All'Atelier Bertier abbiamo assistito a Rotkho, spettacolo scritto da Anka Herbut con regia di Lukasz Twarkowski, allievo e collaboratore di Kristian Lupa. Lo spettacolo è recitato in varie ĺingue: lettone, (Rotkho era lettone), inglese, cinese e sottolineato in francese e in inglese. Grande prima in Francia. Lo spettacolo appare subito come un ibrido teatrale, o se vogliamo una " passerella "tra le arti visive, il cinema e la danza e il mondo virtuale.
Ci sembra che attraverso la riflessione sulla vita e sul percorso artistico di Rotkho, costellata di successi, insuccessi, delusioni,rivalità o amicizie con altri pittori dell'epoca come per esempio Basquiat e Hopper, si mettano a fuoco i nodi cruciali dei rapporti fra arte e mercato, lo scivolamento dell'immagine per esempio pittorica verso quella fotografica o teatrale,
la finzione, e l'arte digitale, qui messa in relazione giustamente ambigua ( nel senso ottimo del termine) con altre arti visive.
Altro aspetto importantissimo in Rotkho è la riflessione sul valore del falso e il suo confronto con l'originale.
L'aspetto del denaro, del mercato, del lato finanziario, costituiscono, se così si si può dire di uno spettacolo lungo quasi quattro ore, pieno di infinite sfaccettature e geniali intuizioni visive e estetiche è uno dei fulcri di Rotkho, dove giovani e meno giovani attori stupiscono e affascinano in una scenografia cangiante e colorata.
Molto significativa perlappunto la scenografia di Fabien Ledé e i video di Jakub Lech: (In certi momenti si può paragonare o fare riferimento a Julien Gosselin, famoso e stimato regista francese che è stato nominato Direttore dell'Odèon, succedendo al talentuosissimo Stefan Braunsweig).
Interni e esterni dove attori che negano di essere attori ma affermano di essere reporter o critici d'arte o viceversa su due piani della scena divisa a metà. Da una parte sempre in carne ed ossa, dall’altra ripresi da sapienti video in ambienti orientali, fiammeggianti. È una narrazione sui generis della storia dell'arte di quel preciso momento storico e culturale in cui si fa capire che il capitalismo ha incominciato a collocare l'arte in categorie conformiste che si possono analizzare, prevedere e quindi eventualmente valorizzare in vista del mercato.
Acquari verdi trasparenti, fosforescenti, nebbie e musiche martellanti, fragorose; ci si rende conto che i tappi per le orecchie che hanno distribuito all'entrata, diventano necessari. Atmosfere assordanti,più che tese che forse ci possono riportare allo sgomento provato da Rotcko o di altri pittori mentre creano e allo sgomento che provano anche i mercanti che hanno per piazzare le loro opere sul mercato in fiere ed esposizioni. Naturalmente con un sottofondo di adrenalina galoppante.
Poi si entra in una fase dello spettacolo dove seguono momenti di silenzio e forse di smarrimento..
Le luci si abbassano, affetuosità scambiate fra persone di una certa età e anche i giovani lupi falsari, artisti o mercanti si acquietano (si presume che sia arrivata la notte fonda) o il momento in cui gli umani abbandonano le attività del giorno e forse riflettono. Chissà sognano o sognano di rilassarsi.
Alcune scene sono al rallentatore. Intervengono musiche rilassanti e sensuali, jazz o piano bar. Bruscamente segue una scena con fondale rosso in cui Rotkho (Juris Bartkevias) con consorte (Vita Värpina) sono a letto.
Il pittore appare alterato, fuori di sé, parla rivolgendosi al pubblico denunciando l'opportunismo odioso e che è orribilmente necessario per mandare avanti il mercato e la vendibilità delle opere d'arte.
La moglie sembra essere apparentemente indifferente e replica con pacatezza turbata si ma vigile .Rotcko grida che il mercato dell'arte assomiglia al mercato nero.
