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Teatro La Monnaie, Bruxelles - HAMLET di Ambroise Thomas, regia di Olivier Py di Attilio Moro

Hamlet Hamlet Regia Olivier Py

HAMLET di Ambroise Thomas
Diretto da Mark Minkowski
Regia: Olivier Py
Teatro La Monnaie, Bruxelles

Opera di punta, per la stagione in corso, del versante francofilo del teatro La Monnaie, l'Hamlet di Thomas (autore francese della meta' dell'800) conserva, nella messa in scena di Py, tutti i caratteri della Grand Opera, genere tipicamente francese e ancor più parigino: melodie tendenti al sentimentale, edonismo delle trovate teatrali (comprese le ormai immancabili scene di nudi integrali), concitazione dei personaggi, incalzare serrato della vicenda, l'approccio teso, per dirla con Massimo Mila, a 'sorprendere, commuovere e entusiasmare il pubblico". Entro questi limiti connaturati alla Grand' Opera' di cui Thomas è esponente di riguardo anche se meno conosciuto dei capiscuola Auber e Meyerbeer, la messa in scena di Py (appena nominato direttore del Festival di Avignon 2014, sebbene anni fa abbia lì presentato una pièce teatrale della durata di 24 ore esigendone la rappresentazione integrale) ha molti pregi. E qualche difetto. Intanto una considerazione di carattere più generale. Puntando decisamente sulla tradizione musicale francese, il La Monnaie – annoverato da molti tra i 10 migliori teatri lirici al mondo – sposta pericolosamente il suo baricentro: da luogo di sintesi delle diverse culture teatrali europee, rischia di scivolare troppo lungo la china francese diventando così alla fine una sorta di succursale dell'Opera Bastille di Parigi. Scelta evidentemente suicida. Venemdo alla regia di Py, colpisce soprattutto la ricercatezza: sipario trasparente e costellato di luci psichedeliche; sulla scena una grande struttura architettonica in mattoni che si apre e chiude per mostrare o inghiottire i personaggi; lo spettro del re padre di Amleto che dall'alto del castello domina la scena e sollecita suscitando l'interesse delle signore ostentando un corpo scultoreo seminudo. Altro merito di Py e' di aver sparso almeno una patina di tragico sull'Hamlet di Thomas, che aveva trasformati, sempre nello spirito della Grand'Opera' l'eroe tragico di Shakespeare in un piccolo borghese alle prese con i dilemmi dell'amore. Storia complessa quella della fortuna di Shakespeare in Francia. Considerato fino alla fine del 700 un 'barbaro' (tumulto eccessivo di passioni per i cultori dei 'lumi'), la prima traduzione dell'Amleto, parecchio infedele, risale al 1778, restando sconosciuta al grande pubblico ma anche a gran parte degli 'illuminati'. Fu Alexandre Dumas padre a divulgarne una sua traduzione nel 1847, ed è a questo Amleto che si rifa il librettista di Ambroise. Occorre perciò immaginare un Amleto parigino, vale a dire l'impossibile. I personaggi sono credibili e di buon mestiere. Spicca su tutti la magnifica Ofelia Lenneke Ruiter, soprano delicato e angelico come del resto la sua figura, la regina Gertrude è la mezzosoprano inglese Jennifer Larmore, Amleto è Stephane Degout, baritono, mentre sia re Claudio (l'assassino), che il padre di Amleto sono bassi, come basso è anche Polonio: singolare che per trovare un tenore – gloria della tradizione italiana – si debba scendere tra i personaggi minori (Laerte e uno dei due becchini del cimitero). Anche questa irrilevanza del tenore è Grand' Opera.

Ultima modifica il Mercoledì, 18 Dicembre 2013 00:42

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