venerdì, 23 maggio, 2025
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COMICON NAPOLI 2025. -di Francesca Myriam Chiatto

Comicon Napoli 2025
Fiera del fumetto 
Mostra d’Oltremare di Napoli, dal 1 al 4 maggio 2025 
 

Se siete di Napoli e dal 1 al 4 maggio vi è capitato di vedere in giro per le strade o su autobus e treni della metro qualche personaggio dei fumetti in carne ed ossa o il vostro supereroe preferito che parla normalmente al cellulare, non siete impazziti, né lo sono le persone che state guardando, ma vuol dire che è semplicemente iniziato il Comicon e l’arte dei Cosplay dilaga per le strade.
La storia del Comicon parte da lontano, quando a metà degli anni Novanta, in un periodo di fermento culturale e trasformazioni generazionali, complice anche il vuoto lasciato da importati fumettisti come Andrea Pazienza e Attilio Micheluzzi, si inizia a pensare di dare un posto nella città di Napoli anche alla cosiddetta “nona arte”, quella del fumetto. L’allora venticinquenne Claudio Curcio, titolare con Dino De Matteo della fumetteria “Infinity Shop”, inizia a organizzare incontri con autori e a frequentare molti festival, ricercando idee e ispirazione. Da qui prende le mosse la scintilla per il Napoli Comicon e la fumetteria di Claudio diventa il luogo per reclutare tutti coloro che possano mettere in campo le proprie competenze per organizzare una squadra. Tutto nasce dalla buona volontà di tante ragazze e ragazzi e così nell’ottobre del 1998 viene dato il via alla prima edizione tanto sorprendente quanto economicamente disastrosa. Nel 2000 si riprova con ospiti internazionali e tanta tenacia. Seguono altre edizioni in cui si cerca la formula migliore, più adatta, passando per il Gamecon, fiera dedicata al videogioco, fino a fondere insieme il Comicon e il Gamecon nel 2010, che diventa l’anno di svolta.
Da quella prima scintilla di anni ne sono passati e ad oggi i “comiconiani” sono sempre di più fino ad arrivare ad una spettacolare edizione di quest’anno che ha visto oltre 180.000 partecipanti e tantissimi ospiti internazionali e nazionali. Una fiera presente da oltre 20 anni che però sembra rinnovarsi e vivere di nuova luce, di nuovi colori e di nuovi personaggi ogni volta di più. Ma che cos’è, allora, un Cosplay? È l’arte di creare i costumi e travestirsi interpretando un personaggio, protagonista di un videogioco, di un film, di un cartone, del momento o della propria infanzia, ci sono i nuovi e gli intramontabili, insomma proprio ovunque porti il cuore. Ma è anche molto di più perché il cosplayer è colui che si dedica, col lavoro di mesi e tutta la propria ingegnosità, alla realizzazione della sua piccola grande opera d’arte. Camminando per i padiglioni e gli esterni della Mostra d’Oltremare (che ha aperto i suoi cancelli dopo il classico conto alla rovescia, seguito dalla corsa all’interno dei possessori di biglietti e abbonamenti) si incontra una folla incredibile di partecipanti e si ha l’impressione di essere in un enorme contenitore così variegato da dare spazio libero ad ogni personalità ed ogni forma di arte e di bellissima diversità, uniti da passioni diverse, ma comunque dalla consapevolezza di essere lì per la propria passione. E così si passa dalla mostra su Napoli a fumetti in cui i “supereroi” sono i simboli della città come Totò e De Filippo dove uno scenario tipico, con i panni stesi, una chiesa e l’azzurro dominante ricostruiscono la città ospitante, alla storia della Pimpa nell’area Young, che compie 50 anni con i suoi intramontabili pois in rosso e bianco, agli stand di libri e fumetti (immancabili!), agli oggetti fatti a mano in fimo, resina e argilla, all’Asian village dove le tradizioni orientali convivono con l’arte di creare piante e fiori totalmente all’uncinetto, ad un palco dove ospitare musica e comici, al Teatro Mediterraneo con le anteprime (un esempio per tutti, la presentazione di Pesci piccoli 2 dei The Jackal) e i concerti (come quello di Anastasio che presenta anche il suo libro Le macchine non possono pregare, presso le edizioni BD, una sorta di opera rap realizzata con D. Nota ed E. Matinata con i disegni di A. Lauria e che dice di amare tanto la scrittura quanto la musica, forme di espressione perfette insieme, perché musica e fumetto hanno in comune il mettersi a servizio della parola).
