge al centro del Parco Sempione di Milano, allora bazzicato da prostitute in cerca di clienti con la complicità degli alberi e relative ombre. Infatti, chiesi al ragionier Martinengo se era possibile intensificare l’illuminazione poiché la gente aveva paura a inoltrarsi nel parco alla sera, e poi chiesi se era possibile farci passare un bus con fermata davanti al teatro per agevolare il pubblico privo di auto. Iniziai subito il lavoro. Ecco gli spettacoli che ho portato, “Aspettando Godot” e “Finale di partita” di Samuel Beckett, con l’ingresso nella compagnia di Mimmo Graig sia per il ruolo di Pozzo che di Hamm. Formai una compagnia numerosa e variegata per mettere in scena il “Tango dell’Allegro Macellaio”, un mio adattamento da un romanzo di Philip Rut, (speriamo di non aver sbagliato a scriverlo), spettacolo antimilitarista. Invitai la compagnia svizzera di Neschatel per la “Merenda dei Generali” di Boris Vian, autore da me amato tanto che ci feci uno spettacolo “Da Boris Vian a Boris Vian”, da cui realizzai un documentario per la Televisione Svizzera Italiana con sede a Lugano. La compagnia era nutrita: un clown, un equilibrista da circo, un cantante brasiliano di colore, di nome Claudiano, un complesso musicale, un gruppo di qualificate attrici e attori: Claudia Lawrence, Maria Teresa Letizia, Sergio Masieri, il sottoscritto, mio figlio Mattia, appena un ragazzino in erba, e altri di cui mi sfugge nome e cognome, e il già menzionato Mimmo Graig. Per il “Tango dell’Allegro Macellaio” riuscii a portare pure i militari, due camionate di giovani felici di essere a teatro, ma poi andai al diverbio col capitano perché lo spettacolo era antimilitarista, egli si sentiva fregato, mentre il mio tentativo era quello di far prendere coscienza sull’assurdità della guerra. Avevo invitato anche Carmelo Bene con “Nostra Signora dei Turchi”, ma poi, quando seppe che il Teatro dell’Arte in passato aveva una storia di teatro per ragazzi sotto la compagnia dei Colla, disdettò l’impegno e andammo in causa per inadempienza contrattuale. Insomma, due anni di lotta teatrale, ma con una forte attenzione dei quotidiani locali e un crescendo di pubblico. Per cui rinnovo un grazie infinito a Paolo Pillitteri e al suo ragioniere Martinengo che mi hanno sempre aiutato in tutto e per tutto. Grazie Paolo, che il nuovo viaggio sia felice. Per me lo meriti.
PER PAOLO PILLITTERI - SUL FILO DELLA MEMORIA: “L’avventura biennale vissuta al Teatro dell’Arte di Milano”. -di Mario Mattia Giorgetti
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