“Trilogia dell’assedio”- “Edipo re”, “Sette contro Tebe” e “Antigone”
Tre episodi: “Edipo Re”, con attori del Carcere di Castelfranco Emilia, “Sette contro Tebe”, con attori e attrici del Carcere di Modena, “Antigone”, con attrici del Carcere di Modena
Drammaturgia: Vittorio Continelli, Azzurra D'Agostino, Stefano Tè.
Regia: Stefano Tè.
Musiche: Irida Gjergji, Igino L. Caselgrandi, Tonino La Distruzione.
Bozzetti di scenografia e costumi a cura di F.M., detenuto della Casa di Reclusione di Castelfranco Emilia.
I laboratori permanenti delle Carceri sono finanziati dalla Cassa delle Ammende, in collaborazione con i Comuni di Modena e Castelfranco Emilia. Spettacoli creati nell’ambito di AHOS All Hands on Stage, progetto cofinanziato dal programma Creative Europe.
Produzione Teatro dei Venti, in coproduzione con Emilia Romagna Teatro ERT / Teatro Nazionale e con il Coordinamento Teatro Carcere Emilia Romagna con il sostegno della Regione Emilia Romagna e del Ministero della Cultura, con il contributo di Fondazione di Modena all’interno del progetto Abitare Utopie, contributo di BPER Banca.
Modena, Teatro delle Passioni, 16 febbraio 2025
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Teatro in carcere alle Passioni di Modena: emozionante coralità nella “Trilogia dell’assedio”
Per la regia di Stefano Tè “Edipo re”, “Sette contro Tebe” e “Antigone”
Con Tiresia che, cieco, vede forse anche il destino nostro contemporaneo
L’assedio per la trilogia legata alla storia di Edipo e dei suoi figli sembra innanzi tutto l’accerchiamento, la persecuzione del destino, una volontà esterna, assoluta, a cui devono sottostare anche gli dei, ma per la messa in scena del Teatro dei Venti, regia di Stefano Tè, spettacoli realizzati all'interno delle Carceri di Modena e Castelfranco Emilia, presentati in prima nazionale al Teatro delle Passioni di Modena nell'ambito della Stagione di ERT Emilia Romagna Teatro, il significato di assedio si complica, si dilata: sempre più difficile lavorare serenamente nelle carceri avvertendo l’assillo, l’oppressione da parte di chi, con motivazioni diverse, crea ostacoli, rendendo a volte sin impossibile mostrare gli esiti dei lavori.
Trilogia dell'Assedio Coro Antigone. Foto Chiara Ferrin
Così, prima della “Trilogia dell’Assedio” - i tre spettacoli presentati vicini domenica 16 febbraio, replica la domenica seguente - Salvatore Sofia ha letto un documento che ricordava come, tra le infinite complessità, “Antigone”, la sera della prima nazionale, non era stato possibile che andasse in scena a causa appunto di quelle barriere, intralci, che finiscono per sottrarre quelle rare e preziose soddisfazioni che può avere chi vive in carcere, togliendo nello stesso tempo agli spettatori la possibilità di godere di un’opera di valore e di sperimentare la forza dialogica del teatro in carcere, il fuori e il dentro facenti parte di uno stesso tessuto sociale.
Ma in qualche modo, con alcune sostituzioni - del resto abitualmente gli spettacoli del Teatro dei Venti vedono la compartecipazione di interpreti della compagnia e del carcere - è stato possibile vedere tutti e tre gli spettacoli che, nelle differenze, svelavano molte affinità stilistiche: gli spettatori su tre lati, il coro posto su una gradinata a completare il quadrato; la parte centrale dell’azione ogni volta diversa, una pedana poco rialzata, una serie di elementi sconnessi, a formare più piani, una più alta zona con scalini; “Edipo re” era accompagnato dal violino, “Sette contro Tebe” dalle percussioni, “Antigone” dalla chitarra elettrica; i costumi, di diverso colore, essenziali, definiti da passamaneria di colore su colore; più volte il dialogo si fronteggia con singoli interpreti che salgono tra il pubblico; gli attori entrano ed escono più volte dal coro che rappresenta la polis, la città nel suo complesso.
