mercoledì, 22 gennaio, 2025
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TRIBUTO A “LA COSCIENZA DI ZENO”. L’opera di Svevo a cura di Paolo Valerio e con Alessandro Haber. -di Andrea Carnevali

“La coscienza di Zeno” con Alessandro Haber. Foto Simone Di Luca, TEATRO DELLE MUSE DI ANCONA “La coscienza di Zeno” con Alessandro Haber. Foto Simone Di Luca, TEATRO DELLE MUSE DI ANCONA

Tributo a “La coscienza di Zeno”
L’opera di Svevo con Paolo Valerio con Alessandro Haber
di Andrea Carnevali
 

L’adattamento teatrale de La Coscienza di Zeno di Italo Svevo, a cura di Monica Codena e Paolo Valerio, si colloca con decisione nel solco della tradizione letteraria e teatrale del Novecento, rinnovando uno dei capolavori più rilevanti della letteratura europea attraverso una forma nuova e avvincente. L’opera, che ha fatto il suo esordio nelle stagioni teatrali 2023/2024 a Trieste, Roma, Firenze, Ancona, Perugia, Bari, Palermo e altre città, fonde l’introspezione psicologica con soluzioni sceniche innovative, restituendo in modo efficace il conflitto interiore e il disorientamento del protagonista, Zeno Cosini. La rappresentazione ha raccolto un ampio consenso tanto dal pubblico quanto dalla critica, confermando la validità del testo letterario anche nella sua trasposizione teatrale. Altri spettacoli sono previsti per il 2025 a Prato, Torino, Rimini, Brescia, Bergamo, Foggia e Salerno.

L’adattamento, pur mantenendo il rispetto per il testo originale, è stato reinterpretato in chiave moderna, con una visione che sottolinea la difficoltà del personaggio di Zeno di fronte alla propria esistenza, accentuando i temi dell’alienazione, della memoria e della crisi esistenziale. L’interpretazione di Alessandro Haber nel ruolo di Zeno è stata particolarmente apprezzata per la sua intensità emotiva e per la sua capacità di rendere l’ambiguità del personaggio. In questo adattamento teatrale, infatti, Zeno non è solo il malato di nervi che si confida con il suo psicoanalista, ma un individuo che vive un continuo conflitto con il passato, incapace di modificare le proprie dinamiche comportamentali nonostante la riflessione consapevole.

Il lavoro di Paolo Valerio, regista dell’opera, si distingue per l’approfondimento psicologico che evidenzia la dimensione del disorientamento di Zeno. Nel contesto teatrale, questo disorientamento si manifesta visivamente e narrativamente attraverso il continuo gioco tra il presente e il passato del protagonista, il quale riflette sulla propria vita senza riuscire a cambiarla. Come nel romanzo, il teatro di Valerio si fa specchio di una realtà in cui la psiche del protagonista diventa l’oggetto centrale della rappresentazione. La drammaturgia utilizzata da Valerio, in particolare, gioca con il tempo e con il flusso di coscienza, proponendo un costante passaggio tra la memoria e il presente, tra la riflessione e la frustrazione di Zeno. Tale approccio trova una sintesi nel ricorso al soliloquio, al monologo interiore e al dialogo con personaggi che, nel passato e nel presente, rappresentano per Zeno una forma di confronto con la propria inadeguatezza.

L’aspetto che maggiormente emerge nella performance di Alessandro Haber è l’abilità di combinare la tragicità del personaggio con tratti di umorismo, una caratteristica che richiama l’analisi pirandelliana della follia, intesa come sguardo ironico e doloroso sulla condizione umana. La capacità di Haber di dare vita a uno Zeno che, pur essendo consapevole della propria condizione, non riesce mai a “liberarsi” dalla sua esistenza, richiama il concetto di “umorismo tragico”, dove la dimensione comica, paradossalmente, diventa il veicolo attraverso cui si svela la vera tragedia del protagonista. 

