lunedì, 14 luglio, 2025
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CORPI DI FANGO, DI TEMPO E DI EROS "Golem", "Tacet" e "Orge per George": BIENNALE TEATRO È COLLEGE. -di Nicola Arrigoni

MARIASOLE BRUSA - "Golem _ e fango è il mondo". Foto Andrea Avezzù. Courtesy La Biennale di Venezia MARIASOLE BRUSA - "Golem _ e fango è il mondo". Foto Andrea Avezzù. Courtesy La Biennale di Venezia

Corpi di fango, di tempo e di eros
Golem, Tacet e Orge per George: Biennale Teatro è college
di Nicola Arrigoni

Theatre is Body Body is Poetry: il tema di Biennale Teatro 2025 trova una sua adattabilità anche nell’eredità che Willem Dafoe riceve dalla gestione Ricci/Forte, soprattutto negli esiti registici e drammaturgici di Biennale College 2024/2025. Lo si dice non per evidenziare una genericità tematica da più punti rilevata, ma per raccontare di un tutto continuo che il teatro porta con sé, conserva al di là delle scelte artistiche, dei direttori e delle estetiche. Noi siamo fatti di corpo e il teatro è intimamente, scandalosamente corpo e materia, anche nella sua parte più aerea la parola che non può essere tale se non si incarna nell’attore. La stessa poesia non è astrazione, ma è esito di un fare verbale, di una costruzione di realtà attraverso le parole. Premessa questa per leggere con una sorta di fil rouge fisico/corporeo gli esiti di Biennale College, nella messinscena di Golem _ e fango è il mondo di Mariasole Brusa, vincitrice di Biennale College regia e nelle mise en lecture di Tacet di Jacopo Giacomoni e di Orge per George di Athos Mion, vincitori della Biennale College per la drammaturgia. Tre lavori diversissimi per scrittura drammaturgia ma in un certo qual modo coerenti all’input dell’edizione 2025: riflettere sul corpo poetico del teatro.

Golem _ e fango è il mondo di Mariasole Brusa è una sorta di rito, un viaggio nella costruzione di un corpo che domina, protegge e minaccia al tempo stesso, corpo di fango, marionetta mossa a vista dagli attori/manipolatori. C’è il riferimento biblico e la cronaca dell’alluvione del maggio 2023 in Emilia Romagna nel racconto di Golem, c’è la minaccia della natura oltraggiata e la fragilità di un corpo plasmato dalle mani dell’uomo. Di terra impastata con l’acqua, di fango siamo fatti. La materia ibrida, al confine fra solido e liquido, scivola fra le dita, ma nel modellare delle mani prende forma, quando assume la necessaria compattezza e plasticità. Questo è il fango che è limo che arricchisce e al tempo stesso materia che in eccesso soffoca e uccide. Su questo crinale di via e morte, fabula e cronaca si muove Golem _ e fango è il mondo un lavoro suggestivo, ma ancora acerbo, in cui la fiducia nel teatro di figura fa onore a Brusa, ma fa percepire la necessità di essere affinata, rimodellata con ulteriori passaggi creativi. Si crede che la grande premessa della costruzione di quella creatura di fango poi scivoli in un rapido e un po’ sbrigativo nulla di fatto, ovvero un aggancio pretestuoso al dato di cronaca: l’alluvione del maggio 2023 in Emilia Romagna che mette a confronto il dato della cronaca offerta dai video e il procedere per metafora poetica – il Golem come creatura – dell’azione scenica. Le due parti non si amalgamano bene, hanno bisogno ancora di essere modellate con cura, sono ancora materia grezza, scultura abbozzata di un’intuizione felice, ma da far lievitare. Anche in questo sta il bello dell’esperienza di Biennale College mettere giovani artisti al lavoro su un palcoscenico prestigioso con tutti i rischi e le vertigini che ne conseguono. Questo è accaduto con Golem, un lavoro visivamente e matericamente interessato ma in cerca di una sua plastica compiutezza che ancora non si ravvisa.

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JACOPO GIACOMONI, SILVIA COSTA - Tacet. Foto Andrea Avezzù. Courtesy La Biennale di Venezia

Le due mise en lecture hanno il pregio di lavorare su due temperamenti teatrali differenti: l’uno rigoroso, essenziale, a tratti algido, tutto di testa: Tacet di Jacopo Giacomoni con la regia di Silvia Costa, l’altro fisico, eccessivo, ridondante per certo versi, Orge per George di Athos Mion e la regia di Arturo Cirillo. Tacet è un bellissimo lavoro sul minuto di silenzio, su quella sospensione del tempo e dei corpi che ci mette a confronto con l’insondabile mistero del tempo, della presenza e dell’assenza. Ed è lo stesso Giacomoni a scrivere: «voglio creare mappe per attori e spettatori che servano a esplorare la materia centrale del teatro, il tempo. Che interroghino la durata, le diverse grane con cui scorrono i secondi, che permettano un’esperienza temporale che, nella vita, solo il teatro può concederci (…). Quella che ascolterete è una cartografia del tempo: la cartografia di un minuto. Un coro di dieci minuti che ha al suo centro uno dei pochissimi riti laici che ci sono rimasti: il minuto di silenzio. Si intitola Tacet, che è la dicitura con cui si segna il silenzio di uno strumento in una partitura». Ciò è assolutamente quello che accade in scena, con la regia di Silvia Costa. Tacet si concreta nella presenza degli attori ai microfoni, nel cadenzare dei passi che scandiscono il tempo e nell’invito a quel minuto di silenzio condiviso. «Io sono i tre minuti di silenzio dopo lo sparo di un cannone. Il 20 aprile 1918 al sindaco di Città del Capo arriva un telegramma: suo figlio è morto per avvelenamento da gas sul fronte occidentale. Il giorno stesso il padre decide di fondere il proprio dolore personale con quello della comunità». Le voci e i corpi degli attori si muovono come su una scacchiera, il tempo è dettato dalla camminata dei un’attrice che conta fino a sessanta, scandisce il tempo. Il minuto di silenzio negli stadi per il terremoto di Amatrice, il minuto di silenzio per le vittime di Hiroshima, il minuto per ricordare Andreotti e l’insorgere dell’aula parlamentare, il suono di un minuto dell’allarme di un’automobile. Ogni attore è voce e corpo del tempo, è presenza che segna un’assenza, è sospeso in una pausa che ci immette in un abisso di stasi e possibilità. Tacet è un testo che splende di intelligenza e la regia di Silvia Costa ha saputo raccontare il pensiero astratto di Giacomoni trasformandolo in corpi/voce che si muovono nello spazio.