E ad aprire e chiudere ogni parte di tragedia c’è Tiresia, con un manto scuro di spesso tessuto lavorato, il cappuccio sugli occhi, le mani sottili e molto espressive, un piede storto, la dizione lenta e intensa: colui che al buio vede ripercorre agli inizi quanto si deve compiere per Edipo, “uno che scappa dal suo destino e ce l’ha sempre più vicino”. Più volte si cita l’Occidente, desolata “terra di tramonto e lamento”. Anche finire non è che un cambiamento? Tenuto limpido il percorso narrativo: colui che ha salvato la città dalla Sfinge, avrebbe trovato la soluzione per sottrarla dalla morsa della peste. Bellissimi i canti/ lamento che si intrecciano al suono del violino. La maledizione ricade su chi la emette, scagliata contro l’assassino di Laio, chi ammala quella terra, contro se stesso. Ironia tragica. E l’indagine conduce a quanto Giocasta intuisce presto. “Come è terribile sapere quando sapere non serve a chi sa”. Tiresia d’accordo con Creonte per la conquista del potere? “Difficile è decidere qual è il bene e il male”, scandisce il coro. E’ a torso nudo Edipo quando, di spalle, si acceca, il gesto ingigantito dall’ombra, una benda a coprire gli occhi gonfi di sangue : “Non c’è più niente da guardare con amore per me”. E il coro ricorda come tutto, anche lui, il re, diventi polvere, niente. E Tiresia dice infine parole profetiche che creano echi nel nostro presente, con questo “Occidente che procede sfinito…sento la paura”
Trilogia dell'Assedio - Edipo. Foto Chiara Ferrin
Edipo aveva riconosciuto di avere avuto torto con Creonte. A lui il compito di seppellire la sorella , madre e moglie di colui che deve andare in esilio. Vuole essere abbandonato sul monte Edipo, lì dove doveva morire tanto tempo prima. I figli maschi sarebbero riusciti a cavasela da soli: la preghiera è per le bambine “preditene cura, ti scongiuro”. Ma nella seconda parte sono proprio quei figli a combattere tra loro. Tutto è più veloce, scandito dal ritmo dei tamburi. Polinice si è alleato con Argo per combattere Tebe, dove l’esercito è guidato da Eteocle. Il coro: “L’uomo è disposto a fare a pezzi quel che dovrebbe amare”. La sfida alle sette porte. Guerriero contro guerriero. Nell’ultima la competizione è tra i due fratelli. Non vuole sentire Eteocle i lamenti delle donne che rischiano di scoraggiare i soldati: “che bel dono la razza delle femmine!”. A terra i corpi degli uccisi: su Eteocle andrà a stendersi Polinice. Tocca ora alle sorelle dividere i corpi, prepararli per la sepoltura. “Lavoro da donne” dirà Ismene. Pronta la risposta di Antigone: no, “lavoro da donne è mettere al mondo, questo è contro natura”. E poi loro cosa faranno? Antigone dominante: “Starai con me”, Ismene arrendevole: “va bene”. Ma ecco l’araldo con il decreto di Creonte: per Polinice che ha tramato contro la città, ha cercato di distruggerla, non potranno esserci funerali. Una nuova tragedia incombe. “La storia si ripete” ricorda Tiresia, e alla fine bisogna lasciare la presa, “conoscere tutta la pace della resa”: forse perché l’indovino cieco sa vedere “oltre la storia” fino alla nostra contemporaneità?
Una pausa abbastanza breve tra le rappresentazioni nel foyer del Teatro delle Passioni, uno spazio che non si frequentava da tempo, ora ristrutturato, mutato in gran parte anche il quartiere.
La sala folta di molto pubblico, tanti i critici presenti. Tiresia fa sue le domande di tanti: esiste un altro finale? E: “E’ più grande il bene o il male?” Intanto fa scivolare la terra tra le dita, il gesto, sempre commovente, di Antigone per il rito funebre di Polinice. Creonte crede di agire in modo corretto, sempre in nome del bene della città. Il pericolo è nel denaro che può corrompere, indurre al rischio, facile lasciarsi sedurre. Invece è sua nipote ad agire, forte, decisa la motivazione. “Tu hai scelto la vita”, dirà a Ismene, devono separarsi. Il coro: “Mente accecata / fino alla distruzione”. Emone cerca inizialmente di essere remissivo con il padre mentre gli spiega che la città sente più vicina Antigone al suo decreto. “La legge va rispettata”, “Solo quando è giusta”. Ritorna con il coro il tema del bene e del male. Con la morte vicina. “Terra terra andare sottoterra/ l’amore che capisci/ quello del sangue/ che non tradisci”. No, non c’è riparo al destino. Inutile anche quel “Fermati!” dell’indovino. Troppo tardi. “Non indugiare!”, insiste il coro. Non resta che la disperazione. Compie infine una sorta di struggente danza su se stesso Tiresia facendo ancora scorrere terra tra le mani.
Ogni spettacolo, sintesi drammaturgica delle opere originarie, è stato applaudito a lungo, al termine tutti in piedi. Un impegno straordinario da parte di molti, una bella convinzione corale.
Si ricorda che nella “Carta di Genova” discussa con passione e approvata da tutti i presenti alla terza edizione, ottobre 2016, di Destini Incrociati, la rassegna di Teatro in Carcere promossa dal Coordinamento Nazionale, si chiedeva ai teatri, ai festival, di ospitare gli spettacoli realizzati con detenuti tenendo conto che molti sono i maestri guida d’eccellenza, Michalis Traitsis a Venezia, Gianfranco Pedullà a Firenze, Grazia Isoardi a Saluzzo, Livia Gionfrida a Prato, Ludovica Andò a Civitavecchia, Carlo Ferrari e Franca Tragni a Parma….e così via: tra i grandi c’è sicuramente anche Stefano Tè del Teatro dei Venti, una gioia che l’ERT abbia voluto, saputo creare le condizioni per la coproduzione e per l’ospitalità al Teatro delle Passioni, spettacoli aperti a tutta la popolazione.
Valeria Ottolenghi