La scenografia progettata da Marta Crisolini Malatesta gioca un ruolo cruciale nell’evidenziare le dinamiche psicologiche del personaggio, portando sul palcoscenico la dimensione mentale di Zeno. L’allestimento scenico rimane fedele alla rappresentazione della Trieste borghese dei primi anni del Novecento, ma viene arricchito con elementi visivi moderni che amplificano la sensazione di alienazione e isolamento del protagonista. L’uso di specchi, luci soffuse e arredi semplici ma evocativi, come divani e sedie, contribuisce a creare un’atmosfera statica e claustrofobica, che diventa metafora di una vita immobile, senza via di scampo, nella quale Zeno si trova intrappolato. 

Un elemento particolarmente significativo è la presenza di uno schermo rotondo posto dietro il protagonista, che amplifica la sua immagine e contribuisce a creare un effetto di distorsione visiva. Questo schermo simboleggia la confusione mentale di Zeno, il cui sguardo, incapace di afferrare la realtà, è continuamente riflesso e frammentato. La scelta di questa soluzione scenica permette non solo di enfatizzare la sua alienazione, ma anche di immergere lo spettatore nella psiche del protagonista, facendogli vivere la stessa difficoltà di Zeno nell'affrontare una realtà che non riesce a comprendere.

Le proiezioni video, curate da Alessandro Papa, si inseriscono armoniosamente nell’allestimento, fornendo un supporto visivo alla narrazione. Queste proiezioni, che si sovrappongono e si intersecano con la performance attoriale, servono a rappresentare visivamente i momenti cruciali del romanzo, come il conflitto interiore di Zeno e le sue riflessioni sul capitalismo e sulla città di Trieste. Il video diventa così uno strumento di memoria, un modo per visualizzare i pensieri e le riflessioni del protagonista, e un mezzo per connettere il passato e il presente in un’alternanza continua e fluida.

La struttura drammaturgica dell’adattamento teatrale è orientata a rendere tangibile il senso di frustrazione e impotenza che attraversa Zeno. La narrazione si sviluppa attraverso una serie di monologhi e dialoghi che permettono al protagonista di esplorare il proprio disagio esistenziale e la propria impossibilità di cambiare. La performance di Haber, che alterna momenti di riflessione a scatti di rabbia e frustrazione, crea un forte contrasto tra la consapevolezza della propria condizione e l’incapacità di modificarla. Questo elemento è amplificato dal ritmo accelerato della regia, che enfatizza l’inadeguatezza di Zeno nel tentativo di afferrare un presente che sembra sempre sfuggirgli.

L’effetto complessivo della performance teatrale è quello di un continuo gioco tra passato e presente, tra il ricordo di una vita trascorsa e l’incapacità di affrontare la realtà. La scena finale, in cui Zeno prende coscienza di non essere realmente malato, diventa l’apice di questa riflessione sull’inutilità del tentativo di cambiare e sulla rassegnazione di fronte alla propria esistenza. 

L’adattamento teatrale del romanzo di Svevo si configura come un’operazione che non solo rende omaggio al capolavoro di Svevo, ma lo rilegge e lo traduce in un linguaggio visivo e teatrale che sottolinea la complessità psicologica del personaggio e l’ambiguità della sua condizione esistenziale. La regia di Paolo Valerio, la scenografia di Marta Crisolini Malatesta e le interpretazioni degli attori, in particolare quella di Alessandro Haber, contribuiscono a creare un’opera che esplora il tema della memoria, del disorientamento e dell’impossibilità di cambiamento in modo originale e coinvolgente. 

La produzione, realizzata dal Teatro Stabile del Friuli-Venezia Giulia in collaborazione con Goldenart Production, rappresenta un esempio di come il teatro possa rinnovare e reinterpretare i grandi classici della letteratura, portando in scena una riflessione sull’inadeguatezza umana.

Ultima modifica il Lunedì, 30 Dicembre 2024 12:49

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