Il segreto sta nell’aria. Meglio, nell’atmosfera. Torino Fringe Festival è arrivato alla XIII edizione maturando e conservando il profumo vero del festival, quel contesto fitto di spettacoli dove si instaura una complicità tra artisti, pubblico, organizzatori, con la sensazione di far parte della stessa famiglia. Torino Fringe Festival curato e diretto da Cecilia Bozzolini e Michele Guaraldo e realizzato nella quarta città d’Italia per popolazione con 850.000 residenti, quindi non un paesello, riesce ad essere così, con un gruppo di spettatori fedelissimi, con gli incontri di fine serata, con tanti momenti di confronto. Soprattutto con 29 spettacoli in una decina di spazi spalmati su due settimane per consentire anche agli operatori di esserci e riprogrammare.
Alcuni debutti, alcune anteprime tra cui, incompiuta, Emmipiacevavivere di Michelangelo Bellani con Caroline Baglioni, ma anche titoli rodati meritevoli ancora di lunga vita come il folgorante Arbeit del Teatro Bresci, per drammaturgia e regia di Giorgio Sangati, con l’ottima Anna Tringali che ha narrato, seduta al centro del palco come in una sala d’attesa ospedaliera, una storia di provincia, di lavoro precario, di compromessi, di piccole aspettative, di grande amore, di attesa e dolore, di rispetto e soprattutto dignità; in prima assoluta _/Cyberwar\_Quarta Rivoluzione di e con Alessandro Blasioli sostenuto dal Teatro Stabile d’Abruzzo, nonostante le indubbie qualità di narratore dell’attore chietino ha deluso per i tecnicismi, necessari ma inadatti a materia teatrale, pagando forse lo scotto all’urgenza di dire troppo; ha una sua delicata motivazione Super Santos (uno che ce l’ha fatta) su drammaturgia di Simone Faloppa per Pagina40, di e con Donato Paternoster, che indossa con dedizione sportiva ed elettiva i panni di una promessa del calcio capace di rinunciare ai campi di serie A per farsi frate francescano; Freevola di Lucia Raffaella Mariani è un lavoro brioso e aggraziato, ben interpretato ma con una chiusa prevedibile e disarmonica; Dario De Luca si è barcamenato con grazia birichina tra I 4 desideri di Santu Martinu, un favolazzo osceno godibile ma non indispensabile; un giovane ensemble torinese, i Pappagalli in Trappola, ha presentato un adattamento de Un tram che si chiama Desiderio di Tennessee Williams, redatto da Camilla Bassetti con la regia di Ludovica Aprile, allestimento energico che presenta criticità nella cornice ma che ha in Elisa Gandolfi, Francesco Gargiulo, Paolo Malgioglio un corpus di buon affiatamento e intensità, in particolare nella giovane protagonista Maria Virginia Aprile; Flavio Albanese della Compagnia del Sole porta Le avventure di Pinocchio e veste tutti i personaggi condividendo lo spazio con un burattino gigante (realizzato da Renzo Antonello) talvolta nascosto dietro ad un sipario rosso, il lavoro però, nella linea di confine tra teatro ragazzi e tout public, ha qualche asperità da smussare; sfrontato e padrone del palco, provetto affabulatore, Massimiliano Loizzi prodotto dal Teatro della Cooperativa dimostra come L’opera da 4 soldi sia un bignami di quella di Brecht da tre soldi facendo teatro politico senza nascondersi; perMani_diarioerotico di Mauro Piombo con Gilda Rinaldi Bertanza per Santibriganti Teatro è un viaggio mentale attraverso la sessualità e la solitudine dell’individuo che inanella tante primavere, ma pecca di eccesso di cerebralità pur nella poesia delle immagini;
Un tram che si chiama Desiderio, regia Ludovica Aprile
è un bel monologo quello di Christian Di Filippo di AMAranta Indoors Quell’attimo di beatitudine in cui parla un senzatetto dubitoso e tenero, toccante e lucido, con spiccato senso civico che però finisce in carcere dove scopre di avere doti da guru, tali da attirare l’attenzione della tv e del Papa; A.S.P. Armata Spaccamattoni di e con Angelo Colosimo è un’epopea coeva divertente, a tratti malinconica, recitata con irruenza, che rammenta il film cult di Mario Monicelli L’Armata Brancaleone; testo bello e necessario incarnato con dedizione ed efficacia quello del Teatro Strappato Terra e polvere del venezuelano Vene Vietiez affidato a Cecilia Scrittore e alle loro maschere originali, inanella visioni di guerra contro la popolazione civile inerme, di campi detentivi, tutto sul crinale tra verità e realtà, intese in contrapposizione; la qualità del Balletto Civile si riverbera nella sintetica pièce danzata Elisabeth I sul conflitto interiore esperito dalla Regina vergine, ideata, diretta e incarnata da Giulia Spattini, con Paolo Rosini; al debutto nazionale il potente monologo Stomaco, puro teatro politico di cui si sentiva la necessità, di e con Giorgia Mazzuccato, nasce da una curiosità personale, da un ricordo familiare si innesca una ricerca scrupolosa sul G8 di Genova 2001 e si svelano, attraverso documenti originali incastonati nella partitura teatrale che ha molto del giallo, le atrocità di Stato, gli atteggiamenti nazisti delle forze dell’ordine, mostruosità per le quali non ha pagato quasi nessuno. Stomaco consente di aprire gli occhi. Questo è il tempo del teatro di impegno. Ricordare, sapere, e poi cambiare.
Maura Sesia