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La quinta parte del mondo, regia Robert Talarczyk - di Gabriella Buzzi

La quinta parte del mondo La quinta parte del mondo Teatro Wyspianski di Katowice

"Bisogna mettersi davanti alla casa dove si è nati per rabberciare la mente e il cuore, svegliarsi alla vita come dopo il letargo, rivalutare l'ordine interiore e depurare la coscienza da ogni porcheria."
Per scrivere il suo primo romanzo Kazimierz Kutz, uno dei più famosi registi polacchi, ci ha messo ben quindici anni. Ha raccolto e ascoltato gli aneddoti e le piccole storie familiari della sua regione, la Slesia, e ha creato un multigenerazionale quadro che attraverso i ricordi del protagonista, alle prese con un antico mistero di famiglia, si trasforma in una sconvolgente epopea di persone che combattono col destino, emigrano, soccombono, filosofeggiano sulla vita con leggerezza e spavento.
La Slesia è per Kutz la quinta parte del mondo (piata strona swiata), un posto dove si annullano i confini e la storia gioca con gli uomini e le nazioni. Un luogo indefinibile, non incastrabile in cornice, inenarrabile, che si può solo tentare di scoprire pezzo per pezzo, perché ogni storia, piccola o grande che sia, è unica e degna di commemorazione.
L'adattamento e la messinscena di Robert Talarczyk al Teatro Wyspianski di Katowice (capoluogo della Slesia) si è rivelata una non facile impresa. Il trasferimento sulla scena di una moltitudine di intrecci e persone, dall'epoca di Bismarck fino agli anni '70 del secolo scorso, si scontra con le inevitabili esigenze di ritmo e tensione propri dell'azione teatrale.
A un'attenta cura della scorrevole funzionalità del rincorrersi dei quadri, con più di una ventina di personaggi precisamente inseriti dall'esperto occhio coreografico di Katarzyna Kostrzewa nel contesto meccanico-grafico-tipografico della scenografia di Ewa Satalecka, non corrisponde, se non occasionalmente, quel crescendo drammatico necessario ad avvincere lo spettatore e a trascinarlo fino in fondo.
Nella prima parte le vicende stentano a decollare. I personaggi, già di per sé non monumentali, nobili o abietti, capaci di amare e uccidere come tutti, sembrano ingabbiati nella noia di una nebbia da mancanza di direzione narrativa.
La seconda parte dello spettacolo si risolleva in chiave satirico-grottesca, inducendoci a pensare che forse non tanto di Slesia si tratta, ma di fantasia, che assume i contorni del paradosso nel momento in cui viene propinata come non tale. "Questo non è uno spettacolo di spiegazione, non è una petizione socio-politica, né un popolare, immaginario racconto-souvenir." La puntualizzazione del regista incrementa l'arcano...

La quinta parte del mondo, regia Robert Talarczyk

Che cos'è allora la quinta parte del mondo? La retrospettiva del paradigma slavo, i cui contorni (sic!) sempre ci stupiscono e ci sfuggono? L'allegoria del marasma europeo degli ultimi cent'anni? O la metafora della vita nel suo sapore ancestrale?
Sull'altare della storia Kutz ha posto e riproposto il sacrificio della sua terra (la Slesia in particolare e la Polonia in generale) che è stata troppo a lungo, per usare l'espressione del regista-politologo Grzegorz Braun, "un condominio russo-tedesco".
I protagonisti del racconto sono degli eterni sconfitti, che vivono in un angolo d'Europa crogiolo di nazioni e culture, e resistere è il loro unico scopo di vita. "Maciniamo qui di nuovo la nostra storia slesiana, aggiungendovi altri punti di vista, un quinto, un sesto, un settimo... - scrive un critico del posto- Ci adeguiamo e cerchiamo di capirci qualcosa." Il voto al martirio fa parte di questa nazione.
Ma dov'è, veramente, la quinta parte del mondo? Oltre tutto, oltre la storia e le storie. "La vita consiste nell'aspirazione dell'individuo a fissarsi nella memoria umana, a imprimere le proprie tracce nell'anima di qualcuno." Per Kutz, la quinta parte del mondo è là dove ci ritroviamo o vogliamo essere... a qualunque costo.

www.teatrslaski.art.pl

Ultima modifica il Mercoledì, 26 Febbraio 2014 21:30

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