Lei con precisione quasi scandendo le parole replica che è proprio sull'emozione degli acquirenti di un falso su cui si gioca per vendere. Poi cerca di tranquillizzarlo dicendogli che si vuole che lui dipinga cose felici per gente che vuole essere felice: rosso,giallo, arancione , Lui le risponde sempre urlando.
E quel rosso che appare sulla scena può forse alludere alla pittura di Rotcko, quella si apparentemente serena, mentre qui quel rosso, in questo scambio, è più che inquietante.
Abbiamo citato questo dialogo perché oltre che a mettere a fuoco I problemi che vengono affrontati nello spettacolo, dimostra che è la forma drammaturgica del dialogo che innerva questa rappresentazione corale.
E a questo proposito ricordiamo e forse possiamo in un certo qualmodo citare altri dialoghi e definirli significativi, gli scambi di battute fra Anna Diatkine, fine conoscitrice d'arte e mercantessa d'arte con giovani artisti a quello di Destiny Hope, performeuse con il suo aspirante manager.
La Diatkine (Rězija Kalniña) ci sorprende coni suoi scambi con artisti, giovani lupi del mondo dell'arte, dove ruotano dinamiche impreviste, sfide e cortocircuiti drammatici.
Sono dei botta e risposta dove si discuté sul piacere autolesionista che procura l'arte. Su cui si può giocare per sorprendere, ammaliare e quindi alzare il prezzo.
Sempre sul filo di una seduzione intensa costante e tesissima, vengono scambiate battute brevissime del tipo: non ho fame,non so se ho voglia di qualcosa, non so se arriverà domani, sempre sul filo di una certa futilità.
Poi lui le chiede "Stai con qualcuno?" e lei ribatte "Sono con te in questo momento", lui prosegue "Non ho mai nuotato nel caviale" , lei ribatte "Io sì, ma non ho mai sognato di nuotare nel caviale".
Poi sullo stesso apparentemente futile ma teso, continuamente seduttivo tono si scambiano in un flusso imprevedibile opinioni assai più serie.
Per esempio si prospetta la teoria che afferma la superiorita del "concetto" di arte sia valido o se viceversa si può accettare l'altra opposta che stabilisce che l'arte sia solo "materia." Poi si scivola nell'inevitabile riflessione sull'importanza dell'arte numerica, dell'eventuale trasformazione dell'opera d'arte "classica" in una piatta replica digitale o in una creativa rielaborazione che può essere animata o in video o fisicamente da artisti che sono poi i performer.
E su questa scia, ecco un'altra significativa scena: quella emozionante e tesa, pur essendo a tratti ludica, fra la giovane performer (Katarzynha Osipuk) e l'altrettanto giovane e brillante manager (Artùrs Skrastins)
Qui ci si corteggia e si mercanteggia.
La seduzione è accompagnata dal danaro e anche al ruolo, qui inevitabilmente logico, fra il manager che propone cambiamenti,sovrapposizioni e forse distorsioni alla giovane performeuse che ha il curioso e felice nome Felice Destiny che non si lascia abbindolare ne' gabbare.
Il loro dialogo è amabile, frizzante, una sorta di cauta partita di ping pong dove le battute rimbalzano spesso imprevedibili.
Rivelando l'eccezionale, appeal, presenza e bravura del due attori.
Siamo arrivati alla fine di questo raffinato, stralunato spettacolo, crudele, dall'estetica originale, denso di riflessioni attuali e necessarie con l'eco nella memoria il dibattito sul teatro.
Che, forse, si, è meno costoso rispetto al cinema, ma é una forma di rappresentazione artistica che si ripete ogni sera, fortuitamente e originalmente unita agli umori del pubblico e della sala e degli attori. E si rinnova da sola con quegli elementi di dialogo, a volte di scontro ,ma sempre di scambio che sono valorizzati in altra maniera proprio in questo spettacolo : Rotkho, all' Atelier Bertier.
Maria Pia Tolu