E poi la gara Cosplay, l’area per gli accaniti giocatori di ruolo e non solo (come Dungeons and Dragons), il merchandising ufficiale e il punto autografi per i meet and greet. È il luogo dove puoi incontrare Topo Gigio accanto a Mary Poppins e Bert e vedere passeggiare Cenerentola e Super Mario insieme, dove le Winx si ritrovano a 20 anni dalla prima apparizione e il Cappellaio Matto balla con Jack Sparrow, solo qui Spiderman si siede sotto lo stesso albero di Jack Skeletron. Perdendosi (letteralmente) tra gli stand, è facile incantarsi a osservare fumettisti al lavoro e chiacchierare con molti di loro è un privilegio non da poco. Zerocalcare ha già tutte le prenotazioni occupate, Quasirosso e Labadessa fanno i disegni a tutti.
L’occasione allora è perfetta per incontrare Blasco Pisapia, che presenta in anteprima assoluta allo stand Panini Comics una versione di Topolino n.3623 con una cover variant, da lui disegnata e colorata da Mario Perrotta, in cui Paperino gioca a calcio tra i simboli della città partenopea.
«Ho pochi minuti prima dell’inizio del firma copie, altrimenti mi vattono» (mi picchiano, in napoletano), mi dice e già si vedono decine di persone in fila fuori in attesa, ma mi concede volentieri di rispondere a qualche domanda e già lo trovo di una simpatia degna del suo personaggio in copertina. «Che cos’hanno in comune Napoli e Paperino?», chiedo. «Paperino nasconde molte risorse come Napoli, sembra sempre che i turisti vedano tutto, ma in realtà c’è una Napoli sotterranea che va capita, apprezzata e scoperta tanto quanto quella dei luoghi che tutti conoscono e tutti visitano». Alla mia domanda su quale sia secondo lui il simbolo più caratteristico della città, tra quelli che catturano l’attenzione in copertina e non solo, ci pensa su: «Bella domanda…difficile! Forse proprio la sua contraddizione, la solarità contrapposta all’ombra che però la rende completa, scavata nel tufo e piena di leggende e tradizioni misteriose e affascinanti». «Lei palleggia come Paperino?», sorrido e, altrettanto ridendo: «Noo, meglio disegnare!», mi risponde firmando anche la mia copia del Topolino.
Nella Artists’ Hall ho il piacere di chiacchierare con Leo Ortolani, celebre soprattutto per la serie a fumetti Rat-Man, che mi invita a sedermi accanto a lui e mi racconta che per chi suona e recita (e lui ha passione anche per queste due arti), il fumetto è un modo di esprimersi e raccontare sia col testo che col disegno. «Ho scoperto di avere del potenziale a 4 anni, da sempre coltivavo questo sogno grazie anche a una mamma pittrice, anche se sono un geologo e potevo sfruttarlo come piano B, poi è andata bene ed eccoci qui!». «Come si disegnerebbe oggi?». «Mi sono disegnato più volte, ora forse come una scimmia dai capelli grigi e gli occhiali, ma ogni mio personaggio ha piccole parti di me e viceversa, anche se la somma non costituisce la mia totalità». Confessa infine che se non facesse il fumettista, oggi lavorerebbe come scaffalista all’Esselunga: «Si mette in ordine, c’è musica, aiuti gli altri e non lavori di notte. C’è una forma d’arte anche lì!» e lascia sul mio taccuino un immancabile schizzo distintivo.
