Ciao cara Vittoria
“Perché amo la danza? Perché è effimera, quando è finita è finita per sempre”. Chi ha avuto la fortuna di conoscere Vittoria Ottolenghi avrà sicuramente ascoltato più volte queste parole. “È l’unica attività umana, oltre all’amore in certi casi, in cui l’uomo è fisico, mentale, sentimentale. L’unica cosa che puoi salvare sono brandelli della memoria, ma che brandelli signori!”. ?
Vittoria Ottolenghi, o semplicemente Zia Vittoria, come affettuosamente si lasciava chiamare da chi le stava vicino, è arrivata alla danza per caso, amava ripetere. Mancava qualcuno che se ne occupasse all’Enciclopedia dello spettacolo. Fu così che venne coinvolta da Silvio d’Amico nell’ardua impresa di mettere per iscritto “un’arte che non si può riporre su uno scaffale”. In realtà era Tersicore in persona ad attendere la persona giusta a cui affidare la propria memoria. Così da quel lontano pomeriggio del 1954, Vittoria Ottolenghi non ha mai smesso di dedicare un attimo della sua esistenza alla danza. ?
Era meraviglioso vederla alla sua scrivania, incorniciata dalla sua enorme biblioteca. Tutto intorno a lei parlava di danza. ?L’ultima volta che ho avuto la gioia di passare un pomeriggio con lei espresse preoccupazione per i suoi numerosi libri. Non voleva che “un domani” si sperdesse tutto. Le risposi che non era ancora il tempo per occuparsi di queste cose, ma lei, con la luce che spesso le illuminava gli occhi, una luce tanto rassicurante da oscurare la corona di perle che sempre le ornava il collo, “Cosimo mio, sento che sto per partire per le Bahamas!”.
Se mi chiedessero, come a moltissimi di voi, perché amo la danza, senza esitare risponderei: “Grazie a Vittoria Ottolenghi!”.
Cosimo Manicone