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ATHOS MION, ARTURO CIRILLO Orge per George. Foto Andrea Avezzù. Courtesy La Biennale di Venezia

Tanto misurata e tanto calibrata è la mise en lecture di Tacet, quanto effervescente è Orge per George di Athos Mion, nella sovrabbondante ed energica danza di gaia fame sessuale ed erotica messa in scena da Arturo Cirillo e dai suoi bravissimi studenti della Scuola del Teatro di Napoli. Orge per George è un divertito spaccato della voglia d’amore di un ragazzo omosessuale, in cerca di George e invitato a una festa orgiastica in una serata di incontri al buio. Orge per George mette in fila tutte le variazioni dei giochi erotici omosex, ma anche la disperata voglia di potersi esprimere, di essere sé stessi, di non nascondere la propria natura amorosa per essere rispettosi, per una decenza che ha origini nella cultura e nel pregiudizio e che vede l’irregolare laddove è solo una opzione naturale, una delle mille vie che la natura offre all’uomo per essere semplicemente essere sé stesso. Si assiste divertiti alle peripezie erotiche del protagonista, una certa ripetitività e abbondanza di particolari rischiano di apparire ipertrofici e togliere immediatezza e freschezza a quanto il gruppo di attori riesce a dare in termine di energia, intelligenza attoriale e presenza scenica. Se in Tacet i corpi erano trattenuti, qui esplodono in una danza erotica che assume, a tratti, sfumature macabre. Tutto ciò si riveste dei colori della festa orgiastica Gli intrecci sessuali e amorosi sono l’unico territorio in cui cercare un senso a sé stessi e al mondo e alla fine, rimane il dubbio che quella festa orgiastica rappresenti il carnevale momentaneo che poi vede tutti noi – etero o omo – rientrare nei canoni del politicamente corretto. L’amarezza finale è stemperata dalla freschezza e bellezza degli attori e dal loro entusiasmo nell’accogliere l’applauso della platea. In questo senso e in questi tre spettacoli si è forse rintracciato con maggiore coerenza e libertà d’azione il connubio fra corpo, teatro e poesia.

Golem _ e fango è il mondo, regia e drammaturgia  di Mariasole Brusa, com Eva Luna Betelli, Giovanni Consoli, Sofia Orlando, Angela Dionisia Severino, musiche di Andrea Napolitano, marionette e oggetti di scena di Gianluca Palma, Sofia Orlando, Marco Scarpa, scenografia di Alberto Favretto, luci di Sander Loonen, costumi di Gianluca Sbicca, video di Caterina Salvadori, Mariasole Brusa – Meclimone Produzioni, tutor del progetto Stefano Ricci, Gianni Forte, produzione La Biennale di Venezia, con il supporto del Teatro del Drago, Teatro alle Tese, Biennale di venezia, 3 giugno 2025. 

Tacet, di  Jacopo Giacomoni, regia di Silvia Costa, suono di Nicola Ratti, con Elena Rivoltini, Gaia Ginevra Giorgi, Jacopo Giacomoni, Matto Zoppi, Renato Grieco, Silvia Costa, tutor del progetto Stefano Ricci, Gianni Forte, tutor alla scrittura, Davide Carnevali, coproduzione, La Biennale di Venezia, Cranpi, con il supporto dell’Istituto Italiano di Cultura Santiago, in collaborazione con Riccione Teatro, Departament de Artes Escénicas de la Universidad de Playa Ancha de Valparaíso Chile, Sala d’Armi, Biennale teatro, 3 giugno 2025.

Orge per George di Athos Mion, regia di Arturo Cirillo, con gli allievi attori del primo anno della Scuola del Teatro di Napoli – Teatro Nazionale: Giulia Alfano, Pietro Carfi, Carla D’Avino, Francesco De Fusco, Marco Filosa, Nicole Focacci, Emma La Marca, Fiamma Leonetti, Sara Marzullo, Antoni Pezone, Anna Pimpinelli, Gabriele Romagnoli, Gerardo Sirico, Lorenzo Vacalebre, collaborazione artistica di Annalisa D’Amato, Roberto Capassoe gli allievi registi del primo anno della Scuola del Teatro di Napoli – Teatro Nazionale: Niccolò Di Molfetta, Isabella Rizzitello, direttore di scena  Teresa Cibelli, tutor del progetto Stefano Ricci, Gianni Forte, tutor alla scrittura Davide Carnevali, coproduzione La Biennale di Venezia, Teatro di Napoli – Teatro Nazionale, in collaborazione con Marche Teatro, Sala d’Armi, Biennale teatro, 3 giugno 2025. 

Ultima modifica il Venerdì, 27 Giugno 2025 23:07

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