Ospite del Comicon anche la Scuola Italiana di Comix dove incontro la giovane disegnatrice Gaia Borrino, allieva della scuola da 3 anni, mentre “scalda la mano” per disegnare per un’ora intera regalando disegni al pubblico fermo ad osservare lei e i suoi compagni, tutti bravissimi e in grado di fare magie con matite, gomme e colori. «La passione per il disegno l’ho scoperta da bambina. Alle medie disegnavo per stare bene e per scappare dalla realtà, un modo per entrare in un mondo tutto mio, immaginario», dice Gaia, aggiungendo che per questo i draghi sono il suo soggetto preferito. «Cosa provi quando disegni? Ed essere qui che effetto fa?» le chiedo. Mi dice che disegnare è un’emozione, sono insicura e ogni complimento lo sento amplificato, non penso di essere brava. Qui per me è la prima volta, fa un certo effetto, ma mi sto ancora scaldando». Senza mai lasciare la matita e il foglio che sta usando per disegnare ora un personaggio ora l’altro, dice che solo ora sta trovando il coraggio per affrontare la paura e mostrare i suoi disegni alle case editrici e quando le chiedo come faccia a disegnare così veloce e da cosa parta, risponde che è “sufficiente” iniziare da un cerchio o una forma geometrica. «Mi ispiro a Nicholas Kole, per il design morbido e leggero». Nel futuro si vede disegnatrice: «L’arte non si insegna, si sperimenta!”. E mi regala un My Little Pony perfetto. Per tutti i bambini oggi un po’ cresciuti non potevano mancare Tonio Cartonio e Milo Cotogno, ovvero Danilo Bertazzi e Lorenzo Branchetti, i due folletti bibitieri del Fantabosco, quando la Melevisione ha fatto crescere tante “creature di Città Laggiù”. Incontrano i fan al punto Comicon e in poche manciate di minuti i pass vanno già sold out per entrambi. Danilo ha scritto il suo primo libro per bambini, Pietro e il Mostro delle fiabe perdute e sentirlo parlare è proprio come avere davanti quel folletto di tanti anni fa. «Cosa ti ha lasciato Tonio?», chiedo tra un sorriso, una dedica e un abbraccio. «In realtà a un certo punto era più Danilo che dava a Tonio ed io sono entrambi, poi mi è rimasto sicuramente l’affetto dei bambini e il ricordo di un periodo bellissimo». Non rifarebbe la Melevisione oggi perché crede che «ogni periodo abbia un inizio e una fine e ci sia un tempo per tutto». Lorenzo canta le canzoni della Melevisione e de Il Maestro Lorenzo, poi firma cartoline e abbraccia tutti, allegro come Milo e con una parola gentile sempre. Mi dice che in ogni progetto che sceglie di fare mette sempre energia ed entusiasmo, ma ovviamente sente il pubblico di bambini, giovani e famiglie come quello più vicino al suo modo di comunicare, cercando di intrattenere e al tempo stesso far imparare qualcosa. «Io folletto lo sarò per sempre. Mi dissero che mi avrebbero affidato quel ruolo perché lo ero un po’ anche nella vita e la Melevisione per me oggi è l’affetto di tutti i bambini di allora. La rifarei anche adesso per l’esperienza divertente e straordinaria che è stata», continua. Gli chiedo infine: «Sui tuoi social ti vediamo in compagnia di molti peluche: lavorare per i bambini aiuta a restarlo nella vita?». «Come diceva Saint-Exupéry “Siamo stati tutti bambini, ma pochi se lo ricordano” e credo che sia importante mantenere quello spirito gioioso e curioso, di leggerezza in una vita di pensieri. Oggi dovremmo crescere i bambini con valori forti e sani per curare un domani il nostro mondo sempre più spento».                                                                                                                                                      
Percorro al contrario il vialone della Mostra ripensando a tutti coloro che ho incontrato, alle storie che ho ascoltato, ai racconti, ai colori che ho visto e al calderone di sorrisi, di fantasia e di variegata bellezza, alla fatica dietro la costruzione di un costume, alle file chilometriche solo per una foto o un autografo, alla passione che spinge a fare cose grandi, su un palco o ai piedi di esso. Forse avevano ragione quei primi giovani che si riunivano per dare vita a qualcosa di nuovo, che oggi non è più una novità, ma al tempo stesso è ogni anno, sempre diverso. E allora appuntamento al 2026, naturalmente. 

Francesca Myriam Chiatto

Ultima modifica il Giovedì, 08 Maggio 2025 05:41

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