La morte di Arnoldo Foà ci addolora, come ci addolora la scomparsa di ciascun essere umano.
Ma arrivare alla soglia dei 98 anni, è già un buon traguardo; e, come si sa, lo stato di salute a quell'età è molto minato; e il passaggio all'altro mondo ci trova più preparati psicologicamente; e il dolore è vissuto con più dolcezza, poiché sappiamo che a quella conclusione ci dobbiamo arrivare tutti, prima o poi.
Ma non possiamo esimerci da alcune considerazioni. Foà è stato un artista totale, un grande attore-comunicatore, impegnandosi in tante forme d'arte: attore di teatro, di cinema, doppiatore, poeta, scrittore, scultore, regista. Ha dedicato il suo ingegno e creatività a questi mezzi, lasciando una traccia perenne nel tempo del suo lavoro.
Anche se in privato si dimostrava uomo di carattere non facile, un po' ruvido, ostico, nella sua professione artistica si è sempre offerto con generosità, con una serietà e una disponibilità encomiabile; era un perfezionista puntiglioso, ottenendo risultati eccellenti in ogni ambito artistico in cui si cimentava.
Dal nostro Paese ha avuto anche molte delusioni, tanto è vero che per un lungo periodo aveva lasciato l'Italia, per poi ritornarvi dopo decenni per riprendere il suo lavoro d'attore, di attore da scritturare. E con tale ruolo ha continuato il suo lavoro fino a poco tempo fa. In verità avremmo voluto vederlo alla testa di qualche responsabilità istituzionale come riconoscimento al suo valore, alla sua esperienza; ma, si sa, in Italia anche i grandi attori sono vissuti come dei limoni: si spremono e poi si buttano via. Per poi, per senso di colpa, li si ricordano, piangendoci sopra.