Centomila, uno e nessuno di Giuseppe Argirò
Un viaggio nell’universo pirandelliano con Giuseppe Pambieri
Nella stagione teatrale del Teatro Cortesi di Sirolo, inserita nel contesto del Premio Nazionale Franco Enriquez 2024, Giuseppe Pambieri ha portato in scena Centomila, uno e nessuno, una riscrittura teatrale del celebre romanzo di Luigi Pirandello. La produzione, ideata da Giuseppe Argirò per il Teatro della Città (TDC), è stata in cartellone nella tournée dal 2019 al 2024. Un progetto che ha saputo coniugare in modo innovativo la prosa e il teatro, offrendo una lettura originale e penetrante dell’opera pirandelliana e proponendo al pubblico una nuova riflessione sui temi centrali nell’universo del drammaturgo siciliano.
Lo spettacolo si configura come un viaggio ironico e appassionato nell’interiorità dei personaggi, permettendo agli spettatori di entrare nel cuore della vita e delle opere di Pirandello, nonché nella sua visione filosofica e intellettuale. La rappresentazione si presenta come una riflessione umoristica sul Novecento, un’epoca segnata dalla dialettica tra realtà e finzione, che Pirandello ha esplorato con grande acume. Il palcoscenico diventa lo spazio privilegiato in cui si manifesta il conflitto interiore dei personaggi, materializzando la solitudine e il tormento tipici della sua scrittura. Questo confronto emerge in un testo scritto per un solo performer, che, unico interlocutore del pubblico, riesce a rendere tangibili le ansie esistenziali.
Pirandello, infatti, spesso pone al centro del dramma esistenziale personaggi caratterizzati da identità specifiche, le cui contraddizioni sono il motore del conflitto stesso. Pambieri offre al pubblico non solo una riflessione sulla vita e le opere dello scrittore, ma anche una finestra sulla sua visione del mondo, intrecciando le sue opere teoriche con i suoi romanzi e drammi. La sua interpretazione non si limita a una ricostruzione biografica, ma diventa un’immersione nelle molteplici sfaccettature dell’uomo e dell’artista, capace di rintracciare nel presente le tracce di un passato che continua a tormentarlo.
Le opere di Pirandello si riferiscono costantemente ai suoi ricordi d’infanzia, a un passato mitico che si scontra con il suo presente tormentato. Nella rappresentazione emergono anche i conflitti familiari con Antonietta, che possiamo rintracciare nelle lettere scritte al figlio Stefano e ad altri familiari. Non è un caso che la cinematografia contemporanea, recentemente attratta dal pirandellismo, abbia adattato alcune opere teatrali in film, evidenziando l’origine delle forme drammatiche nelle dinamiche matrimoniali.
In Centomila, uno e nessuno, lo spettatore ha l’opportunità di cogliere l’importanza di figure significative come la domestica Maria Stella, che alimentò l’immaginario religioso dell’autore e fu citata nella prefazione dei Sei personaggi in cerca d’autore (1925). Lo spettacolo esplora anche temi ricorrenti nella produzione pirandelliana, come il ruolo del precettore nell’apprendistato culturale dell’autore, il dramma della sua giovinezza segnato dal conflitto con il padre, le esperienze in Germania e il tema degli amori, che riflettono un mondo erotico ossessivo e una personalità complessa.
Giuseppe Pambieri. Foto Ennio Brilli
La rappresentazione, strutturata attorno a un unico performer, è inusuale per le opere di Pirandello, dove solitamente i personaggi sono numerosi e ciascuno con la propria voce. Tuttavia, questa scelta scenica risulta coerente con la visione dell’autore. Pirandello, infatti, mette spesso al centro del dramma esistenziale personaggi le cui contraddizioni e identità specifiche generano il conflitto stesso. Così Pambieri non si è limitato a una ricostruzione biografica della vita di Pirandello, ma offre una visione complessa e profonda delle sue opere, intrecciando riflessioni teoriche con i romanzi e i drammi dell’autore. La sua interpretazione diventa un’immersione nelle molteplici sfaccettature dell’uomo e dell’artista, capace di rintracciare nel presente le tracce di un passato che continua a tormentarlo.
L’intero conflitto che attraversa l’opera è centrato sul paradosso tra la realtà delle cose e l’illusione che ogni individuo si costruisce, in un gioco di specchi tra il sé e l’altro. Pambieri riesce a trasmettere questa complessità con gesti, intonazioni e pause che colpiscono profondamente, facendo rivivere la figura del Padre dei Sei personaggi come una riflessione filosofica sulla condizione umana. La recitazione di Pambieri è così potente da suscitare suggestioni forti, tanto che lo spettatore immagina l’arrivo di Madama Pace. Nonostante la figura di messalina non venga evocata attraverso gli strumenti tipici del suo mestiere, l'attore, con la sua voce e i suoi gesti, riesce a trasportare il pubblico nell’atmosfera misteriosa del teatro.
Come nella vita, anche sulla scena non c'è mai una conclusione definitiva. L’opera di Pirandello, con il suo continuo cambiamento, incarna questa incertezza esistenziale, un processo che non giunge mai a una fine ultima. Il ragionamento di Pambieri coglie perfettamente l’essenza dell'opera di Pirandello, che si distingue per la sua esplorazione dell’identità, della realtà e dell’illusione. La mancanza di un finale “impossibile” riflette non solo la natura della vita, ma anche la complessità dell’esperienza umana, dove le domande spesso superano le risposte. Ne I giganti della montagna, il dialogo tra Ilse e Cotrone, simbolo di una continua ricerca di senso, suggerisce che ogni incontro può essere visto come un nuovo inizio, un’opportunità per reinterpretare il passato e il presente. Questo rimanda all’idea che la vita stessa è un palcoscenico in cui gli attori, non possono mai realmente “terminare” il loro racconto. Inoltre, il concetto di opera incompleta e in continua evoluzione è emblematico del pensiero pirandelliano, che invita il pubblico a riflettere su come la realtà possa essere plasmata da percezioni soggettive e interazioni sociali. La performance ha messo in luce un aspetto fondamentale: l’opera di Pirandello non è solo un prodotto letterario, ma un invito a esplorare le infinite sfaccettature dell’esistenza e dell’arte.